Legate ad un granello di sabbia. Cantava Nico Fidenco agli inizi degli anni sessanta. O a un solo fischio arbitrale. Sono le nostre squadre di basket tutte eguali. O quasi. Abbastanza scarse nel complesso. Se devo essere sincero sino in fondo. Qualcuna ricca, molte povere. Di modo che i campioni d’Italia della Reyer sono tornati a vincere contro il Banco di Sardara dopo sei sconfitte consecutive e dopo un tempo supplementare grazie a due tiri liberi di Marquez Haynes imbucati sull’80 pari. Per loro adesso può davvero cambiare completamente la musica. Se non proprio la vita. Avessero invece perso, sarebbe stata una tragedia di proporzioni inenarrabili. Mamma Rosa avrebbe aperto un fascicolo d’indagine più alto e grosso di Cirillo Fesenko. Magari di nuovo arrampicandosi goffamente sugli specchi per poi non dire alla fin fine mai quello che davvero pensa. Napoleone Brugnaro stesso avrebbe interrogato ad uno ad uno tutti i rei non confessi puntandogli un fascio di luce a un paio di centimetri di distanza dagli occhi. I tifosi del parterre fucsia, che ne capiscono di pallacanestro ancor meno del loro sindaco, sarebbero passati dai mugugni d’insofferenza, già sentiti nella sera di Santo Stefano, alla protesta più feroce nei confronti anche di chi quest’estate li aveva fatti sentire tutti padreterni. Un film insomma già visto. E tutto per un paio di punti in più o in meno presi o mancati. Che però fanno sempre tutta la differenza di questo mondo. Come l’alba e il tramonto. L’inizio e la fine di una galleria. La Virtus e la Fortitudo. A proposito, ho sentito Stefano Comuzzo, vice di Matteo Boniciolli, per caso ieri dire in televisione: “Non cambierei Guido Rosselli con Alessandro Gentile”. E ho cambiato in fretta canale perché non la smettevo più di ridere. Entrambi hanno due caratteri complicati. E difatti sono venuti tra loro quasi alle mani. Ma se Rosselli è magari uno spreco in A2, il secondo dei figli di Nando e Maria Vittoria è senza dubbio già diventato un lusso per la Segafredo. Ed infatti lo stipendio glielo paga quest’anno quasi per intero l’Armani, ma Massimo Zanetti da Villorba, il paese di Renatone Villalta, a luglio sarà pronto a scucirgli un altro milione e mezzo? Vedremo, ma fortemente ne dubito. Trentadue comunque di Alessandro martedì a Masnago: “career-high”, starnazzerebbe Ciccioblack Tranquillo. Ovvero, più terra terra, e senza urlare per nulla, suo record di punti in carriera. Però pur sempre contro il bravo figliolo di Natali Gino. Che non è il figlio di Joe Bryant. Questo è poco ma sicuro. Giusto un anno fa gli ArLecchini della Gazzetta trattarono Gentile come un appestato. E qualche tempo prima la stessa cosa avevano fatto nei confronti di Danny Boy Hackett. Acqua passata, ma forse sarebbe il caso a volte di non dimenticare e io comunque, tanto per non saper né leggere né scrivere, ve lo ho ricordato. Se non altro perché dovrebbero finirla di prenderci per i fondelli o quanto meno di cambiare idea dalla mattina alla sera a seconda di come tira il vento: contro o a favore di questo o di quello. Adesso a Venezia sembrerebbe che non soffi più la bora. Ma finché non torna Bramos a pieno regime potrebbero essere ancora dolori per Walter De Raffaele. Michael Bramos è la spina dorsale della difesa oro-granata. Out lui, la Reyer le ha quasi sempre prese di brutto. Anche perché Stefano Tonut ha dovuto accelerare i tempi di recupero e non era ancora pronto per sostituire il maestro greco. Che poi De Nicolao non sia Filloy questo dovrebbe saperlo pure Massimo Oriani, ma non l’ha scritto nel suo dossier rosa di dieci giorni fa. Così come ha trascurato di sgridare Peric e Biligha che sono diventati più di un serio problema, vorrei dire quasi una palla al piede, per l’allenatore livornese di Ovosodo. Come del resto Marquez Green. In più sono assai malconci anche Jenkins, Cerella e Capitan Ress, ma perché non dirlo? Forse per paura di passare per piagnoni? Ormai l’Italia è tappezzata di salici piangenti: da Milano a Brindisi. Uno più uno meno, nessuno ci avrebbe fatto caso. “Preferiamo star zitti e buoni”, ha indicato la strada Ray-Ban. “E lasciar parlare quelli a cui piace parlare”. Con chi ce l’avesse non glielo ho ancora chiesto, ma non è difficile indovinarlo. Intanto mi sono fatto prendere la mano dalla squadra di Napoleone e adesso è tardi per parlare di Varese che per un fischio sbagliato (i mille passi del canestro di Tambone) e un incredibile errore al tavolo dei cronometristi ha perso l’ennesima partita all’ultimo sprint come già a Milano e Avellino, oltre che a Pesaro. Il solito maledetto granello che ogni volta finisce immancabilmente nell’occhio di Artiglio Caja e non vi chiedete la ragione. Qualcuno la chiama sfiga nera. Ma si sbaglia. Non è piuttosto che il povero non può torcere mai un capello al ricco come ripete sempre Giannino Petrucci? Io la penso in questo modo e mi sa tanto che di nuovo ci ho azzeccato.