Un bel tacer non fu mai scritto. Giusto. Ma come si fa a star zitti se tutti parlano e tutti sanno tutto? Persino ancora il Cainano, ogni sera ormai a Porta a porta, o Barbara D’Urso, vispa teresa nel salotto del sabato a Canale 5. Lasciando perdere quell’odioso di Maurizio Belpietro e i suoi titoli bastardi. Non si conoscono ancora il numero esatto e i nomi degli assassini con i kalashnikov, vigliacchi e feroci, di venerdì 13 a Parigi. Che già Alessandro Sallusti ha trovato tra i colpevoli ovviamente la sinistra italiana tollerante e permissiva con gli islamiti. O Matteo Salvini che specula sulla tragedia e twitta a Renzi e Alfano: “Via gli immigranti o sarete complici”. Tornò a scrivere anche Oriana Fallaci per Ferruccio De Bortoli, allora direttore del Corriere della Sera, non potendo più tacere dopo l’11 settembre. “Mi chiedi di parlare, stavolta. Mi chiedi di rompere almeno stavolta il silenzio che ho scelto, che da anni m’impongo per non mischiarmi alle cicale. E lo faccio. Perché ho saputo che anche in Italia alcuni gioiscono come l’altra sera alla Tv gioivano i palestinesi di Gaza. “Vittoria! Vittoria!”. Uomini, donne, bambini. Ammesso che chi fa una cosa simile possa essere definito uomo, donna, bambino. Ho saputo che alcune cicale di lusso, politici o cosiddetti politici, intellettuali o cosiddetti intellettuali, nonché altri individui che non meritano la qualifica di cittadini, si comportano sostanzialmente nello stesso modo. Dicono: “Gli sta bene, agli americani gli sta bene”. E sono molto, molto arrabbiata. Arrabbiata d’una rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza. Che mi ordina di rispondergli e anzitutto di sputargli addosso. Io gli sputo addosso”. Non c’è altro da aggiungere. Credo. Se non ricordare che Oriana Fallaci entrò col padre nella resistenza che aveva appena quattordici anni e che considerava le sue patrie Firenze e New York. Mi permetto solo di dire che a me, “nella giusta guerra totale all’Is”, parole di Hollande, fa anche paura questa destra stupida e oltranzista. E poi taccio. Piangendo in silenzio Valeria Solesin, figlia del sestiere di Cannaregio, a Venezia: aveva 28 anni, una faccia bella, pulita, serena. Era ricercatrice e dottoranda alla Sorbona. Era andata venerdì sera con il moroso al concerto di una band californiana. Al teatro Bataclan nel centro di Parigi. L’hanno freddata senza cuore. Maledetti. Allons enfants ha titolato l’Unità sotto una foto a colori che occupa metà prima pagina. Tre ragazze francesi s’abbracciano profondamente. Senza lacrime. Con amore. Hanno gli anni di Valeria. Loro si sono salvate. Non volevo scrivere e forse ho sbagliato a farlo. Non ho il sarcasmo di Marco Travaglio. Al quale però dico che pure lui, se non avesse scritto quel fondino oggi sul Fatto, forse avrebbe fatto meglio. Come il blog satirico Spinoza poteva risparmiarsi questa Cattiveria: stavo per farmi un bidet, poi mi hanno fermato ricordandomi che siamo di nuovo tutti francesi. Senza parole. Pure di questa volgare ironia ho paura.