Uno sport fatto su misura per Martello Salvini: il golf

MOLINARI

Dalle sette ho la tivù accesa sul golf. Fuori pioviggina, ma la giornata sarà calda e umida. Ho avuto un sacco di cose da fare nelle ultime quarantott’ore che mi hanno tenuto lontano dalla scrivania, ma mi rifarò: promesso. Sul tee della uno c’è Darren Clarke, il nordirlandese non più di primo pelo. Applauditissimo dalle tribune già piene. Ufficiale dell’ordine dell’Impero britannico: non so se mi spiego. Cinquantun anni, ha vinto un Open Champioships, uno dei quattro Major, nel 2011. Come Francesco Molinari lo scorso luglio in Scozia, a Carnoustie. Collare d’oro al merito sportivo, oggi numero sette al mondo. Dopo Koepka, Dustin Johnson, McIllroy, Rose, Tiger Woods e DeChambeau. A marzo Chicco, che vive a Londra, si è imposto nel prestigioso Arnold Palmer Invitational ed è stato terzo in Texas nel Mondiale di match play, poi è finito in letargo e non gareggia da tre settimane. Nelle quali si è allenato come un matto. Non credo comunque che riuscirà a ripetersi, ma sarei felice di sbagliarmi. Il link del Royal Portrush è più verde di quello di Carnoustie: del resto siamo in Irlanda del Nord ad una ottantina di chilometri a nord di Belfast. Dove l’Open Championships torna dopo ben 68 anni con le buche lungo la costa che si tuffano nell’Atlantico. La diretta di Sky durerà sino alle 21.30 italiane. O tutto o niente: valli capire questi qui. Silvio Grappasonni con Roberto Zappa o Massimo Scarpa riescono a non essere noiosi nemmeno dopo sei sette ore di telecronaca e per questo, se dico che sono bravissimi, non esagero neanche un po’. Però prima fai un canale interamente dedicato al golf come per la Formula uno o il MotoMondiale e la stagione successiva, a tre anni dalla Ryder Cup di Roma, segui soltanto le quattro gare del Major? Subito un birdie alla buca uno di Clarke e un altro alla tre. Al primo colpo d’occhio il percorso non pare del resto così complicato. A meno che non devi tirare fuori la pallina dalla sabbia dei bunker o dall’erica folta e allora sono dolori. Alle undici meno due minuti tocca al nostro champion golfer of the year 2018, impeccabile nella divisa griffata dal baffo Nike: cappellino nero, T-schirt a righine grigie, pantaloni bianchi. Niente legno tre, ma un prudente ferro due di partenza. E pallina che termina nel primo taglio di rough. Poco male. Va molto peggio a Rory McIllroy, che gioca in casa ed è il favorito, il quale spara addirittura fuori limite tra la gente. Vale a dire (per i non addetti): deve ritirare dal tee di partenza con un colpo di penalità. E non è mica ancora finita: pasticcia e rimpasticcia nell’erba alta, lontano dal fairway, e chiude l’orribile prima buca con un quadruplo bogey (+4). “Nel golf non c’è mai nulla di scontato”, ha sospirato proprio ieri Francesco. Hole in one dell’argentino Emiliano Grillo alla tredici che è un par tre: un magnifico colpo, ma anche un grandissimo colpo di culo. “Per giocare a golf non è necessario essere stupidi, però aiuta molto” disse George Bernard Shaw. E chissà perché mi sono allora venuti in mente i due vicepresidenti del consiglio. Soprattutto a Martello Salvini consiglierei questo sport. Così magari, correndo dietro a quella benedetta pallina butterata, sta zitto per qualche ora e gli torna la memoria cascando giù dal pero. Tanto più che i golfisti della domenica sono i bugiardi per eccellenza. Birdie di Chicco alla due. Che si salva con il putter nelle buche successive, ma chi lo conosce un po’ capisce che non è giornata per lui. Grappasonni, quando è l’ora di pranzo, passa esausto il microfono a Michele Gallerani e la musica cambia: tre bogey e un doppio bogey per Molinari che alla undici è precipitato addirittura a più quattro. Un birdie alla quattordici. Poi quattro par di fila e score finale di tre colpi sopra il par (71) del campo. Ovvero c’è il rischio domani anche del taglio. Lui alla diciotto, triste e quasi rassegnato, mentre Tiger Woods è alla uno in cappello e polo azzurre e gilet bianco. Non piove più e non è terribile il vento come invece il suo primo ferro a sinistra nel rough fitto. C’è il Tour de France, arrivano i Pirenei, cambio canale e sono su Raidue. A Bagneres de Bigorre volata a tre: vince il pistard britannico Simon Yates sullo spagnolo Bilbao Lopez De Armentia e l’austriaco Muehlberger. A un minuto e mezzo quinto Fabio Felline, sesto Matteo Trentin. Una tappa senza fuochi d’artificio, Alaphilippe facile in giallo e Thomas sempre a 1’12’’ dal francese in classifica. Domani la cronometro di Pau, sabato il Tourmalet e domenica un altro arrivo in salita a Foix Prat d’Albis. E così mi sa tanto che il gallese di Cardiff rivincerà la Grande Boucle. Dopo quattordici ore di diretta è quasi buio anche a Portrush. Dove anche Tiger (+7) e McIllroy (addirittura +8) sono stati l’ombra di loro stessi. Al termine del primo giro c’è solo JB Holmes del Kentucky in testa con 66 colpi, uno in meno dell’irlandese Shane Lowry e due sul gruppo dei più forti tra i quali Alex Noren, Sergio Garcia, Tommy Fleetwood, Jon Rahm, Lee Westwood e soprattutto Brooks Koepka, il numero uno al mondo che ha vinto quattro degli ultimi sei Major.