Grande Musetti, basta che ora Gramellini non scriva niente

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L’importante è partecipare. E chi l’ha detto? Lo sanno anche i somari: il barone Pierre de Coubertin. Ah beh, allora: non parlo più. Però bisogna almeno partecipare alle Olimpiadi e la nostra pallacanestro a Parigi invece nemmeno c’era. E non perchè avesse qualcos’altro di meglio da fare, ma perchè si è proprio persa per strada correndo dietro alla sua boria e impregnandosi delle sue fragilità. Prima l’Italia di Andrea Capobianco senza la Sottana, con l’esse maiuscola, e con la Zandalasini sempre più grassa, ricca e demotivata. Poi quella dei fricchettoni dell’ultima generazione senza Hackett e Belinelli e con un cittì che Giannino Petrucci e i giornali di Urbano Cairo hanno ancora avuto il coraggio di difendere. Facendo buon viso a cattiva sorte dopo le indecenti sconfitte con la Lituania più scarsa di questo secolo e con Porto Rico che allo Stade Pierre Mauroy di Lilla ha preso solo legnate. O forse ieri non ha perso 107-66 con la Serbia? E qui il blog mi è andato improvvisamente in tilt. Lasciandomi a piedi per tutto agosto e una decina di giorni a settembre. Solo per mia colpa, grandissima colpa: sia chiaro. E della mia ancestrale impotenza di fronte agli infernali pc e ai loro simili. Per questo “ieri” era per me il 31 luglio e il quattro di coppia conquistava l’argento di Parigi con Giacomo Gentili, Andrea Panizza, Luca Rambaldi e Luca Chiumento. Quattro splendidi ragazzi di cui vi sarete già tutti sicuramente dimenticati. Così come di Silvana Stanco, trentunne nata a Zurigo, lo sapevate?, che si era messa al collo la medaglia d’argento nella fossa olimpica del tiro a volo sbriciolando un’infinità di piattelli. Bravissima.

Quello stesso giorno nell’incantevole capitale dei cinque cerchi, e sulla prestigiosa terra rossa del Roland Garros, Lollo Musetti si era agevolmente infilato in saccoccia il californiano Taylor Fritz, che gli italiani hanno imparato a conoscere un po’ meglio domenica scorsa, approdando ai quarti di finale del torneo olimpico orfano di Jannik Sinner che all’ultimo momento, consigliato dal medico, aveva dovuto rinunciare al viaggio e al sogno di vincere l’oro dei cinque cerchi a causa di una tonsillite. Ma come? Per una banale tonsillite se ne è rimasto a letto? Non poteva prendere un Bactrim, sì, un antibiotico qualsiasi, e volare lo stesso a Parigi? Chissà quanti ignoranti del Belpaese l’hanno pensato e purtroppo anche gridato e, ancor peggio, scritto sul giornale. Non è il caso, sia chiaro, di Massimo Gramellini. Che nasce dalla sport e dal Giorno. Quando il Giorno aveva la miglior pagina sportiva tra i quotidiani politici dell’epoca. E la Gramella aveva nobilmente ereditato il tennis da Gianni Clerici e da Franco Grigoletti e un posto fisso nella tribuna-stampa di Wimbledon: non so se mi spiego.

E allora perché hai fatto il titolo su Musetti vi domanderete, e non su Sinner che ha stravinto anche lo slam di Flushing Meadow dopo quello di Melbourne, e su Gramellini che soltanto oggi è rientrato dalle ferie, per altro in gran forma, parlando di quello che vi andavo prima raccontando? E cioè delle “gazzelle attempate” (come me) “che hanno qualche soldo da parte e nutrono un timore riverenziale nei confronti delle nuove tecnologie”, personal computer o  smartphone, che diventano “un discreto bocconcino per i furbacchioni della savana digitale” che hanno fregato 11.422 euro al bravo attore David Riondino e 40.000 al mio compaesano, l’eccellente ex arbitro Paolo Casarin, nonché abile critico del Corrsera, che abitava in Rotonda a Carpenedo (Mestre) dove andavo a giocare da piccolo nel giardino dove stava la mia amatissima nonna tedesca. Di Karlsruhe von Baden Baden. Insomma a me è andata ancora bene: mi hanno grattato solo 989 euro da una (presunta) banca di Lugano con amore.

Facendola breve, il che mi riesce sempre più difficile, ho tirato in ballo sul sito, che finalmente mi hanno aggiustato, sia Musetti che Gramellini, non tanto perchè il primo ha sorprendentemente battuto il giorno dopo a Parigi nei quarti di finale pure Alexander Zverev, numero 4 al mondo, conquistando la semifinale contro Djokovic e poi il bronzo olimpico a spese del tenace canadese Auger-Aliassime. O perché il secondo ha portato sfortuna nella scorsa primavera ogni qual volta ha bevuto il suo Caffè tra un diritto e un rovescio con Jannik. Sia mai che proprio io possa pensare una cosa del genere. Ma perchè in verità non mi è mai piaciuto lasciare le cose a metà e comunque per ribadire che non mi sbagliavo quando sostenevo che è molto meglio che la Gramella s’occupi di cronaca bianca o di politica zozza e che lasci perdere il tennis e soprattutto Sinner. Che con lui in vacanza ha perso appena due set all’Open degli Stati Uniti d’America.

Do i numeri per Sinner da più di un lustro quando ancora la Gazzetta non sapeva chi fosse “quel crucco della Val Fiscalina“, ma anche per Musetti quando ancora dicevano che aveva classe da vendere ma non la zucca. E quindi guai a chi me li tocca. Soprattutto se è la Wada. Che ora deve fare una cosa soltanto: andare a quel paese. Cioè wada pure a farsi friggere. Nel frattempo seguirò da domani la Davis in tivù e non chiedetemi di tornare a scrivere di basket o di calcio ora che ho fatto pace con il pc (e col pd), mi sono abbonato al Venezia in serie A e sabato sono andato a vedere la Nutribullet a Jesolo Lido nel Memorial Luca Silvestrin (un caro amico che mi manca). Le mie vacanze difatti finiranno con l’estate. E con la SuperCoppa (21-22 settembre) di Bologna. Non prima. Anche perchè quest’anno il mio luglio-agosto non è stato dei più belli. Però posso già anticiparvi che la squadra di Frank Vitucci è da playoff. E non perchè ha sverniciato nel fine settimana prima Reggio Emilia e poi la Reyer di Olivetta Spahija che non è nè carne, nè pesce, ma perchè ha avuto il coraggio di prendere J.P. Macura scartato da Derthona e snobbato dalle grandi d’Europa. Sul quale invece il vostro Bastian Contrario o, se preferite, Don Chisciotte della Minchia è disposto persino a mettere la mano sul fuoco. Anche a rischio di scottarmela di brutto e d’essere travolto dai mulini a vento.