9 febbraio, domenica Non so proprio chi sia il Cantastirie, che molto m’intriga per la sua satira pungente soprattutto nei confronti di Giorgia Meloni che, al pari mio, mal sopporta. Con lui ho stretto amicizia, sempre per modo di dire e di sicuro per caso, su Facebook che per la verità sto, o stavo?, per piantare in asso ora che è diventato un social network che sta paurosamente scivolando verso Donald Trump e il suo sodale Elon Musk, proprietario e presidente di Twitter, nonché l’uomo più ricco del mondo secondo Forbes con un patrimonio stimato intorno ai 464 miliardi di dollari ed una posizione politica progressivamente sempre più vicina all’estrema destra. Mi sono spiegato? Direi di sì. Il Cantastirie dichiara su Fb d’essere da 40 anni giornalista professionista, cinque meno di me, ma non è questo. E d’essere pure caposervizio, però non specifica di quale giornale. Laureato in giurisprudenza, probabilmente trevigiano o trevisano, non fa differenza, è uno dei pochi veneti comunque non legato in nessun modo al regime che stritola l’Italia dall’ottobre del 2022. Insomma un’eccezione alla regola.
Vi dico la verità: non avevo la minima intenzione d’affrontare argomenti del genere che di certo non entusiasmano e non trovano consensi da Rovigo (“non m’intrigo”) in su. Anzi. Ma mi hanno insegnato al Giorno, quando non ero ancora inviato speciale a sette Olimpiadi e una trentina di Mondiali o Europei tra calcio, basket, pallavolo, sci e ciclismo, ma un umile praticante in cucina, che non si comincia mai un articolo con il titolo. Ed io il titolo l’avevo già fatto e mi era piaciuto: “Un exploit tutto da raccontare di un vero matto da legare”. Che poi quel matto, e pure testone, nonché megalomane, sia poi io, non era assolutamente difficile da indovinare. E così, tergiversando dopo cena e dopo una domenica terribile, ho buttato un occhio su Facebook, e ridagliela, imbattendomi sul Cantastirie che proponeva una gustosa vignetta di The Selfieman su la nuova campagna pubblicitaria del presidente del consiglio che si domanda giuliva: “Ma quanto ci Costa Crociera? Italia-Albania, andata e ritorno, tutto spesato”. E ancora sempre la Meloni infuriata con la camicia di forza che strilla: “Adesso basta! Sono io la signora delle figure demmerda”. E l’anonimo trevigiano che la rimbrotta: “Sì, ma stai calma: non l’ha mai nessuno messo in dubbio”.
Insomma, amici, vicini e lontani, mi date adesso una mano a scoprire chi mai sia questo meraviglioso Cantastirie che mi piacerebbe anche chiamare Fantastirie quando improvvisamente si fa serio e segnala questa esternazione di Frida Kahlo, nota pittrice messicana d’inizio Novecento dalla vita travagliata, che vi consiglio d’andare a conoscere. Attivista del partito comunista, bisessuale, sposata due volte a Diego Rivera, pure lui illustre pittore dell’epoca, ebbe numerosi amanti che non vi possono passare inosservati come il rivoluzionario russo Lev Trockij e il poeta André Breton. “Non me ne frega niente di quello che pensa la gente. Riderò se sarò felice e urlerò se sarò arrabbiata. Non sarò mai quella che gli altri vogliono che io sia”. Stupenda. Tutta da apprezzare. Donna forte, unica per quei tempi, sincera.
Fate bene a non credermi ed in effetti solo un matto, testardo ed esagerato oggi ha fatto quel che ha fatto per passione e curiosità, certo, ma anche perché mi ero ripromesso venerdì di spararmi una domenica speciale di sport, lontano da Sky e Dazn, seguendo dalle tribune del Penzo, del Palaverde e del Taliercio tre eventi uno dopo l’altro: a mezzogiorno e mezzo Venezia-Roma, alle 16.30 Treviso-Reggio Emilia e alle 19.00 Reyer-Napoli di palla nel cestino. Peccato che all’ultimo momento abbiamo anticipato alle 16 in punto il duello tra gli oro-granata di Olivetta Spahija e i partenopei di Giorgi(n)o Valli. Onde per cui la quasi contemporaneità delle due partite di basket mi ha messo con le spalle al muro e di fronte alla scelta obbligata di poter vedere, di ritorno dall’isola di Sant’Elena, sotto la pioggia e senza l’ombrello, il salto della palla a due a Mestre o quello di Villorba fuori le mura di Treviso. E ovviamente ho preferito andare nel palasport più vicino a casa.
Ti sei insomma tanto vantato d’un exploit che non ha avuto un seguito tenendo anche conto che come un signore hai preso il taxi d’acqua sia all’andata che al ritorno da Piazzale Roma cavandotela con appena 30 euro perché hai un amico che fa il motoscafista di mestiere. Non posso darvi torto, ma è qui che ora viene il bello. Perché al Taliercio la Napoli delle tre vittorie nelle tre prime giornate del girone di ritorno si è presentata con Pangos e Zubcic che si sono beccati un’influenza virale e ancora ieri notte avevano 39 di febbre. Green e Pullen ne hanno allora approfittato per rimanere con la zucca nello spogliatoio e così l’ex di turno, Leonardo Totè, si è presto stufato di trascinare da solo come un somaro la carretta nell’improbabile oltre tutto duello con Mfiondu Kabengele troppo più grosso e forte di lui. Il quale sono certo che farebbe la fortuna di Ettore Messi(n)a o di Codino Dusko Ivanovic se potesse giocare la prossima EuroLega o con l’Armani o con la Segafredo. E quindi?
Non mi crederete, come posso immaginare e ve l’ho già confessato, però, quando all’inizio della ripresa una Reyer finalmente motivata di schiacciare con furore quella benedetta palla a spicchi nel canestro avversario e con un Rudney McGruder già in doppia cifra di punti come non gli succedeva dalla seconda guerra punica e, se non proprio, dal match dell’andata al PalaBarbuto, ha allungato d’oltre venti punti il suo vantaggio su una Napoli bella addormentata nel fosso, non so nemmeno io cosa mi abbia preso, ma sono corso in macchina e sono volato a Treviso come Donatone Braghetti (Guido Nicheli) in Vacanze di Natale 1983: “Taliercio-Palaverde: 21 minuti e 33 secondi. Alboreto is nothing”. E sono arrivato con la Nutribullet che aveva chiuso il primo tempo avanti 48-40, Olisevicius già a quota 14, Bowman a 13 e Paulicap a 11, su una UnaHotels poca roba, a parte Cassius Winston e Mouhamed Faye, il ventenne senegalese di 2 metri e 05 che salta molto più di un grillo e del quale un’altra volta vi racconterò l’affascinante storia. Adesso è molto tardi e mi capirete, spero, se vi dico che sono stanco morto e sto crollando dal sonno. Però quel ragazzo ne farà di strada, me lo ripete da un lustro Alessandro Dalla Salda, che assieme al talent scout Andrea Menozzi, l’ha portato a Reggio Emilia e intanto, parlandomi benissimo di Faye, mi ha già fatto una testa grande come un armadio a due ante. Staremo a vedere.
Se invece c’è ancora qualche aficionado che dubita della mia tripletta domenicale Penzo-Taliercio-Palaverde con partenza alle 11 e rientro a casa intorno alle 19, anche perché la Nutribullet e soprattutto la squadra di Dimitris Priftis mi hanno persino regalato un avvincente tempo supplementare con i guastatori reggiani Winston, Smith, Barford e a sorpresa Cheatham che nel finale punto a punto ci hanno preso gusto nel tiro da tre punti vincendo con merito la partita, posso fornirgli – dicevo – tutte le prove che vuole per convincerlo che non sono tipo, almeno io, che fa lo smargiasso. Cominciando col mostrargli le decine e decine di foto che ho scattato col mio telefonino a Sant’Elena, Mestre e Treviso durante le tre sfide. Come quella di questo faticoso articolo con D’Angelo Harrison tra Michele Vitali e l’arbitro Tolga Sahin. Buonanotte. E sogni d’oro. Io insieme a Dybala, la mia dolce Joya, l’unico fenomeno del pallone per il quale oggi è valsa la pena di prendere acqua, freddo e sberle di vento in faccia solo per vederlo segnare un rigore come nessuno al mondo sa calciare meglio di lui:all’incrocio dei pali alla sinistra del portiere Radu che si tuffava disperatamente sulla sua destra.