Non ho difficoltà a credere d’avere un dio per conto mio e d’essere molto indigesto a chi non la pensa più o meno come dico io. Né sono il massimo della simpatia, anzi, per quelli che prendo di mira e se la legano al dito se scrivo peste e corna di loro. Così come non nego di sciacquarmi ogni mattina le palle con tutto ciò che voi impropriamente chiamate democrazia e io invece populismo ad un tanto al chilo. Degli americani a stelle e strisce ho poi sempre avuto una profonda disistima. Che sfocia nel totale disprezzo quando diventano fanatici e prepotenti. Non da oggi che hanno votato Donald Trump presidente, e per questo sono stato un giorno sotto choc, con la luna di traverso e il fegato grasso, ma da quando avrò avuto sì e no otto anni e non capivo perché ce l’avessero tanto con i pellerossa che si potevano difendere, poveracci, al massimo con l’arco e frecce. E pure a torso nudo. Tra i visi pallidi salvo ovviamente Dindondan Peterson, per la verità metà irlandese e molto scozzese. Soprattutto se deve offrirti un caffè e si fruga in tasca per cercare gli spiccioli che sa benissimo d’aver dimenticato sul comodino. Mi piacciono gli hot dog, la bistecca alta tre dita e i playoff della Nba. E poco altro. Il football e il baseball non m’appassionano più d’un quarto d’ora. Il wrestling e Trump sono il peggio del peggio degli Stati Uniti d’America: questo è anche vero. Come Giannino del basket italiano. Quindi perché meravigliarsi se ci sono gli stupidi che li votano e non se ne vergognano. Politica e pallacanestro: ho fatto di nuovo un bel pasticcio. Ma intanto mi sono rasserenato e oggi non sono più arrabbiato con il mondo. Al contrario, mi viene voglia di tornarci a ridere sopra. Come dovrei fare sempre. Dalla Gazzetta di domenica: un titolo a sei colonne. Anche se di taglio basso. “Torino all’esame Milano davanti a Petrucci e Baumann”. Ancora insieme? Ma il tiranno di Valmontone non aveva promesso di slegarsi prima o poi dalla catena che gli aveva messo al collo il segretario della Fiba che, quando non abbaia, morde? Cane non mangia cane: dovreste ormai averlo imparato. E piuttosto non ho afferrato il gran risalto che Mamma Rosa ha voluto dare ad una notizia che meritava al massimo un pallino di due righe. O forse i torinesi della Fiat avrebbero dovuto portarsi da casa le uova marce per tirarle dietro all’uno e all’altro come farebbero molto volentieri i reggiani e i senesi se solo fosse stata offerta a loro un’identica opportunità? Ma il titolo d’oggi sul Gazzettino è ancora meglio. E difatti è di prima pagina. Brugnaro: “Come me, un uomo libero. Anche di sbagliare”. Riferito a chi, di grazia? Salto a pagina 11 e tutto è chiarito: il sindaco di Venezia si ritrova molto in Trump. Contento lui? Napoleone il veneziano e Mc Donald l’americano immortalati in un selfie insieme a Putin, un altro di buono: questa è davvero una gran bella storia. Non vi pare? Intanto la Reyer batte i campioni d’Israele senza Tonut e Hagins e la contestazione dei tifosi e del Gazzettino muore sul nascere. Mentre monta quella per le strade di New York: “Trump is a facist pig”. Serve la traduzione? Non credo e comunque, se volete, vi do il numero di telefono di Ciccioblack Tranquillo che parla l’inglese meglio dell’italiano, ma ci vuol poco. “Not my president”. Come posso dire io di Giannino che non mi rappresenta niente di niente anche se tra una quarantina di giorni il Lombardo-Veneto lo rieleggerà presidente della Federbasket. E almeno qui i sondaggi non potranno essere smentiti. Perché Petrucci sarà l’unico candidato e nessuno potrà tastare la pancia della gente. Dalla quale, premendo appena, uscirebbero invero solo pernacchie e tanta ma tanta insofferenza. Come quella del Gelsomino piangente Repesa nei confronti di Alessandro Gentile. Che io difendo. A spada tratta. Anche fossi l’unico al mondo. Altrimenti non mi diverto. Ma ora comincia Armani-Efes e vi lascio con questo pronostico prima della palla a due: 81-67. Così vivranno tutti felici e contenti. Repesa e Gentile. Come era una volta. A domani.