Il Grigo, Gianni, l’Orso e io: eravamo quattro amici ad Amblar. E non volevamo neanche cambiare il mondo: ci piaceva già quello che c’era. Erano gli anni azzurri dell’oro di Limoges e Nantes e della finale di Coppa Campioni a Grenoble tra due italiane. Meglio, due lombarde: Cantù e Milano, Giancarlo Primo e Dan Peterson, Pierluigi Marzorati e Dino Meneghin, l’ultimo tiro di Franco Boselli sul ferro, il rimbalzo di Vittorio Gallinari stoppato con le buone o con le cattive da Jim Brewer, ma gli arbitri non fischiarono nulla e la Ford degli allegri pretoni vinse di un punto. Cosa potevamo volere di più? Erano gli anni dello scudetto di Valerio Bianchini a Roma e della Lega dell’avvocato Porelli, della nazionale di Rubini e Gamba e della pallacanestro degli Allievi e Bulgheroni, di Sgambetti e Morbillo, quando già mi divertivo a inventarmi i soprannomi e già facevo arrabbiare tutti. Ma anche della torta francese al cioccolato che andò a male perché la Juve aveva perso ad Atene la finale con l’Amburgo, gol di Magath. Grigoletti, Menichelli e io eravamo del resto gobbi bianconeri sino al midollo e Eleni non osò neanche chiederci: “Posso almeno assaggiarla per dirvi se è buona?”. Amblar è un paesino della Val di Non, in Trentino, che s’arrampica da Cavareno, oltre il Dinor, nei boschi che confinano con la provincia di Bolzano. Dove andavamo ogni anno in vacanza prima dell’estate. Dove riposa in pace il nostro Grigo. Nel piccolo cimitero in fondo alla strada, prima della segheria, del recinto dei cavalli e del prato di ranuncoli gialli in cui mi perdevo con Gianni. Mentre Franco andava a pescare le trote nel Noce e nei torrenti della Val di Sole e Oscar, brontolando come una pentola di fagioli, risaliva il sentiero di montagna. Dove siamo tornati anche la settimana scorsa. Ed è stato bellissimo lasciarsi travolgere da un fiume di ricordi. Quattro amici ad Amblar per l’appunto. Di cui vi parlerò un’altra volta. Con più calma e meglio. Adesso c’è il campionato dei tre passi che è iniziato, sento dire in giro, con una sorpresa e non è vero niente. Cominciamo subito? A sentire Niccolò Trigari la magnifica, immensa, magica Virtus di Massimo Zanetti che prima della partita ha dichiarato: “A noi quest’anno basta arrivare ai playoff”. Perché la sua Segafredo vorrebbe subito conquistare lo scudetto che oggi è di Venezia? Calma e gesso. Intanto, mi spiace, ha vinto Trento. La quale a metà giugno è arrivata molto vicina al titolo. Che Michael Bramos (forse) le ha portato via con una tripla da fine del mondo nella quinta sfida tricolore con la Reyer al Taliercio. Ma se ne erano già dimenticati tutti solamente per il fatto che la Dolomiti non ha più Craft e Hogue e in SuperCoppa s’era presto arresa la settimana scorsa all’Armani. Mentre l’ambiziosa Bologna del patron dal marcato accento trevigiano aveva comprato Pietro il grande Aradori e Alessandro Gentile, oltre a Lafayette e Slaughter, e ora vuole allungare le mani pure su Justin Doellman che ha rescisso il contratto con il Barcellona. Ed era, d’accordo, avanti di 18 punti (46-64) a 40’’ dal termine del terzo quarto. Quando Fred Buscaglia dal vecchio cilindro ha pescato una zonetta 2-1-2 mica da ridere che ha mandato in confusione Lafayette e in tilt il fratellino di Stefano Gentile (assente giustificato). Che nel primo tempo con un super Aradori e Umeh aveva scavato un solco profondo tra le v nere e i vice campioni d’Italia, ma che nel secondo è tornato ad essere quello dei tempi infelici quando aveva il vizietto di pensare di poter fare da solo la guerra a tutti e regolarmente la perdeva. Forray e Shields 1+1 dalla lunetta, Sutton e Silins da tre, Toto Forray anche di parabola, un canestro da fenomeno di Aradori per interrompere lo 0-12 di parziale, ma poi un altro break trentino con Behanan che è sembrato un gigante, pur essendo alto neanche due metri, di nuovo due bombe a segno di Sutton e Silins più Shavon Shields, zitto zitto il migliore in campo. E voilà: il gioco è fatto. Bravo il mio Fred. Come non avevo dubbi. Però ora per favore non scaricate tutte le colpe addosso ad Alessandro Ramagli come avevo facilmente previsto quarantott’ore fa e come ha fatto Mamma Rosa in totale malafede. Mentre a mezzogiorno la Fiat di SaltimBanchi ha espugnato (67-72, mvp Vujacic) il Pentassuglia di Brindisi e adesso vado a vedermi Cremona-Milano (60-76, Gudaitis 17+17) su Eurosport player. Alla quale mi sono abbonato per 29 euro e 90. Facciamo pure 30. Ma ne è valsa comunque la pena. Dando il ben tornato a Franco Casalini che i suoi amici avevano dimenticato in un sottoscala di Sky che non è più la casa del basket e non v’immaginate nemmeno quanto questo mi dispiaccia.