Ma perché Toti non si toglie da un basket che odia?

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Per caso parlo arabo? In effetti ho difficoltà a farmi capire. E questo, mi raccontano, è lo stesso problema che ha Oscar Eleni. C’è poco da scherzare: s’invecchia e si rincoglionisce di pari passo con un’unica magra soddisfazione, quella di riuscire a fare due cose contemporaneamente. Lo sostiene anche Fiorello. Che non è Pereira, ma è molto più saggio del mediocre giornalista di Lisbona nel romanzo di Antonio Tabucchi. Dopo i cinquant’anni, dice Rosario, ci piaccia o meno, siamo tutti Adp. Ovvero Amici della prostata. E comunque d’ora in avanti mi sforzerò d’essere più pane al pane e vino al vino. E pure un cicinin più pestifero. Come quand’ero monello, usavo la fionda, centravo in fronte i giganti e saltavo per lungo i fossi. E poi vediamo se riuscirò finalmente a farmi capire. Subito a Cesare quel che è di Cesare (Gaius Iulius). E a Dio quel che è di Dio. Sto parlando di Cesare Pancotto. E di chi se no? Del divino di Cremona che ho sentito l’altro giorno al telefonino e col quale mi sono prima scusato e poi complimentato per l’elezione a dux maximus della serie A. Arrampicandomi sugli specchi e farfugliando: mi avevano giurato che aveva vinto Sacripantibus. Meglio così. Sono infatti adesso diventati cinque gli anni dall’ultimo allenatore della Confraternita dell’Osiris che ha conquistato il titolo di miglior condottiero del campionato. Ovvero Gas Gas Trinchieri. Che, ogni qual volta incontrava Simone Pianigiani, si faceva il segno della croce e implorava Dio di prenderne pochi di punti per marginare le ferite. Accetto le tue scuse, mi ha detto Ave Cesare, ma a una condizione. Quale? Che iscrivi anche me alla Adp. Pancottto del resto sa meglio di me che, se la Vanoli dovesse nella prossima stagione arrivare solo quinta, e non più quarta, inizieranno a pesare i suoi anni, che sono già 61, e a consigliarlo di preoccuparsi della prostata più che della squadra. Come è accaduto non troppo tempo fa a Re Carlo Magno Recalcati in quel di Venezia. Tornando a Gas Gas, non posso dire che mi sia indifferente. Anzi. Penso che sia bravo, intelligente e scaltro. E mai banale nelle interviste. Peccato che, quando s’abbraccia a Ciccioblack Tranquillo, formino insieme una palla che istintivamente mi viene solo voglia di prendere a calci. Recentemente Maurizio Costanzo ha confessato di nutrire per Fabrizio Corona una “diffidente simpatia”. Ecco, lo stesso sentimento ho io per lo spassoso topo di Cenerentola che da domani sera guiderà all’assalto il Brose di Bamberga nel primo atto dei quarti dei playoff contro il Wurzburg per riconquistare il titolo di campione di Germania. Sin qui, spero, ci siamo capiti. Bene. Posso allora andare avanti. Lo so: sta per iniziare anche la post season in Italia con Avellino-Pistoia e, a seguire, Reggio Emilia-Sassari. E domani Milano-Trento e Cremona-Venezia. Si gioca tutti i giorni e quindi avremo modo di parlarne ogni giorno. Ve lo prometto. Nel frattempo ho iscritto pure Walterino Fuochi di Repubblica alla Confratenita dell’Osiris per le ragioni che lui ben conosce e che comunque gli spiegherò un’altra volta. E sono tentato di non fare sconti neanche a suo fratello Ettore Messi(n)a se l’amato cittì non mi spiega perché ha escluso Ryan Arcidiacono e Stefano Tonut dalla lista dei ventiquattro azzurri per i raduni di preparazione della nazionale al preolimpico di Torino (4-9 luglio). Né capisco l’accanimento di Albertone Bucci nei confronti di Siena alla quale Giannino Petrucci può anche togliere tutti gli scudetti di questo mondo, ma che, come dice il capitano mio capitano, Tomas Ress, non potrà mai strapparli dal cuore di chi sa come li ha vinti e quanto se li sia meritati. Ma la retrocessione della Virtus in A2 non è un discorso da fare con i minuti contanti. In più adesso, chiudendo in fretta perché i playoff incombono, devo tirare anche le orecchie a Ciglione Toti con una sola ti. Il quale è inutile che me la racconti e me la condisca con i soliti insulti: non cambierà mai e soprattutto nessuno mai capirà perché, dopo essersi retrocesso in A2, non si è anche tolto definitivamente dai piedi di una pallacanestro che di un presidente-padrone come lui, che odia Siena e contesta Giannino, e vede ombre dovunque, non sa più davvero cosa farsene. Stamane Claudio Toti ha licenziato in malo modo Artiglio Caja incitando una dozzina dei suoi ultras alla rivolta. Tredici vittorie e tredici sconfitte, tre perse ai supplementari e altrettante di un punto. Caja prese Roma alla quinta giornata ultima in classifica, scarsa e scoglionata, con zero punti. Ed è stata esclusa dai playoff per la differenza canestri negativa con Rieti, Latina e Casale. Serve aggiungere altro? Sì: senza parole.