Tornano a parlare gli spogliatoi di Milano: si salvi chi può

In un amen ha buttato via tutto: una bomba sbagliata da Kangur, una palla persa di Hackett, cinque punti di fila di Drake Diener e altrettanti del cugino Travis. Da 46-36 a 46-46. In pochi secondi, nemmeno un minuto, le partite dei playoff si possono perdere anche così: pazzescamente. E Milano in questo è maestra. Anzi, è proprio da neuro. Dopo di che ci sono pure i meriti di Sassari, che spesso sono stati trascurati, e di Meo Sacchetti che non ti ossessiona in difesa e ti lascia sbagliare in attacco senza fare una piega. Ed allora non importa se da una parte in panchina hai il nano Green, il Sacchetti coi tatuaggi e il Devecchi con la maschera. E dall’altra, a caso e a mazzi, Gentile, Kangur, Lawal, Jerrells e Melli. Dimenticando Cerella che, se se lo scordasse pure Banchi, sarebbe ancora meglio. Il Banco di Sardegna ha perso male la prima sfida di semifinale al Forum, ma non ne ha fatto un dramma. Mentre gli inventori dell’acqua calda andavano scoprendo che le squadre di Meo non difendono: difendessero anche, non ce ne sarebbe più per nessuno. Almeno in Italia. L’Armani invece si è cucita ieri la bocca in una sorta di silenzio che è un ossimoro: ha infatti fatto un bel po’ di baccano (e discutere) sino ai piedi del campanile di San Marco. Che barcolla di brutto come il Pisa, la torre di Repubblica, che ci fa sapere in un titolino che mette paura e crea ansia: “Nervi tesi a fine partita tra Hackett e Banchi”. Non so se sia vero. Può darsi. Anche se al ragazzo con le reste d’aglio in testa quando era a Siena gli piaceva sbevazzare, ma non ha mai, che io sappia, detto a Luca Banchi: “Non puoi togliermi sul più bello quando sto dominando la partita”. Non è neanche da lui. Anche se il magnifico e modesto Daniel da Forlimpopoli mi è andato un po’ in aceto dal giorno in cui la morosa storica l’ha piantato in asso ed è tornata a casa sua a Pesaro. Semmai nello spogliatoio dell’Emporio sono altre le storie tese delle quali si racconta anche sui Navigli e che quindi sono uscite da quelle quattro mura. Come quelle tra l’allenatore e Langford o tra lo stesso tecnico e Gentile. Dipende da chi entra nel primo quintetto o da chi gioca più minuti. Oppure da chi è sul parquet nei momenti decisi della partita o da chi scalda di più la panchina. Queste storie invero mi sembrano assai più credibili. Anche perché è risaputo che intempestivamente durante i playoff il manager di capitan Alessandro, al quale su proposta dell’Orso Eleni toglierei subito la fascia, ha chiesto il rinnovo del contratto e la società gli ha risposto giustamente tempo al tempo. Ne avrei di molto più scottanti ancora da raccontare su Milano, ma aspettiamo il match di stasera a Sassari e poi magari ne riparliamo domani. Anche se al posto di Luca Banchi io anche Langford e Gentile proverei a farli giocare insieme. Con Hackett play e Moss quattro. Intanto aiutatemi a scoprire come si chiamano gli abitanti di Forlimpopoli. Giovanni, Giacomo, Vittorio… Spiritosi.