Storie di Pesciolini rossi e del presidente Toni Sugaman

Credo d’essere un caso unico al mondo. Ho scritto una letterina a Babbo Natale e Babbo Natale, o chi per lui [forse Giorgio Armani o Valerio Antonini, l’esemplare presidente di Trapani?], mi ha sdegnosamente risposto di non poter accettare la mia stramba richiesta. Gli chiedevo soltanto che m’indicasse dove avrei potuto trovare un libro di fiabe di Giorgia Meloni che le sa raccontare così bene in televisione agli italiani che nei tiggì non sanno più come ringraziarla. Non fosse altro perché, da quando è lei al governo coi suoi formidabili guardaspalle Francesco Lollobrigida e Daniela Santanchè, oltre al salomonico guardasigilli, Carlo Nordio, non esistono più i morti di fame nel Belpaese o i comunisti che mangiano i bambini. I quali sono stati dati finalmente in pasto a Matteo Salvini o spediti al confino albanese insieme agli extracomunitari d’ogni razza e colore. Anzi, tutti possono finalmente godere del loro posto fisso ed i pensionati come me hanno comunque avuto un nuovo sostanzioso aumento nel loro conto in banca: ben un euro e 50 centesimi. Che io ho subito investito in buoni ordinari del tesoro. Così passerò un San Silvestro davvero coi contro cazzi magari a Cortina d’Ampezzo e al Camineto [mi raccomando con una ti sola!]. Dove è previsto un concentramento di superricchi e nullafacenti, vecchi o nuovi, da far paura. Dopo che Flavio Briatore, scappato di casa e tornato alla Alpine Renault come executive advisor della scuderia di F1, ha ceduto la sua quota di Rumerlo ad un oligarca kazaco, e non russo – mi raccomando, non facciamo casino -, e all’introverso e schivo compagno del ministro del turismo, il timidissimo Dimitri Kunz D’Asburgo Lorena Piast Bielitz Belice Belluno Spalia Rasponi Spinelli Romano e, ancora non bastasse, Principe Dimitri Miesko Leopoldo della Repubblica di San Marino che appartiene al Guinness dei primati alla voce “colui che c’impiega più tempo a firmare un autografo ai fans”. Tra i quali ovviamente il sottoscritto e i suoi fratelli che abbiamo un cognome così breve (Pea, ndr) da vergognarcene assai.

Scherzi a parte, la qual cosa è bene subito chiarirla coi milioni di somari che mi circondano e devastano il Veneto di Luca Zaia, il loro leader massimo. Nella speranza soprattutto che tutti i fascistoni, vecchi e nuovi, che pensano d’essere miei amici su Facebook, mi abbiano nel frattempo già fatto il favore di smettere infastiditi di leggermi. Mentre ai pochi ma buoni che mi sono rimasti e che comunque accettano come son fatto apprezzando almeno la mia sincerità e franchezza, regalo alcuni pensierini di Natale che non sono al veleno, come molti pensano sbagliando, ma un cincinin audaci, questo sì, e spero anche divertenti. Stufo in particolare di sentirmi dire: “se non le scrivi tu certe cose, non c’è ormai più nessuno che trova il coraggio di farlo”. E allora dai, confessiamolo: la nostra pallacanestro è diventata uno sport solo di nicchia che purtroppo ha perso i consensi popolari del secolo scorso perché è finita in mano a dirigenti sempre più incapaci che non vogliono essere messi in discussione e tengono in pugno quei quattro cronistelli che sono rimasti in circolazione con l’arma del ricatto e la garanzia di poter continuare a fare i porci comodi loro.

O forse avete letto nell’ultimo lustro mezza critica alla squadra di Milano che non mi sembra abbia vinto nel frattempo l’Eurolega nonostante i milioni e milioni d’euro che Babbo Natale ha messo ogni anno a disposizione dell’Innominabile? In verità le scarpette rosse nella passata stagione non hanno conquistato non dico i playoff, ma nemmeno i playin, e nessuno ha scritto niente. Salvo poi celebrare lo scudetto di nuovo rubacchiato con la complicità dei soliti noti di Citofonare La Monica. O forse qualcuno si è chiesto per quale ragione l’Olimpia si è sbarazzata del suo uomo chiave Nicolò Melli e l’ha ceduto al Fenerbahce dopo che il capitano già prima della scorsa Pasqua aveva raggiunto l’accordo con la Virtus di Massimo Zanetti che è il miglior presidente dell’A1, fidatevi, dopo che Paolo Vazzoler ha ceduto la sua poltrona in buone mani al notaio Matteo ArciContento? Non certo per una questione di vil danaro come ha lasciato intendere l’Innominabile che io ho cominciato a chiamare così non perché porta pegola, sia mai, ma perché, se solo lo nomini, rischi di finire nei guai. E il vostro scriba, come vergava il grande Gianni Clerici, negli ultimi tempi ne ha passate talmente tante, e di tutte le tinte, che mi è passata la voglia di battibeccare con lui. Battibeccare mi piace, però se avessi usato il verbo begare ci saremmo lo stesso tra noi capiti. E forse anche meglio. Come Ettore ci riesce benissimo con mia figlia Giorgia. E per questo un po’ li invidio.

Ho i minuti contati e mille cose ancora da fare prima della serata che è tutto un programma: spaparanzato sul divano, con i piedi sul pouf, mi godrò nel mio nuovo salotto esclusivo prima il Venezia in casa della Juve di Panna Montata, alias Mottarello, e poi la Reyer contro la Bertram Derthona. Confessandovi che mi sarei volentieri giocato 100 euro sulla vittoria dei neroverdi che i bookmakers davano a 10, ma non l’ho fatto per due buone ragioni: 1. non riuscirò mai a tifare contro la mia Signora anche se quei tre non li posso proprio vedere. Da John Elkann, che neanche l’Avvocato poteva digerire, a Cristiano Giuda Giuntoli, il più grande bidone che De Lamentiis potesse tirare all’odiatissimo club bianconero. Girando le spalle all’amministratore delegato Maurizio Scan(n)avino che tifa Torino sin dalla culla e tutti lo sanno nella città della Mole e delle Due Facce. Mentre Treviso ne ha tre; 2. non possono essere mille euro vinti col calcio scommesse a cambiarmi il Natale. Del quale non dirò più “E anche questo Natale ce lo semo levato dalle palle” come confessò l’immenso Riccardo Garrone a tutta la famiglia nel cult di Carlo Vanzina. Per il quale magari non andrà matto l’odioso Aldo Grasso, il sottopancia granata di Urbano Cairo, ma chi se ne frega? Così come non credo che facciate fatica a credere che stasera non mi dispiacerebbe se a Casale Monferrato vincesse la squadra di Walter De Raffaele, due scudetti e una Coppa Italia a Venezia, col quale la mia città e il blind trust di Napoleone Brugnaro sono stati oltre modo ingrati cacciandolo come un appestato dal Taliercio nella notte del febbraio 2013. Difatti il bello di tutta questa brutta storia è che il sindaco di Venezia non può o, meglio, non potrebbe gestire i suoi beni e le sue società. Men che meno la Reyer. Non possedendo neanche la tessera federale per poter accedere agli spogliatoi. O mi sbaglio? Non credo.

Dunque ad esonerare il mio caro Ray Ban su due piedi è stato il Pesciolino Rosso che nella foto festeggia il Natale con la sua bella famiglia nella boccia di cristallo? Lo escluderei. Dal momento che Federico Casarin, quando ancora ci frequentavamo, mi ha sempre giurato che a mandare via De Raffaele non è stato lui. E allora chi? Forse Toni Sugaman (Asciugamano tradotto in italiano). Indagherò per voi un’altra volta. Okay? Adesso corro a cena: la Tigre mi chiama: “La pasta e fagioli si raffredda” ed io sia mai che osi disubbidirle. Però se Mottarello stasera non farà giocare capitan Locatelli come immagina la Gazzetta per non escludere il suo Koopmeiners che io chiamo Buono a niente per non dir di peggio. E se ancora Olivetta Spahija farà giocare nel primo quintetto il figlio del Pesciolino che mercoledì in Eurocup è stato subito stoppato e sbattuto a terra da un diciassettenne di Lubiana nemmeno tanto alto e grosso, allora per quanto voglia bene a Davide strillerò di nuovo: “No, adesso è troppo: basta!”. E cambierò canale prima che sfasci il televisore che mi è costato l’occhio della testa sperando che Toni Sugaman prima di mezzanotte rimandi il tecnico di Sebenico a coltivare le sue olive in Croazia e chiami Gianmarco P(r)ozzecco, il mitico Poz che ha le valigie pronte ormai da quasi un anno. Tanto più che mi è tornata la voglia di scrivere, come di vivere, e mi farò vivo molto presto. Per gli auguri a modo mio di Natale. Ovviamente a tutti tranne che a uno. Che non è l’Innominabile. Che anzi vedrò volentieri tra due domeniche al Palaverde