Qualcuno ancora mi legge. Magari di nascosto, chiudendosi a chiave in gabinetto, ma mi legge. Anche se poi smentisce d’averlo fatto. Come San Pietro che negò tre volte d’essere un seguace del Nazareno prima del canto del gallo. E comunque ieri sera ho scritto sul mio blog che Michele Rossi doveva essere sospeso in attesa di fare chiarezza sull’espulsione di Frank Vitucci in Virtus–Brindisi di lunedì alla Segafredo Arena e stamattina è stato confermato non so da chi, forse anche dallo stesso Citofonare LaMonica o dal designatore Marco Giansanti, che il fischietto aretino non arbitrerà né stasera né domani le tre partite del quarto turno dei playoff e probabilmente nemmeno le eventuali belle. “Intanto la Virtus è la prima semifinalista” ha scritto oggi sulla Gazzetta Paolo Bartezzaghi che mi permetto subito di correggere perché la notizia è un’altra e cioè che la Segafredo di Don Gel Scariolo è stata l’unica delle otto squadre dei quarti di finale ad aver eliminato la sua avversaria per 3-0. Realizzando in allegria nei tre match 104, 109 e 100 punti. Subendone però anche ieri un po’ troppi. Ovvero 95 da una Happy Casa senza Nick Perkins squalificato come Vitucci. Il quale potrebbe anche lasciare Brindisi dopo sei anni e accasarsi insieme al diesse Simone Gioffrè magari a Treviso. 95 punti subiti, troppi: non vi pare? Io dico di sì. E come me credo la pensi anche Sergio che difatti ha lasciato di nuovo seduto in panchina per tutta la partita Nico Mannion che non ne vuol proprio sapere di difendere. Come del resto Marco Belinelli e pure Milos Teodosic. Ma il Beli e il Monnezza poi sono una meraviglia in attacco, mentre il Red Mamba è un budino sotto canestro come del resto Marco Spissu, un altro cocco di P(r)ozzecco che neanche Olivetta Spahija vorrebbe tenere alla Reyer il prossimo anno se non costasse una cifra esagerata che nessun club d’Europa sarà mai così fesso quest’estate a coprire.
Oggi è luna nuova. La mia invece è proprio storta. Però me la sono andata a cercare e quindi non mi posso adesso nemmeno lamentare. Stamattina infatti, aprendo gli occhi di buonora e ancora sbadigliando come un ippopotamo maleducato, ho avuto la pessima idea d’andare a vedere in televisione cosa avessero fatto nella notte di Boston i Celtics contro i Miami Heat nella seconda partita delle Eastern Conference Finals. Ebbene hanno di nuovo perso, mannaggia la cavallina, 105-111, nonostante i 34 punti, 13 rimbalzi e 8 assist di Jayson Tatum. Ma uno speciale Bam Adebayo si è fermato ad un solo assist dalla tripla doppia (22-17-9) e l’mvp Jimmy Butler (27) ha stravinto il duello, anche a muso duro, con Grant Williams. Per non dire di Calib Martin (25) che, pescato dalla panca a sorpresa da coach Spoelstra, ha dato a Miami quello che mai da lui si sarebbe aspettato. Non è stata però la sconfitta dei Celtics a tingermi la giornata di nero sotto un cielo già grigio, quanto i cinque minuti finali della telecronaca agitata e sempre sopra le righe di Ciccioblack Tranquillo insieme al povero So-na-lagna Soragna. Che mi hanno anche spiegato alla lavagnetta il pich and roll “eccezionale e poetico” dei Boston di Joe Mazzulla che ha avvicendato all’inizio della stagione Ime Udoka. Il quale è stato sospeso per un anno per aver avuto una relazione proibita sul posto di lavoro con una donna. Robe da non credere. Che possono succedere solo nella Nba. Difatti io a Udoka avrei anche tagliato il pisello.
Come promesso, e rimanendo ancora al calduccio sotto il piumino, mi sono poi visto la registrazione di Trento-Tortona che si è giocata ieri sera ai piedi del Bondone (senza neve) e così adesso ho capito perché la sfida tra la sesta e la terza squadra della irregular season non ha destato sinora molta attenzione. 10-12 al termine dei primi dieci minuti di non gioco, uno su 9 della Dolomiti Energia e zero su 7 della Bertram Yachts nel tiro da tre punti. Quanto è bastato per fiondarmi subito sotto la doccia e di non volerne più sapere di seguire una sfida che in verità ho poi letto sui giornali che negli altri tre periodi è infiammata per merito soprattutto di due giocatori che non mi sono mai dispiaciuti, Diego Flaccadori e Matteo Spagnolo. Mentre stavolta il buon Semaj Christon ha sbagliato l’ultima tripla che avrebbe allungato ai supplementari una partita nella quale Cain e Filloy non hanno segnato nemmeno un canestro. E Leo Candi soltanto uno. E pure forse per sbaglio.
Se lo scrive Walterino Fuochi, che è l’unico amico che a Ettore Messi(n)a è rimasto a Bologna, non è una bugia che Gianmaria Vacirca sia “in retta d’arrivo per rinforzare il front office dell’Olimpia”. Finalmente un buon acquisto dell’Armani. Anche se Vacirca, a tutt’oggi scout di riferimento di Derthona, è uno juventino doc come me e non so se il Messina rossonero lo sappia. Ed è un Banda Osiris di vecchia data sin dai tempi di Cremona e Montegranaro, ma gode comunque, per quel che può contare, di tutta la mia stima. Non capivo invece come Paolo Bartezzaghi della famiglia, credo, di quelli delle parole crociate, facesse a camminare, sospeso nel vuoto, sul filo sottile dell’equilibrio dovendo scrivere quasi tutti i giorni di Milano senza cadere tra le fauci del permalosissimo, persino più di me, presidente e allenatore delle scarpette rosse. Finché, leggendo la sua cronaca della vergognosa sconfitta dell’Armani giovedì a Pesaro, ho ammirato l’abilità che ha avuto nell’evitare, da vero campione di slackline, di parlare dell’inesistente antisportivo fischiato dall’olimpionico Manuel Mazzoni ad Austin Daye su Nicolo Melli, che ha ridato slancio all’Armani (dal 61-62 al 61-66) o di Stefano Tonut (nella foto contro Shengelia) clamorosamente non utilizzato in una partita nella quale Shields ha dimostrato d’avere ancora il fiato corto dopo il lungo infortunio patito e anche Hall ha fatto morir dal ridere. Evidentemente Bartezzaghi vuole soffiare il posto a Claudio Limardi nell’ufficio stampa dell’Olimpia e questo non sarebbe molto carino perché il direttore della comunicazione dell’Armani è padre di quatto figli a Livorno e per questo una volta anche lo salvai dal licenziamento convincendo l’ex presidente Livio Proli a non mandalo a spasso.
Non so se stasera il figlio d’Alberto Tonut abbia finalmente debuttato in questi playoff giocando qualche minuto in una gara 4 penso stravinta contro la Carpegna Prosciutto di Gelsomino Repesa. La partita infatti me la vedrò con tutta calma domattina sempre in registrata prima della molta più appetitosa Banco di Sardegna–Reyer. E guai a chi s’azzarderà d’anticiparmi i due risultati finali: come minimo lo strozzo. Però Stefano non potrà negare che non glielo avevo detto che avrebbe commesso un grosso errore a firmare per l’Armani perché avrebbe fatto la stessa fine di altri celebri azzurri, su tutti Amadeus Della Valle e Simone Fontecchio, che sono dovuti scappare da Erode. Magari con la borsa piena di soldi, è vero, ma con il morale e l’autostima sotto i tacchi. Che poi Stefano sia un giocatore da EuroLega, e per questa ragione ha voluto lasciare Venezia, dove pure stava da Papa, l’ha dimostrato quest’inverno quando per tre volte è stato inserito nel miglior quintetto settimanale della manifestazione più ambita d’Europa. Ma vallo a spiegare a Messi(n)a: sarebbe solo tempo perso. Così come avevo capito sin dal risveglio che oggi per me sarebbe stata una giornatina da dimenticare in fretta. Difatti il Basket Mestre ha perso gara 3 dei playoff di serie B (74-72) a Livorno con la Pielle nella grande festa del PalaMacchia nonostante i 18 punti di Andrea Mazzucchelli. Tap-in vincente di Giovanni Lenti e buonanotte.