Dopo aver fatto ieri il pieno di pallacanestro, così state buoni per un bel pezzo, oggi sarò breve come Pipino. Che fu re dei Franchi e padre di Carlo Magno. Che invece ce l’aveva grande. Come si diceva di Alberto Tomba. O meglio lo raccontava Lory Del Santo. Tra il serio e il faceto. Però era anche velocissimo, confessò durante una diretta televisiva. Come una manche di slalom? Le chiesi. “Beh, facciamo anche due”. A.T., l’extraterrestre, mi è venuto in mente l’altro giorno a proposito di Michelle Hunziker. Con la quale ha interpretato un film d’enorme successo: Alex l’ariete. Di Damiano Damiani. Uscito nel luglio del 2000. Per cui è un filino presto per azzardarmi ad affermare che è stato il flop cinematografico più clamoroso del millennio, però lo è senz’altro di questo XXI secolo. Se è vero, come è vero, che nel primo weekend di proiezione nelle sale di tutta Italia incassò poco meno di quattro milioni di lire. Ovvero, al cambio attuale, circa duemila euro. Il cinema Ariston, nel cuore di Milano, lo tolse infatti dal grande schermo dopo solo due giorni. Luca Bottura, all’epoca giovane e brillante satiro all’Unità di Bologna, ora inflessibile tritacarne di Repubblica, scrisse: “Il film ha fatto pentire i fratelli Lumiére d’aver inventato il cinema”. Ma anche la stessa Hunziker ammise che assistettero alla prima di Alex l’Ariete lei, sua nonna e sua zia. E la Bomba? Era in vacanza in Sardegna. La satira, anche quella da due soldi, come la mia, è una brutta bestia che non sai mai come prendere. Ma come diceva Orazio: Ridetem dicere verum quid vetat? Che cosa vieta di dire la verità ridendo? Niente e nessuno se solo non vivessimo in un Paese che non è libero come il nostro. Tanto più che la verità nessuno la vuole sentire specie quando fa male, lo so. Come cantava Caterina Caselli e senza scomodare Anton Cechov che ammoniva: “Si dice che la verità trionfa sempre, ma questa non è una verità”. Grandissimo. Proprio Bottura il primo maggio si è trovato in difficoltà con la sua stessa ironia che pure è inattaccabile: “Ho fatto battute sull’altezza di Brunetta, sulle labbra della Marini (e perché no su quelle di Lilli Gruber?), sul peso di Giuliano Ferrara. E forse ho sbagliato perché il bodyshaming è una scorciatoia facile”. Verissimo. Anche se io sono andato subito nel panico perché conosco il bodybuilding e un paio di bodyguard, però il bodyshaming posso magari intuire cosa possa essere, ma vallo a spiegare a Antonio Cassano che è la derisione dell’aspetto fisico di una persona e non la raccolta degli indumenti intimi femminili che si vantava di fare ai tempi in cui giocava nella Roma e aveva la pelle della faccia butterata (da far paura) che mi sembrava una pallina da golf. E lo scrissi in una rubrica di satira sul Gazzettino quando ancora aveva un direttore. Ma il capo dello sport dell’epoca, tale Maurizio Paglialunga, che tutte le settimane andava in permesso sindacale nella capitale per trovare i genitori, si offese a morte e non per difendere l’asino, ma perché è uno sfegatato tifoso giallorosso. Tornando a Bottura, ha scritto sempre su #bravimabasta della Festa dei lavoratori che giustamente Giovanna Botteri, corrispondente Rai da Pechino, si era stancata d’essere ogni volta derisa sul suo apparire. Scatenando una bufera perché la sera medesima la Hunziker su Striscia la notizia sarebbe tornata sull’argomento prendendo per i fondelli i capelli e il look della Botteri. Ora non sono mai andato matto per la svizzerotta che non ha difetti fisici. Anzi, gli hanno rifatto da dio le pere e ha pure un lato B da schianto. Soltanto quando ride mi sembra una cavallina più tonta che storna e, tutto sommato, non mi fa ridere, né piangere, ma le critiche che le sono piovute addosso sui social, che non tollero, mi sono sembrate sbagliate, vigliacche, esagerate e squallide. E infatti non le metto le manette ai polsi come Tomba nel vecchio film e come nella foto. Piuttosto non mi è piaciuta ieri sera la replica di Valerio Staffelli. Che ha difeso la Hunziker e la trasmissione di Antonio Ricci come da contratto: del resto lo pagano per questo, e pure bene, oltre che per il suo eccellente sarcasmo. Però, uscendo dal seminato, ha anche criticato la professionalità della Botteri che è invece indiscutibilmente a prova di bomba e per questo sapete cosa gli impongo? Che stavolta consegni a se stesso un tapiro guardandosi allo specchio. Mentre anche alla bravissima inviata della Rai molto attapirata mi permetto a bassa voce di ricordare che la satira è come una barzelletta: o la capisci o pazienza: non te la puoi far spiegare. Come dovrei sussurrarlo pure a Jesus Cripto Superstar, alias l’amico Oscar Eleni, che adesso non credo che vi debba anche spiegare chi sia: probabilmente il Gianni Brera del basket in Italia. E per il quale mi ero comunque inventato un giochino sulla falsariga di Indietro Tutta di Renzo Arbore e del Che sta pensando Quiz di Nino Frassica che vi spiegherò domani anticipandovi solo che il montepremi sarà di centomila euro e che Messina con l’Armani vorrebbe tornare a giocare già a metà settembre a porte chiuse mentre Baraldi con la Virtus non ne vuol nemmeno sentir parlare. E stavolta, lo ripeto, Don Chisciotte ha pienamente ragione. Così come il ministro Spadafora farebbe bene a mandare al diavolo il lupetto di Rignano facendo l’esatto contrario di quel che gli suggerisce il perdente di successo più affermato del BelPaese. Il quale aveva il 40 per cento di voti e ora sta quasi scomparendo. E non sarebbe un domani neanche assunto come magazziniere della Fiorentina dallo Zio d’America, Rocco Commisso. Matteo Renzi si oppone allo stop al campionato? Bene. Il Conte Giuseppe s’affretti a chiudere la serie A senza playoff e senza assegnare lo scudetto a nessuno. Anche perché oggi è il 5 maggio, San Poborsky. La festa di tutti i gobbi che ricordano molto bene quella prima domenica del 2002. Quando all’ultima giornata la Juve di Marcello Lippi e Pavel Nedved con la vittoria di Udine 0-2 (reti di Trezeguet e Del Piero) conquistò il suo 26esimo scudetto scavalcando l’Inter incredibilmente sconfitta all’Olimpico 4-2 dalla Lazio nonostante fosse andata due volte in vantaggio con Bobo Vieri e Di Biagio, ma venne raggiunta già nel primo tempo da una doppietta di Karel Poborsky. Poi nella ripresa segnarono il Cholo Simeone e Simone Inzaghi. E la Beneamata con Ronaldo in lacrime finì addirittura terza in classifica pure dietro la Roma di Fabio Capello. Un 5 maggio indimenticabile per gli juventini Altro che Alessandro Manzoni e Napoleone Bonaparte. E così anche stavolta non sono stato breve. Come Pipino.