Avrei voluto stamane infilarmi l’adorato pullover giallo che mi ha regalato mia figlia per Natale. Ovviamente di cachemire come consigliava Fausto Bertinotti: uno ma buono. Difatti tra due settimane voterò Paolo Gentiloni, l’unico che mi convince e non è un cantastorie. Ma poi direbbero che tifo per i gialli e Blue di Torino. Che in fondo sono anche i figli di latte della mia Signora. Per la quale ho un debole e credo di non averlo mai minimamente celato. In più ho un ottimo feeling con Massimo Feira, amministratore delegato dell’Auxilium per conto della Fiat ed ex (promettentissimo) giocatore delle giovanili della Juventus. Ed allora mi sono vestito di granata. Anche per scaramanzia e mi è andata molto bene: la Gobba più spuntata e acciaccata di questo millennio ha comunque mattato il Toro di Walter Ego Mazzarri e Papà Urbano Cairo. E adesso? Perdiamo onorevolmente con il Tottenham a Londra in Champions e poi pensiamo solo al Napoli per vincere il settimo scudetto di fila. A questo punto qualche afecionado potrebbe pure obiettare: “Ma come? Tra meno d’un’ora c’è il salto a due tra Mbakwe e Hunt e tu ci parli di tutto, di politica e di calcio, tranne che di palla nella canestra, come diceva quel santo”. Obiezione accolta, ma è questa la mia forza: scrivere in libertà la prima cosa che mi passa per la zucca senza pretendere di trovarvi tutti d’accordo. Come dice il Vate, Valerio Bianchini, che è un’intellighèntia sprecata del nostro basket. E così vado avanti per la mia strada uscendo spesso e volentieri dalla maestra e dal seminato. O dovrei forse fare come Mamma Rosa che ha paura della sua ombra e non vi racconta quasi mai quel che pensa? Perché gli ArLecchini sono servi dei padroni e, se anche sanno, fanno finta di nulla. Come nel caso di Pino Sacripanti. Che ieri, nell’incontro-scontro tra allenatori e arbitri, che invece avrebbe dovuto esser stato almeno nei buoni propositi amichevole e costruttivo, ha sparato a zero in particolare su Tolga Sahin. Il quale in Avellino-Cremona dei quarti fiorentini gli ha fischiato un tecnico tre minuti prima del supplementare che è costato alla Sidigas sette punti in un amen (dal 66-65 al 66-72) e a lui quasi il posto alla guida degli irpini. Penso che Sacripantibus abbia un po’ esagerato. Al di là che avesse torto o ragione. Probabilmente torto. E comunque così non si fa. Perché intanto l’arbitro turco che vive a Messina, ed è molto stimato dai suoi colleghi, non dirigerà prima di cena la finalissima della Coppa Italia come si sarebbe aspettato. Sono un cincinin bastardo quasi come il Var, creatura di Dio Aurelio De Laurentiis: l’ho sempre ammesso. Ma sono anche l’ultimo dei romantici e difatti non mi viene ora da pensare a chi tra Torino e Brescia entrerà oggi nella storia. Né mi chiedo quale delle due finaliste sia più in riserva o stanca morta. Senz’altro molto meno dell’Armani di Simone Pianigiani che ha appena sedici campioni in rosa dimenticando Patric Young che è arrivato a Milano già rotto e comunque incassa ogni mese 180.000 dollari solo per curarsi: record del mondo e metafora del secolo. Penso piuttosto al Barone Sales e al Professor Guerrieri che dall’alto dei cieli e dal paradiso dei Giusti si godranno il duello del Nelson Mandela tra le due loro squadre del cuore. Riccardo e Dido sono stati i miei maestri di vita assieme a Sandro Gamba. Che impazziva persino lui, che è cresciuto a carne in scatola, per le tagliatelle alla bolognese fatte a mano dalla Fosca, la stupenda moglie dell’Eternauta. Chissà cosa si racconteranno il Barone e il Professore vedendo su una panchina Andrea Diana e sull’altra Paolo Galbiati (nella foto, ndr): pagherei per saperlo. E chissà se rideranno almeno loro dei soprannomi che ho dato all’uno e all’altro: PerDiana e per dindirindina, ma anche Perdincibacco. Mentre il giovane coach della Fiat guardatelo bene: è tale e quale ad Al Pacino junior. Di sicuro ne saranno al pari mio entusiasti, ma anche sorpresi. Così come non escludo che mi tirerebbero magari pure le orecchie ammonendomi di sbagliare a dare sempre troppa importanza agli allenatori della nuova generazione e molto meno invece ai giocatori che oggi passa il convento e sono tutt’altra cosa rispetto ai loro tempi d’oro. Quando si lavorava sul serio e gli affabulatori erano lasciati cortesemente fuori dalla porta anche di servizio. Buone cose! A domani…