Non posso vedere Matteo Salvini, ma evidentemente il problema è solo mio se quel faccione da pomi cotti va su tutte le televisioni e pare faccia proseliti tra gli sciocchi. Oggi il Gazzettino non è in edicola: ieri hanno scioperato i tipografi e sono disperato. Come farò difatti a prendere sonno stanotte se non potrò leggere le lettere al direttore Roberto Papetti? Al quale hanno raccontato che i veneti vanno matti per la palla che non è una palla, ma un ovale. E lui se l’è bevuta. Forse i trevigiani che hanno tre visi. Forse i padovani che hanno un sindaco leghista. Forse i rodigini che noi chiamiamo rovigotti. Ma non di certo i veneziani che formano una Repubblica per conto loro. O i vicentini che non mangiano più i par conicio. O i bellunesi che la domenica vanno a sciare. O i veronesi che sono quasi lombardi. Fatto sta che sul suo quotidiano, che vende sempre meno copie, è dato più spazio alla nazionale di rugby che a quella di calcio o di basket. Che vanno un po’ meglio, ma non ci vuole molto. Come sulla Nuova Venezia che qualche volta anche sfoglio: del resto mi arriva a casa in allegato a Repubblica al prezzo unico di un euro e mezzo. Ma sì, crepi la miseria. La Nuova sabato ha spedito un inviato a Cardiff. Dove spero che Fabrizio Zupo fosse a sue spese in vacanza, altrimenti non ci capisco più nulla: mi si dice che i giornali non hanno i soldi nemmeno per piangere e poi non si perdono una partita del quindici di Jacques Brunel. Che con il Galles ha perso 67-14. Sì, avete letto bene: 67-14. E sarebbe potuta andare anche peggio se sul 39-0 Sergio Parisse, capitano coraggioso e sconsolato di una giovane armata allo sbando, non si fosse inginocchiato e a mani giunte non avesse chiesto pietà ai Dragoni. Ha titolato Repubblica: il rugby fa tristezza. Il nostro di sicuro. Quello degli altri, francesi e anglosassoni, invece non mi sembra proprio. Anche se non me ne intendo molto e mi piacerebbe domandare a Luciano Benetton perché nel suo sport preferito non ci si può passare in avanti il melone (di cuoio) con le mani ma solo con i piedi. E perché nel tuo basket, magari mi risponde, non cucite la retina dei canestri così l’arancia resta nel cestino? D’accordo, incasso e me la metto via. Però pure lui non mi potrà negare che se gli inglesi ci vogliono escludere dal Sei nazioni qualche ragione forse anche ce l’hanno. In diciassette partecipazioni infatti gli azzurri della palla ovale si sono beccati sulla zucca ben sei cucchiai di legno che vanno alla nazione che chiude all’ultimo posto in classifica. Quest’anno poi hanno addirittura perso tutte le partite giocate e solo con la Francia a Parigi hanno limitato i danni (23-21). Per il resto sono state tutte legnate: 9-40 con l’Inghilterra, 20-36 con la Scozia e 58-15 con l’Irlanda per fortuna in crisi. Sino al disastro epocale e al calvario di Cardiff come ha onestamente titolato la stessa Nuova Venezia. Che però nel sommario ha aggiunto: Italia mai in partita. Beh, questo magari l’avevo capito persino io. Mentre il Gazzettino si è spinto oltre nella cronaca da casa (Rovigo) di Ivan Malfatto che ha salvato Martin Castrogiovanni e gli altri quattordici compagni di sventura “per l’impegno, il sacrificio, la voglia di placcare e d’attaccare”. Meno male. Anche se la conclusione è più amara ancora: a rugby siamo davvero scarsi. Ma mi posso sempre sbagliare.