Milano come gli schiavi d’Egitto stracarichi di lavoro

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L’Armani del Gelsomino piangente ce l’ha fatta a perdere anche con Brindisi, una delle squadre più alla frutta della nostra serie A. Invero c’è anche chi sta peggio: Torino, Capo d’Orlando o Pesaro. Contro le quali comunque Milano ha provveduto quest’anno a perdere ugualmente. Di modo che adesso si potrà dire tutto e di più delle vergognose scarpette rosse meno che non siano state generose con le più deboli del campionato. Al massimo facendo un torto a Bologna e Cantù, ma come potevano immaginarlo che le due nobili decadute avrebbero anche loro avuto bisogno di due punti in più in classifica? E in ogni caso ci ha pensato la Reyer di Recalcati a sistemare le cose regalando ai club di Basciano e Gerasimenko una vittoria a testa senza la quale sarebbe probabilmente una delle due già retrocessa. Nei salotti sgualciti della Confraternita dell’Osiris si parla tanto di una serie A di livello molto scadente e talvolta persino triste. Ed è tutto abbastanza vero, però non venitemi a dire che non è divertente. Nel senso che non ci si annoia come una volta quando sapevi già come sarebbe andata a finire una partita tra le prime e le ultime della classe. E difatti a tre giornate dal termine della regular season non c’è nulla di scontato. Milano e Reggio Emilia sono ancora in lotta per la pole position nella griglia di partenza dei playoff  e così Avellino e Cremona per il terzo posto. Come del resto è incerto il quinto con Trento, Pistoia e Sassari pure a pari punti, ma coi campioni d’Italia che devono ancora fare i conti con la GrissinBon in trasferta e con l’Armani in casa. Non so se mi spiego. Il Don Chisciotte che è in me scuote la testa e già partirebbe lancia in resta, ma per i dialoghi deliranti con Sancho Panza ho tempo sino a domenica e quindi me la prendo molto comoda. Oggi voglio solo cazzeggiare. Tanto più che è finalmente una bella giornata di primavera. E non mi va di irridere nessuno. Neanche il Gelsomino piangente che, presagendo la disfatta di Brindisi, ci ha ammonito: “Preferisco arrivare alla post season con una squadra pronta che prima ma fuori forma”. Contento lui, contenti tutti. Soprattutto magari Reggio Emilia che per i playoff sta tirando a lucido Lavrinovic e poteva benissimo perdere a Caserta senza anche Silins e Golubovic e con Stefano Gentile ancora a mezzo servizio. Né sparo sulla croce rossa: sarebbe troppo facile difatti mettere oggi in croce Cantù e Bologna che domenica se la giocano tra loro per la salvezza e comunque non sono io adesso a dover scoprire che in questa stagione hanno sbagliato tutto. Sperando almeno che l’abbiano capito e non tirino in ballo la cattiva sorte. Cremona per esempio ha oggi quasi il doppio dei loro punti e per l’intero campionato, o quasi, ha dovuto tirare a campare senza Superbone Vitali. Lo ha ricordato domenica lo stesso dolcissimo Pancotto: “Non dimentichiamoci che la nostra è una squadra nata e costruita per la salvezza”. Anche con pochi soldi: mi permetto d’aggiungere e di sottolinearlo al mio Bromuro di Canfora (C10H15BrO) che non può fare il tifoso della sua Avellino men che meno dalla pizzeria di Mamma Rosa, alias la Gazzetta. L’ultima trovata di Repesa sono stati invece i carichi di lavoro sui quali il giovane Werther Pedrazzi sul Corriere della sera ha ricamato calcando la mano meglio ancora di Roberto De Ponti: “A Milano l’officina degli alibi lavora incessantemente, a pieno carico, fornendo materiale d’appoggio ai paggi e ai paggetti vari”. E ancora: “Svolazza, lungo i Navigli e sopra il Duomo, un uccellino gorgheggiante che fa “twett twett” (invece che “cip cip”) e che racconta di una squadra divisa in differenti correnti etniche. Da un lato Gentile che fa stato e nazione a sé. Dall’altro la compagine slava: Simon, Macvan, Stanco Barac e Kalnietis (e perché non Gelsomino? ndr). In altro canto, e stonata nel coro, la corrente americana: Jenkins, Lafayette, Sanders e McLean. Ed Esteban Batista? In tribuna, naturalmente”. Bravo Werther. Mentre De Pontibus si è fatto una domanda molto saggia che a Di Schiavi neanche viene in mente di porre a Proli, sia mai: “Ma i tanti errori del passato non hanno ancora insegnato nulla ad Armani?”. Vi devo dire la verità: non è in fondo male il ruolo del succhia ruote che eccezionalmente oggi mi è andato di fare dopo aver invano tirato tante volte la volata agli sciocchi e agli incolti. Però sono stato anche di parola, dovete convenirne: non ho preso per i fondelli nessuno. Anche se, correndo dietro alle parole del Gelsomino piangente, mi sono spesso sorpreso a ridere pensando a Asterix e Cleopatra ai tempi di Mosè e degli schiavi d’Egitto che si caricavano sulle spalle degli enormi blocchi di pietra e costruirono a frustate le Piramidi per i tre grandi faraoni. Armani, Proli e Repesa? Ma pure questa, mi dicono, sia solo una favola.