Anche il mio oracolo, Walterino Fuochi di Republica, è stato sibillino. E allora ho fatto un salto a Delfi. Che non è proprio dietro l’angolo, ma a 180 chilometri da Atene. Alle pendici del Parnaso, il monte consacrato al culto di Apollo, figlio di Apelle, e delle muse. Che erano nove e non dieci come pensavo da sommo ignorante. Con questo caldo poi. Ma è stato come parlare al muro. Tanto che avrei fatto molto meglio a stare a casa con le pale della ventola che mi girano sopra la testa e mi danno un gran sollievo. Perché anche respiro male e difatti ho una stenosi nasale serrata come ha accertato l’otorinolaringoiatra che è stato mio compagno di corso di medicina all’università di Ferrara. Però lui studiava e si è laureato. Io invece leggevo Mamma Rosa dalla prima pagina all’ultima e sono rimasto somaro. Volevo solo sapere chi giocherà la finale-scudetto con il Banco di Sardara tra la Cremona di MaraMeo Sacchetti beato e la Venezia di Ray-Ban De Raffaele che dovrebbero un giorno fare pure lui santo. Perché non ce ne capisco più niente e la partita di ieri sera al Taliercio mi ha ancora più confuso le poche idee. La Reyer del primo quarto mi aveva entusiasmato: non lo nascondo. Con uno stratosferico Mitchell Watt, vero mvp dell’irregular season, il più votato del resto dai lettori della Gazzetta, altro che Andrew Crawford, 0/10 al tiro in gara quattro, come vi ripeterà domani almeno cento volte il meravigliato Edi Dembinski o come cavolo si scrive. Con un Tonut al massimo e un Daye bellissimo. Un parziale di 17-0 e di 30-10 al primo intervallo corto. Nonostante Gasper Vidmar si fosse divorato un paio di canestri impossibili da mangiarsi. E la Vanoli? Un pianto. Distratta e molle. Tanto che dopo quattro minuti il cittì che suda anche dalle orecchie ha fatto accomodare in panca Travis Diener che già boccheggiava e non l’ha più rimesso in campo. O la Reyer è forse quella del terzo periodo da 11 punti per sbaglio, Haynes assente ingiustificato e Bramos con il pigiama da notte, per non parlare di un fiacco Julyan Stone e di tutta una squadra che si era addormentata – spero – sugli allori? Una Venezia a due facce l’avevo già vista nei quarti con Trento, ma non nel contesto della stessa partita perché al Taliercio non c’è mai stata storia mentre ai piedi del Bondone gli orogranata non c’erano proprio con la zucca e del resto le hanno prese di santa ragione. E senza fiatare. Però a Cremona, nella prima semifinale, quando all’ennesimo fischio del cavolo di Paternicò, Attard e Paglialunga ai danni di Austin Daye sono girate anche a me le pale (con un’elle sola) e ho cambiato disgustato canale, Venezia mi era sembrata davvero solida in difesa (Stone-Bramos) e convincente sotto canestro (Watt-Vidmar) al punto da pensare che avrebbe chiuso il discorso con la Vanoli in altri due o al massimo tre duelli. Soprattutto una volta recuperato in pieno Stefano Tonut come è poi avvenuto. E invece siamo adesso alla bella di domani. Dopo che ieri addirittura Crawford ha avuto nelle mani la palla dell’incredibile 75 pari a mezzo minuto dalla sirena, ma non era serata e ha sparacchiato il tiro da due punti sul ferro. Vi dirò di più: se Sacchetti ci avesse creduto un po’ di più e non avesse utilizzato per 30’ Ruzzier e per 9’ Sanguinetti, e non avesse raccontato alle tivù che Diener aveva un insopportabile dolore all’alluce tanto da non poter essere utilizzato, la Reyer sarebbe già in vacanza e la Vanoli già in finale. E io non starei qui ora a consultare disperatamente le sfere di cristallo aspettando che da Monfalcone mi dicano cosa ha fatto Mestre. Oggi ho deciso infatti di scrivere dopo cena. Con il fresco e le fragoline di bosco, limone e zucchero, nella coppetta a portata di mano. E intanto vi aggiorno con le ultime dall’Armani. PantaLeo Dell’Orco presidente, Simone Pianigiani e Lupo Rossini riconfermati, Mortimer Cancellieri a spasso e Mario Fioretti quasi, il favorito alla carica di general manager è Claudio Coldebella che era all’Unics Kazan e non vedeva l’ora di tornare a Milano. Coldebella da Casteo (Castelfranco Veneto) l’ho visto nascere e non può dunque prendermi per i fondelli: è un bandaosiris di vecchia data anche se me l’ha sempre negato e comunque pure a lui dispiacerà un sacco sapere che il nostro Basket Mestre, dove è cresciuto alla scuola dell’indimenticabile Alì Babà Celada, ha perso (77-49) anche il ritorno della finale dei playoff per la promozione in serie B. Peccato. Aveva fatto un campionato fantastico: ventinove vittorie in trenta partite. Dominandole tutte. Poi sul più bello si è smarrita. Chi l’avrebbe mai detto? E quindi come posso pronosticare adesso quale squadra sfiderà Sassari da lunedì per lo scudetto. Credo che tutto dipenderà da Travis Diener se è rotto (e lo escludo) o è stanco morto o è vivo e sano più di un pesce. Per me è alla frutta, ma potrei di nuovo sbagliarmi. Mentre mi gusto nella foto la palla a tre tra Ricci, Watt e Crawford che anche qui non so proprio dirvi chi l’ha vinta.