Meno male, perché ero in pensiero, ma alla fine anche Repubblica è arrivata a sapere che l’EA7 è stata eliminata al primo turno dell’Eurolega nel girone più facile di questa terra. Magari con quarantotto ore di ritardo, ma buona ultima lunedì ha comunque titolato: “Europa addio, Milano leader soltanto in Italia”. Evviva. E senza punto esclamativo per rispetto a Gianni Mura che lo detesta. Così come non riesco io a digerire il Gufo con gli occhiali. Il quale ha pure lui due gemelli: uno di nome Pick e l’altro Roll. Perché non lo sapevate? Sarebbe bastato che Walterino Fuochi mi avesse dato un colpo di cellulare e volentieri l’avrei informato di quello che con due giorni di ritardo ha giustamente definito “un rimpallo rovinoso di traguardi e d’immagine” che invece è incredibilmente passato come indolore routine nelle pagine sportive di quasi tutti i quotidiani nazionali. Perché in fondo l’Armani senza Gentile ha pur sempre vinto venerdì scorso a Zagabria e domenica al Forum con Capo d’Orlando. Capirai. In più Gelsomino Repesa non si discute per nessuna ragione al mondo. Nemmeno ricordando, come ha fatto Fuochi dopo il sottoscritto, che “al Cedevita è stato pagato un (robusto) riscatto per liberare il timoniere dell’odierna perigliosa navigazione milanese”. Ora, a parte gli scherzi, non dovete venirlo a dire a me che Focherello è bravo. Forse anche il più bravo di tutti noi villani, bifolchi e zappaterra dell’orticello del basket italiano. Però c’è poco da fare: finché stai tutti i giorni ore e ore al telefono oltre oceano con l’amico Ettore Messina, poi non ti resta pure il tempo, dovendo anche seguire la cronaca di Bologna, per scrivere più di una volta alla settimana di pallacanestro su Repubblica. Anche questo lo capisco. E comunque, adesso che ci penso, devo chiamare anch’io il mio amato cittì che non sento da quando Giannino Petrucci l’ha fatto fuori grazie anche al sostegno di tutti quanti i giornali che hanno consumato tutte le loro lacrime per (rim)piangere MaraMeo Sacchetti e nemmeno una per Simone Pianigiani. Anche questa è bella, ma non importa. Certo è che, se rinasco un’altra volta, vorrei essere Gelsomino. Magari anche con una giacchetta che mi tira da ogni parte e la paura che, quando mi metto come lui e Mussolini le mani sui fianchi, non mi salti da un momento all’altro un bottone dalla pancia. Volentieri correrei anche questo rischio e pure quello d’annoiarmi come Marameo Sacchetti tra gli uliveti della sua villa di Alghero con il bel mare di Sardegna ad un tiro di schioppo senza far nulla dalla mattina alla sera. Ben pagato per un altro paio d’anni e mezzo da quel tiranno che è l’odioso e invadente Stefano Sardara. E soprattutto senza spendere una sola goccia di sudore per correr dietro a quei lavativi che, mentre ti gusti un buon sigaro fuori dalla palestra, fanno finta d’allenarsi per conto loro. Questa è vita. Altro che la mia. Un giorno l’Orso Eleni mi disse: Io non ho amici. E ci rimasi male. Ma forse aveva proprio ragione lui. Infatti più mi guardo intorno e più vedo nemici, scribi e farisei. Che mi confessano a quattr’occhi: vorrei avere il tuo coraggio per scrivere la prima cosa che ti passa per la testa e nove volte su dieci anche c’azzecchi. Salvo poi girare l’angolo di casa e in piazza tenere un comizio per domandarsi ad alta voce scuotendo la testa: “ma cosa scrive quel bastardo nel blog sbrodolandosi addosso con la sua satira da cinque lire?”. Però poi, ripensandosi, forse anche a Milano, e non solo a Bologna, Siena e Reggio Emilia, mi è rimasto ancora qualche amico. Per esempio l’altro mio amato cittì, Sandro Gamba, che non vedo da un secolo, se non in televisione al Forum accanto alla cara Stella, e non so neanche se abita sempre nel villaggio di Arese. Di sicuro il suo fedele cane lupo tedesco, che non poteva che chiamare Pressing, non c’è più. Restano però i ricordi delle belle vacanze passate insieme in Sardegna e degli allegri Capodanno di qualche inverno fa. E comunque lo chiamerò per gli auguri di Natale e anche per dirgli che vorrei avere il suo dono della sintesi che invece io non ho. Come nelle poche righe che ha scritto venerdì a tamburo battente sulla Repubblica di Milano e che ho ritagliato per voi. Ma anche per me. “L’eliminazione dell’Armani dall’Eurolega, e la sua retrocessione in Eurocup come premio di consolazione, che a me non piace per niente, purtroppo è meritata. Perché in ogni partita non è mai arrivata a mettere insieme 40 minuti in cui funzionasse tutto, sempre qualche passaggio a vuoto fatale, sempre sotto quando gli avversari hanno aumentato pressione e corsa come il Cedevita. Messaggio per i detrattori di Gentile: non è affatto vero che l’Olimpia vince e gioca meglio senza il suo capitano. A Zagabria è stato dimostrato il contrario: senza il peso, la potenza e la pericolosità di Ale, nel finale non si è visto un solo buon tiro”. Sottoscrivo in pieno. E dimenticavo: chapeau.