Brontolano i tuoni della montagna come Aza Petrovic con gli arbitri al preolimpico di Torino. Non aveva però torto: ce li aveva proprio contro. Ma a Rio de Janeiro ci è andato lo stesso. La ferita è ancora aperta e il temporale non dà tregua. Pioverà tutto il giorno. E allora scrivo anche se è domenica e non vorrei avvelenarmi il fegato. Cercando almeno il sereno al tramonto. Borbottavano anche i federali nei sottoscala del Palazzo romano, ma poi al gran consiglio, davanti a Giannino Petrucci, sono stati tutti pecoroni e nessuno ha trovato il coraggio di chiedergli spiegazioni di una Caporetto pagata a caro prezzo che ha fatto cinquant’anni dopo scopa con la Corea di Edmondo Fabbri. E ora battono in ritirata. Belando e ancora mugugnando. Le elezioni saranno prima di Natale. Febbraio è troppo lontano. Qualcuno si potrebbe nel frattempo svegliare. Giannino sarà allora il (vostro) presidente per altri quattro anni o addirittura otto. Se nessuno si farà nel frattempo avanti e la paura (di bruciarsi) farà sempre novanta. Sperando che almeno Ettore il Messi(n)a si decida in fretta. Resto o non resto? Se non resta, però patti chiari e amicizia lunga: m’arrabbio e non per scherzo. Non fosse altro perché al suo posto arriverebbe Stefano Sacripanti(bus). Col quale non ho niente, per carità, ma semplicemente non mi sembra all’altezza dell’incarico. Dopo i fiaschi delle sue under. Specie in questo momento. In cui si brancola nel buio e si sono perse tutte le certezze. Scoprendo magari che Gallinari non è il leader che pensavamo d’avere o Belinelli il pellerossa che avrebbe dovuto abbattere il bisonte con l’ultimo colpo in canna. Della fragilità dei nostri pivot invece si sapeva. Come di Bargnani col quale è difficile fare gruppo e andare d’accordo. Da soli poi ci siamo complicati la vita affrontando con troppa superficialità il problema del secondo playmaker. Arcidiacono non ci serve, disse qualcuno che tutti conoscono. Così come non è un mistero che nessuno dopo Pianigiani si sia prodigato per far avere un passaporto italiano all’mvp delle final four della Ncaa. Tutti i nodi sono così venuti al pettine nell’unica partita che dovevamo vincere: la finale con la Croazia. Dove magari un Della Valle ci avrebbe fatto molto comodo. Ora non posso neanche far finta di credere che Ettore Messina non conoscesse i suoi polli. E dunque ha sbagliato anche lui. Innanzi tutto fidandosi di chi non gliela aveva raccontata giusta o forse gliela aveva fatta troppo facile. Come l’esclusione di Tonut dai ventiquattro azzurri e poi la sua promozione tra i dodici apostoli. Pagando anche qualche soldino di multa alla Fiba. Però da qui a mettere il Messi(n)a in croce ce ne passa. Come qualcuno ha tentato di convincermi a fare beccandosi una gran pedata sul fondo schiena. La Corea di Torino ha altri colpevoli ben più noti e autorevoli. Nell’ordine Petrucci, i giocatori (escludendo Hackett, Melli e Datome), gli assistenti allenatori, i giornalisti venduti, i ruffiani e Ciccioblack Tranquillo. Che non può mai mancare tra i miei strali e al quale comunque dedicherò una puntata speciale facendogli risentire la sua diretta del 9 luglio e gli strilli d’ammirazione che ha dedicato ai suoi fenomenali azzurri. Bravi solo ad autocelebrarsi pur sapendo di mentire: “Stiamo bene insieme”. Sì, forse a tavola o in discoteca. Che poi la Nba non faccia per noi questo è poco ma sicuro. Ci ha infatti sempre restituito giocatori più scarsi, meno allenati, pieni di soldi e quindi viziati. E persino un cittì da troppo tempo lontano da casa per sistemare le cose in due o tre settimane. Piove sul bagnato. Però lo sapevo che al tramonto sarebbe tornato il sole ad illuminare le creste. E’ così tutti i giorni ormai da un mese. E difatti sul far della sera mi hanno cinguettato una notizia che farà piacere anche a voi: Ettore Messina resterà alla guida della nazionale con uno staff tecnico quasi tutto nuovo. A patto che Giannino non vada in giro dicendo, come stava già facendo, che vinceremo gli Europei dell’anno venturo. Prima dovrà comunque, bene o male, essere rieletto. Tra dicembre e febbraio. E poi dovrà raggiungere un accordo economico col mio compaesano. Che stavolta si farà pagare. E non poco. Se non è scemo. Perché è quasi tutto da rifare e sopportare le continue invadenze di Petrucci non è facile. Sperando anche che Francesco Cuzzolin rimanga. Visto che si sarebbe pure lui stufato per due soldi di fare miracoli con cenerentole che si credono già principesse sul cavallo dorato. Come la Milano di Giorgio Armani che così ha immaginato Maria Licia Ferrarini, la presidentessa di Reggio Emilia. Brava e coraggiosa. Ma di questo se riparla domani. Che ci divertiamo.