Non ho mai nascosto d’essere più curioso delle scimmie. Dalle quali non è vero che discendiamo. Anche se ne vedo così tante nelle tribune del basket che mi viene spesso da pensare esattamente il contrario. E comunque mi piacerebbe sul serio scoprirne di più di Jonathan Tavernari. Che sino all’altro ieri non sapevo neanche chi fosse e, men che meno, da dove fosse saltato fuori. Poi ieri sera, molto sul tardi, su Eurosport player, sezione on demand, per la telecronaca di Niccolò Trigari, per me sempre il numero uno, ha catturato la mia attenzione quel bel tipo, largo e grosso, come un armadio a due ante, che dalla linea dei tre punti, che Boscia Tanjevic argutamente chiama il bordo della piscina, si è messo a sparare di quelle bombe che avrebbero fatto saltare in aria anche Fort Apache. E figuriamoci dunque se non hanno sbriciolato la Fiat degli ultimi tempi che in otto giorni ha dato un calcio al secchio e buttato via tutto il buon latte che Luca Banchi aveva raccolto dalla sue mucche. Partita in equilibrio nell’anticipo tra Sassari e Torino sino al 39-35. Quando Federico Pasquini ha gettato nella mischia il suo numero 45, ala forte di un metro e 98, che di solito dà qualche minuto di respiro ad Achille Polonara e poi se ne torna senza sbuffare a sedere in panca. Ebbene Johathan Tavernari, così si chiama il giovanotto nato trent’anni fa, e quindi neanche di primo pelo, a Sao Bernardo do Campo, stato di San Paolo, in Brasile, in un lampo, per la precisione in 65 secondi, li ho cronometrati, come fanno abitualmente i genitori con i loro figli, ha infilato tre triple di fila che hanno steso l’elefante di San Carlo Recalcati alla terza caduta consecutiva dopo il rovescio casalingo con Brindisi e il meno 33 incassato in EuroCup a Vilnius. Quattro su cinque da tre, dodici punti, 48-35 e adesso ditemi voi: chi è stato l’mvp dell’incontro. Per la verità anche Pierre (27), Bamforth (18) e Planinic (16) hanno fatto molto bene, ma è stato il paulista a firmare il ritorno al successo (in carrozza) del Banco di Sardara. In diretta si è esaltato anche Niccolò. E senza esagerare come fanno troppo suoi compagni di merende: “Uno show balistico irreale di un giocatore che sino a poche settimane fa praticamente non vedeva quasi mai il campo”. E così vado anche a leggere sul preziosissimo Superbasket la sua scheda prima del via di questo campionato: “Giocatore a due dimensioni e più ruoli, il Tavernari, che sinora ha avuto una carriera strana perché in Italia ha giocato praticamente solo in A2 pur essendo qualificabile come nazionale brasiliano. Questa è la sua prima opportunità ad alto livello. Ha fisico potente e tiro. C’è molta curiosità attorno a lui”. E dunque non sono solo io più curioso delle scimmie. Delle quali vi avevo già parlato all’inizio. Le stesse che ieri sera al PalaSerradimigni hanno fischiato Pasquini durante la presentazione della squadra sarda. Ora i tifosi possono contestare chi vogliono, come ha giustamente puntualizzato alla fine Stefano Sardara più nero della pece, ma non prima del salto a due: altrimenti tanto vale che se ne restino a casa o vadano a mangiare la pizza con la moglie e i figli. Secondo: nel nostro Bel Paese si dà un’esagerata importanza agli allenatori. Che per altro nella media non sono neanche poi così indecenti. Caso mai più influenti nel determinare il risultato di una partita sono i giocatori. Che spesso e volentieri sono anche da prendere a calci sul sedere. Soprattutto quando non hanno nessuna voglia di rimboccarsi le maniche e di difendere come dio comanda. E allora sì che vanno fischiati. E pure sonoramente. Ma a bocce ferme e non per partito preso. Nell’altro anticipo del sabato i grissini di Reggio Emilia hanno vinto a Pesaro. Che sia chiaro: non merita di retrocedere. Non fosse altro perché ha il budget più basso di tutta la serie A. Nell’occasione Federico Mussini ha finalmente giocato come tre anni fa. Cioè prima di partire per il college e di rovinarsi la vita. Oltre che la carriera. Perché la vita nei college è una meraviglia, ma solo quello. Mentre di pallacanestro impari poco o nulla. Diciotto punti e un solo errore al tiro su otto tentativi. Te la do io l’America. E adesso scappo a Trento. Che non è proprio dietro l’angolo di casa mia. Sperando che quello di Mussini non sia stato un fuoco di paglia. Mentre ieri era il 45esimo compleanno di Max Chef Menetti e mi sono dimenticato di fargli auguri. Ma gli ho detto in bocca al lupo prima del match. E di nuovo gli ho portato fortuna. Almeno questo.