In molti avevano scommesso con gusto che l’Armani avrebbe perso a Trieste. E anche ci stava considerando le fatiche di Milano paragonabili a quelle di Sisifo: altre quattro partite in una settimana. Sisifo era figlio di Eolo e quindi non se la passava neanche tanto male, ma ha voluto fare troppo il furbo con Zeus che l’ha condannato per l’eternità a spingere sino alla cima della montagna un masso che sistematicamente rotola poi a valle e così il figlio del re dei venti deve ogni volta ricominciare tutto daccapo. Nella mitologia Sisifo era considerato il più scaltro di tutti i mortali e difatti qualcuno pensò anche che fosse il padre di Ulisse. Che per la verità si chiamava Odisseo e tanto astuto non deve essere stato se c’impiegò dieci anni per raggiungere Itaca da Troia. Quando con un gommone a remi ci si mette al massimo sette o otto giorni. Ora non so neanch’io perché vi ho raccontato questa leggenda. Anche se Mike James, che ieri non ne aveva proprio voglia, mi ricorda un sacco un peltasto tracio dell’antica Grecia, svelto e armato solo di spada e giavellotto, che una vaga somiglianza aveva con lo sconsiderato Sisifo più pieno di sé di Ciccioblack il Pavone. O forse mi hanno ubriacato tutte le partite di serie A, ma anche di A2 che a spizzichi e bocconi ho visto e rivisto stamattina al computer o in televisione? Cominciando da Pesaro–Torino e ancora chiedendomi se finalmente Galbi Galbiati l’avrà capito che, quando mancano una manciata di secondi al termine dell’incontro e sei avanti di tre punti, devi urlare ai tuoi soldati di fare fallo anche a costo di perdere la voce e d’entrare tu sul parquet con un bastone. Altrimenti può anche succedere che Artis spari una cannonata da otto metri che colpisce il secondo ferro e la palla vola in cielo, ma sull’albero c’è una scimmietta che la raccoglie e la butta nel cestino come di solito fa con le bucce di banana. Brava la scimmietta, molto ben educata, e over-time all’Adriatic Arena. Dove magari qualcuno ha saltato anche il pranzo, ma ne è valsa la pena visto che alla fin fine Pesaro ha vinto una partita già persa e non è detto che il 12 maggio retroceda come si pensava anche l’anno scorso e quello prima. Piuttosto adesso mi viene in mente quel che ho scritto a metà della scorsa settimana su questo blog che fa tanto arrabbiare i poveri di spirito: Matteo Boniciolli (052, nella foto di ieri a mezzogiorno), insidiandosi alle vu-elle di Ario Costa e Stefano Cioppi, ha chiesto sangue, sudore e lacrime ai suoi giovanotti mortificati dall’ultimo posto in classifica e da sei brutte sconfitte di fila. Io ci aggiungerei anche un po’ di culo, mi piacque correggerlo, senza del quale non si va da nessuna parte nemmeno nella pallacanestro, e mi sembra d’essere stato un buon profeta: che ne pensate? Difatti Matteo mi ha ringraziato e l’ho trovato molto carico al telefono mentre rientrava da Trieste a Pesaro. Dove si è stabilito in albergo, ma gli ho consigliato di cercar casa in riva al mare, che è la sua vita, perché spero che Costa e Cioppi gli saranno grati nel momento in cui dovranno rinnovargli il contratto non per aver dato speranza a Cenerentola, che aveva un culo da favola, più di Artis, ma per aver dato fiducia a Simone Zanotti che stava appisolandosi con Andrea Ancellotti in fondo alla panchina di Massimo Galli. Ebbene Boniciolli ieri ha sbattuto il ragazzo in campo nel primo quintetto al posto del lunatico Murray e l’ha fatto giocare per quasi mezzora da tre e non da cinque. Ottenendo da lui otto preziosi punti e soprattutto altrettanti rimbalzi. Insomma è proprio vero che la fortuna devi anche andartela a cercare perché stai fresco se aspetti che ti cada in testa dall’albero dove s’è arrampicata la scimmietta o che ti succeda come a Filippo Baldi Rossi che, chiuso in un angolo da Avramovic, ha raccolto la palla da terra e, non sapendo cosa altro fare, l’ha senza ritmo e da fermo infilata nel cesto per la tripla del 56-60, l’unica della sua pigra partita che però ha gettato in totale depressione Varese e ha rilanciato una Virtus che da Pietro Aradori ha avuto un solo punto, eppure ha egualmente espugnato Masnago. O vogliamo parlare della bomba di Riccardo Moraschini che, dopo due mattonate, è esplosa nel paniere di Trento mentre il tabellone arrossiva e segnava 0:00 con il pallone ancora in parabola ascendente? “Il Brindisi lo fa Moraschini” è il miglior titolo del giorno. Mi pare dell’Adige. Che poi è il giornale dove il presidente Luigi Longhi è caporedattore. E comunque credo d’avervi ora convinto che Frank Vitucci è davvero un grande e che le ho proprio viste tutte le partite dell’ultima d’andata. Tanto che potrei andare al Rischiatutto. Vado invece in tivù da Borile a Padova. “Trombettieri, fate sapere al mondo che Milano ha perso una sola partita”, ha scritto oggi l’Orso Eleni sull’Indiscreto e francamente non ho capito se fosse compiaciuto o incazzato. Di sicuro invece ce l’aveva con me perché chiamo Simone Pianigiani dai tempi di Siena il Nazareno. “Lo sbandieratore della Lupa che ora ha trovato anche chi lo descrive come l’uomo dei miracoli”. Perché non è forse così da più di due lustri? Incassiamo pure anche questa: inattesa e crudele. Aggiungendo solo che alla Fiat hanno gelato gli stipendi sino a fine mese, ma sarà dura che la squadra dei Do Forni vinca una partita prima di febbraio. A meno che la Reyer non sia davvero piombata in una crisi nera. A domani (nel tardo pomeriggio). Quando magari, se mi ricordate di parlare dell’Alma e (non benissimo) dei suoi sostenitori, mi fate un favore non da poco. E a buon rendere.