Nemmeno quand’ero piccolo così, e la mamma mi portava alle giostre in Riva degli Schiavoni, andavo matto per i cavalli a dondolo. Neanche per quelli col pennacchio. Figuriamoci se oggi da vecchietto, con la sciatica e il bastone, salto sul carro dei vincitori trascinato da un cocchio di somari o mi unisco al coro degli osanna in excelsis con Giannino Petrucci direttore d’orchestra. Di MaraMeo Sacchetti, pittoresco e divertente allenatore di basket, ne ho in fondo le scatole piene e allora fatevene come me una ragione: sarà il cittì della nazionale per tutti i secoli dei secoli, amen. Non parliamone più. Anche se sino a qualche giorno fa era il primo che andava in giro dicendo che in quella gabbia di matti, con il Gallo e il Belinelli, non ci sarebbe rimasto un’ora di più dopo che la sua nazionale aveva ottenuto il minimo sindacale. Ovvero la qualificazione ai Mondali di Cina del prossimo fine estate (a trentadue squadre). Come ha osato affermare Carletto Myers in assoluta buona fede, ma la verità non si può più raccontare. Purtroppo. Soprattutto se è in atto un processo di beatificazione nei confronti di Sacchetti molto ben avviato che nessuno vuole ostacolare. Per carità di Dio. Però almeno permettetemi di continuare a sorridere di un mondo che si prende sempre troppo sul serio neanche fosse ancora lo stesso del secolo scorso. O forse non mi è più concesso di fare nemmeno questo? Toglietevelo dalla crapa. Ed infatti, visto che ci siamo, ed oggi è il primo di marzo, riprendo a divertirmi inventandomi una nuova rubrica: le più belle del mese passato. Che a febbraio sono state. 1. Danilo Gallinari nell’inserto di Mamma Rosa: “Sono generoso”. 2. Il caro Orso Eleni sull’Indiscreto: “Quella storiella inventata della separazione in casa tra Tanjevic e Sacchetti”. 3. Andrea Tosi, nuovo capo del basket della Gazzetta: “Dopo la Coppa Italia chiediamo a Sacchetti un altro miracolo con l’Ungheria”. Mentre le migliori del 2018 sono state senz’altro la dichiarazione spontanea di Amadeus Ricciolino Della Valle: “Vado a Milano per giocare l’EuroLega” e quella di MaraMeo all’inizio della stagione: “Quest’anno Cremona deve solo pensare a salvarsi”. E poi quello che piange è Simone Pianigiani. Il quale non sarà neanche nato a Betlemme come invece credo e allenerà anche la squadra più ricca del mondo, ma non è nemmeno lo sprovveduto che Repubblica descrive ogni qual volta perde una partita e lo manda a lezione di (buona) difesa dal gran maestro Sandro Gamba. Che gli ha insegnato come si fanno a vincere cinque partite di fila in Europa. Meno male. Così adesso i playoff per l’Armani non sono più una chimera. Anche se dovrà ancora battere al Forum le due greche, Olympiacos e Pana, che non hanno proprio le pezze al culo come Torino e Cantù e nemmeno sono farina da far ostie come vi vorrebbero far credere i gufi dell’Osiris e i nemici di Proli. Staremo a vedere. Intanto domani, ringraziando il Padreterno, che nella vostra pallacanestro è diventato Sacchetti, torna il campionato con il superbo anticipo del piccolo Madison tra la Virtus e la Reyer, le due grandi rivali per la finale-scudetto a perdere con l’Olimpia. Come i vuoti delle bottiglie di vetro? Ecco, una cosa del genere. A meno che l’ultimo acquisto delle vu nere, Mario Chalmers, il playmaker due volte campione Nba coi Miami Heat di Lebron James, sia ancora intero e integro a trentatre anni come lo è David Logan, che ne ha addirittura tre in più, ma che nel pomeriggio di oggi ha incantato Boscia Tanjevic, e non solo lui, nel palasport tra gli ulivi di Porto San Giorgio. A due passi dalle spiagge (vedi foto) dell’Adriatico. Dal quale sono stato catturato per ricominciare il mio viaggio d’anima in pena che non ne poteva davvero più di stare richiusa tra le quattro mura di casa e di sentire o vedere sempre le stesse persone. Col rischio di morire di noia. Come si preoccupava la Tigre. Profumo di mare e voglia di cose semplici saltatemi allora addosso e riempitemi di coccole. Magari anche solo chiedendomi: perché non scrivi più? Perché ero incazzato nero. E adesso? Non più: mi è passata. Mentre le final eight di Coppa Italia di A2 mi scivolano addosso felici d’esistere, la Roma di Pierino la peste Bucchi ha vita facile con la rabberciata Verona dell’Uomo Dalmonte e la Treviso di Max Chef Menetti è una meraviglia con quel Logan esagerato (26 punti, 6/8 da tre) che la fa girare come le lancette di un orologio svizzero che non perde un colpo.