Riassunto della puntata precedente. Prima che mi dimentichi le quattro cose che ieri ho buttato là e poi non ho più approfondito. E prima che chiuda per due o tre giorni questo blog che deve essere solo riverniciato e protetto dagli attacchi di virus di chi la settimana scorsa ci ha riprovato a farlo saltare in aria una volta per tutte, ma non ci è riuscito. Tranquilli, non indietreggio di un millimetro. Anzi, risponderò pan per focaccia ai nemici. Che sono un esercito d’imbecilli. Ai quali dico soltanto: se vi prendo, vi mangio vivi. A colazione, pranzo e cena. Come le ostriche o, meglio, i tartufi di mare. Per i quali posso anche andare via di zucca. Con un po’ di limone e un cicinin di pepe. Dunque dicevo di Citofonare la Monica, del pranzo della Confraternita, del presidente di Lega, di Muso lungo che tocca per terra e di SottoBanchi che non lo fa giocare nello starting five. Un passo alla volta. Ma prima pensavo che non succederà mai, perché non sono così bravo e neanche abbastanza ruffiano, sono nato a Venezia e non a Reggio Emilia, o dintorni, ma se per sbaglio un anno dovessi ricevere la statuetta d’oro della pallacanestro italiana, non immaginate neanche da chi vorrei essere premiato. Ovviamente dal direttore d’orchestra Giannino Petrucci che comanda tutti a bacchetta tranne il sottoscritto. Il quale, pur d’apparire e d’essere sempre al centro del mondo, sono sicuro che consegnerebbe persino a me il Reverberi. Ricomincio da Citofonare la Monica che hanno visto piangere sulla spalla del compagno Guido Federico di Francesco, l’unico arbitro sulla terra ad avere tre nomi e manco un cognome. “Con tutto quello che ho sempre fatto per l’Armani perché ora mi cantano questi cori ingiuriosi?” gli domandava piagnucolando. Gli rispondo io: perché i tifosi, o presunti tali, sono come gli allenatori di basket dell’ultima generazione. Piuttosto che prendere a calci sul sedere i loro giocatori quando sbagliano per svogliatezza o sbadataggine, preferiscono accanirsi coi fischietti e scaricare su questi qualsiasi colpa. Che poi Citofonare la Monica si sia impegnato al massimo per rimettere in corsa l’Armani anche nel primo tempo della finale di domenica a Desio, questo ve lo potrebbero benissimo testimoniare il caro presidente Sardara e il buon Meo Sacchetti. Ma non lo faranno e fanno bene a non farlo: in fondo hanno rivinto lo stesso la Coppa Italia e un giorno potranno pure vantarsi d’esserci riusciti contro Milano con Lamonica arbitro. Tocca così a me raccontare quel che è successo negli ultimi minuti del secondo quarto. Sassari avanti di dieci punti (49-39) dopo esserlo stata anche di diciotto (33-15). Quando in contropiede Sanders è irregolarmente frenato da Moss e sul rimbalzo Kleiza con una spintarella da tergo a Logan s’impossessa della palla per la tripla successiva di Brooks. Due falli nella medesima azione, ma i tre fischietti tacciono. Ma ancora non basta: manca la ciliegina sulla torta. Ed ecco allora che Citofonare la Monica attraversa affannato tutto il parquet di corsa per togliere di mano la palla al Banco Sardegna già in attacco e punire con un tecnico la panchina della Dinamo per una protesta forse del vice allenatore che solo lui ha sentito in tutto quel baccano del palazzetto esaurito. Ieri Gianfranco Ganau, presidente del Consiglio regionale della Sardegna, stimato cardiologo nonché ex sindaco di Sassari per nove anni, si è molto lamentato dell’imparziale trattamento ricevuto dalla Rai durante l’esecuzione dell’inno nazionale e non della rimonta dell’EA7 (sino al 49-47) favorita dalla terna arbitrale. E lo ha denunciato in una mail inviata al direttore Carlo Paris. Parole al vento. Ne so qualcosa io che lo vado dicendo da almeno un lustro che Milano è guardata con un occhio di riguardo da tutto il mondo della nostra pallacanestro. E ne sa qualcosa anche Pierino la peste Bucchi che si è limitato a far notare nella semifinale la disparità dei tiri dalla lunetta: 6 per l’Enel e 27 per l’Armani. Che ha vinto di 11 e non di 21. Senza contare che il presidente di Brindisi è anche della Lega, che persino Mister Ovvio Fanelli ha definito “una chiamata quanto meno dubbia” quella fischiata a favore di Ale Gentile che aveva semplicemente perso palla sul 65-61 o che Moss avrà commesso almeno dieci falli su Pullen ed è stato punito in una sola occasione. Quando l’hanno beccato con la clava in mano e un pollice del povero Jacob tra i denti. E così sono arrivato alla fine e non vi ho ancora raccontato nulla del pranzo della Confraternita dell’Osiris sabato in Brianza o del Nando Marini che cantava: “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang siamo noi”. In effettti 274 mila di ascolti medi per la finale di Desio non sono pochi. Peccato che l’1,04 di share su Raisport faccia a pugni con il 15 per cento di Real Madrid-Barcellona (77-71) nella Coppa del Rey. Arrivederci allora a sabato. E intanto chiedetevi il motivo dell’improvvisa rimpatriata di Fratel Coniglio, Orate Frates (di ritorno dalla Cina), Sacripantibus, monti e Valli e compagnia bella tra una partita e l’altra di Coppa Italia? Vi do un aiutino: forse per preparare il ritorno di Michelino D’Antoni a Milano per le idi di marzo? O, meglio, sulla panchina dell’EA7 dove ora traballa Luca Banchi. Tu quoque. Cominciate a pensarci.