Siamo proprio messi male se Mamma Rosa intervista Crosariol come stella del campionato e poi si domanda se il nostro basket è davvero così mediocre. Non ho assolutamente nulla di personale col pivot di Milano, cresciuto nel Petrarca e nella Benetton prima di volare in un collage degli States, dove è rimasto due anni a studiare basket. Anzi. Sono contento che abbia trovato lavoro a Pistoia perché non è bello essere disoccupati a poco più di trent’anni ed essere alti due metri e dieci. Perché c’è sempre il cretino che ti domanda: “Lassù che tempo fa?” e non hai ogni volta voglia di rispondergli: “Il tempo che ti spari tra i marroni”. Che poi Andrea Crosariol abbia spesso la testa tra le nuvole, questo è un altro paio di maniche. Come è pacifico che, se anche fosse rimasto a casa e non fosse andato in America, sarebbe stato eguale. Checché ne possa pensare la Banda Osiris di Ciccioblack Tranquillo o il papà di Federico Mussini che ha spedito il figlio a giocare nei St. John’s Red Storm e spero almeno che abbia già capito che avrebbe fatto meglio a lasciarlo a Reggio Emilia. Dove ora sarebbe il playmaker intoccabile della GrissinBon con Kaukenas che gli insegna il mestiere. Difatti si fa presto a dire “è giovane: in fondo ha solo vent’anni” visto che la stessa cosa si diceva di Crosariol nel 2006 e dieci anni dopo ci siamo anche stufati d’aspettarlo. Perché nel frattempo il giovanotto di belle speranze ha cambiato dieci squadre, è stato alla Virtus di Bologna e a quella di Roma, ad Avellino, Pesaro e Venezia, e pure in Germania e in Polonia, prima di sparire in A2 a Reggio Calabria e d’essere dimenticato. Bollato come scansafatiche oltre che la disperazione di tutti gli allenatori della terra. L’altro giorno Crosariol ha messo le manette ai polsi di Riccardo Cervi e per questo la Gazzetta gli ha dedicato mezza pagina. Brava. Ma poi gli ha anche chiesto se si sente pronto per tornare a giocare in nazionale e qui mi sono proprio cadute le braccia. Oggi è la Befana. Che mi ha portato solo carbone e la ringrazio perché quest’anno mi sono ripromesso d’essere più cattivo ancora dell’anno passato. Del resto siamo sul serio messi molto male se penso che Cervi a primavera è ridotto in questi stati e dovrebbe essere a settembre il pivot che Ettore Messina va cercando per non convocare l’ipocondriaco Bargnani e vincere l’Europeo. Così come stiamo freschi, e difatti l’Italia è sotto zero, se Sky ci ripropone a tutte le ore del giorno e della notte il Basket Room o Rom, o come cavolo si chiama, nel quale si discute ancora di una storia trita e ritrita, rifritta e ribollita, come quella della finale-scudetto di Livorno con Milano che ha ormai 26 anni e che, se volete proprio sapere la mia, mi ha rotto le palle. Chiaro? Piuttosto Ciccioblack ci dica, come mi ha promesso nel gennaio scorso, da chi ha beccato il nero oltre che dal Montepaschi di Messer Minucci. Così mettiamo finalmente una pietra sopra almeno a questo mistero gaudioso. E giuro che lascerò Tranquillo in pace da qui ai giorni della merla. Che sono gli ultimi tre di gennaio. Né c’è da fare salti di gioia se Danilo Gallinari è quello che sto ora vedendo in televisione all’inizio del terzo quarto. Quando San Antonio ha tolto il piede dal pedale del freno e con un’acceleratina di Parker e Leonard ha asfaltato i Denver Nuggets. Sotto agli occhi del nostro cittì che non sapeva se ridere o piangere del Gallo che è uno straccio, difende poco o niente, attacca il canestro solo a babbo morto e gli avanza ancora di rimbrottare il suo coach, Mike Malone. Ma può farlo, a sentire So-na-lagna Soragna, perché “Danilo è un giocatore totale, cattivo, meraviglioso” quando “lo fa strano” e schiaccia a due mani con gli Spurs che sono però già con la testa nello spogliatoio. Alla fin fine i Nuggets ne hanno comunque beccati altri 127 in casa e non ne hanno segnati neanche 100. Dei quali appena 15 griffati dall’eroe nazionale di quelli di Sky. Evviva. Per me invece c’è poco da stare allegri mentre salgo a cavalcioni sulla scopa della Befana del basket e volo per non perdermi l’Eurolega che è una cosa seria. Si comincia con Fenerbahce-Armani. Poi Olympiacos-Panathinaikos e Real Madrid-Cska Mosca. Viva viva la Befana. Soprattutto se al calar della sera ti porta da Reggio Emilia la dolce notizia, vera al 101 per cento, di Rimas Kaukenas che torna a quarant’anni a giocare nella Grissibon. Che lo accoglierà a braccia aperte. Come un figliol prodigo. In verità ci sarebbe anche il derby di Bologna che, se però è l’evento dell’anno per la pallacanestro italiana, come ce l’ha presentato l’esagerata tivù di Murdoch, lo lascio volentieri vedere a voi in diretta che io me lo guardo domani. Se ne avrò tempo e voglia.