Ho sempre pensato che il colore della vergogna fosse il rosso. Poi stamattina ho letto la paginetta di basket della Gazzetta e mi sono dovuto ricredere: la vergogna è solo rosa o, al massimo, verde di bile. Come la faccia di Giannino Petrucci quando vede volare Reggio Emilia o anche la Mens Sana di Giulio Griccioli, già assistente a Siena di Simone Pianigiani, vade retro Satana, al comando della A2 con una squadra che non ha uno straccio di main sponsor ed è costata non più di due centesimi. Il tiranno di Valmontone le voleva affossare entrambe: mi dispiace, ci ha provato in tutti i modi, ma non c’è riuscito. Anzi. La GrissinBon senza Stefano Gentile, che era in gran spolvero, come dicono quelli bravi, è passata pure al PalaTrento dopo aver vinto anche a Brindisi e con Sassari e Venezia al Paladozza. Viva l’Italia. De Nicolao, Della Valle, capitan Aradori, Polonara e Cervi a primavera: con questi cinque si è imposta nel testa a testa finale, punto a punto, sull’altra ribelle di una serie A nella quale Reggio Emilia e Trento sono sicuramente le creature più belle e coraggiose. Per questo mi sarei aspettato che già lunedì Mamma Rosa avesse dato gran risalto al duello tra le due orgogliose orfanelle d’Europa e invece non aveva domenica spedito ai piedi del Monte Bondone nessuno dei suoi prestigiosi inviati. Preferendo dare maggior risalto a Milano-Caserta. Il cui esito era così scontato che anche mio nipote di cinque anni l’avrebbe indovinato e quello di sei avrebbe anche precisato: più venti per l’EA7. Come poi è stato. Senza Alessandro Gentile (furioso) e Milan Macvan (scassato). Insomma sarebbero bastate venti righe. Anche troppe. Tanto più che non è detto che la Pasta Reggia del Tigre, Sandro Dell’Agnello, finisca questo campionato che comunque Gelsomino piangente Repesa vincerà di nuovo con le braccia ad anfora sui fianchi e la giacchetta sempre più stretta sulle larghe spalle. Tanto più che per tutta la settimana non s’era parlato d’altro che dei campioni d’Italia impietosamente sconfitti martedì al Pireo e giovedì al Forum. Tanto più già all’intervallo della partita di Assago persino Giorgio Armani aveva tagliato la testa al toro e capito tutto al volo: “Ho molti dubbi che con questa squadra stanca, distratta e spompata possiamo conquistare l’Eurolega”. Ora non voglio fare il sapientino: ce ne sono anche troppi in giro. Né voglio insegnare il mestiere a qualcuno, men che meno a Andrea Monti, che della Gazzetta è il direttore. Ancora per poco: per la verità dicunt. Ma se fossi l’editore, e a Urbano Cairo importasse qualcosa del nostro basket, magari chiederei ragioni di tanto spazio dedicato a una sfida senza storia e così poco a una contesa dal sapore delle cose buone e gustose fatte in casa. E mi arrabbierei in ogni caso come un matto se il giorno dopo, ovvero oggi, la paginetta rosa numero 26 fosse interamente dedicata a Bruno Fitipaldo. Il quale potrebbe essere anche oggetto di una domanda finale in cabina ad un concorrente del nuovo Rischiatutto, esperto di basket, che non saprebbe però cosa rispondere a Fabio Fazio. Chi lo conosce? E sconsolato perderebbe sul più bello una montagna di gettoni d’oro. Fitipaldo è il playmaker uruguagio di Capo d’Orlando. In effetti ora che me lo dite mi pare d’averne sentito anche parlare bene, ma ugualmente non vi sembra esagerato che il venticinquenne di Montevideo abbia tolto spazio a Pietro il Grande a cui l’ArLecchino di Giannino ha regalato al massimo un rettangolino di quattro centimetri, alto sei, di taglio molto basso? Aradori era già stato fantastico la domenica precedente con Venezia: 18 punti, 2/4 da due, 4/5 da tre. Ma allora si disse: ha il dente avvelenato con la Reyer che nei playoff del 2015 lo trattò male e lo impiegò pochissimo. E per questo gliela fa pagare ogni volta salatissima. O kappa. Però se una settimana dopo fa ancora meglio: 26 punti, 4/7, 4/6, sette rimbalzi e sei assist, cosa dobbiamo adesso pensare? Che ce l’ha a morte pure con i fratelli trentini o non, piuttosto, che il talento del ventisettenne bresciano è finalmente esploso in tutta la sua prepotenza? Un giorno d’estate a Grado, addentando uno spago con le vongole, Tonino Zorzi propose a Max Chef Menetti: “A Venezia non hanno capito niente. Tu invece prenditi Aradori e vedrai: scoprirai un vero tesoro”. Difatti. E per dirla come piace a me e al Paron: “E che la Gazza vada pure in mona”.