A volte ritornano. Come Lassie. E non con le orecchie basse. Ma a testa alta. Mi è del resto sempre piaciuto immaginare che Simone Pianigiani non sia nato a Siena, dove pure è stato battezzato alla celebre fonte della Lupa, la nonna delle contrade, ma in una grotta. A Betlemme. Come Gianni Rivera e come lo ricorda Andrea Maietti, biografo ufficiale di Gioanbrerafucarlo, in un libro che avrebbe potuto avere maggior fortuna. Come il mio Nazareno. Che a 47 anni, da poco compiuti, è tornato in Terra santa. Dove allenerà l’Hapoel di Gerusalemme. E non storcete il naso. Lo so anch’io che l’ex amato cittì si sarebbe meritato ben altro e molto di più. Per esempio il Bayern di Monaco. Che gli faceva la corte dall’autunno scorso, ma i bavaresi nel basket hanno ancora le idee assai confuse e la priorità anche nel club di Uli Hoeness, in libertà condizionata dopo 21 mesi di prigione per evasione fiscale, spetta sempre a Sua Maestà il Calcio e alla squadra del Carletto Ancelotti. L’Hapoel Jerusalem non è comunque una società da poco. Anzi, è parecchio solida. Con un palasport da 11.600 posti che noi ci sogniamo. Campione d’Israele per la prima volta nella passata stagione, ha perso il titolo quest’anno solo nella finale dei playoff con il Maccabi di Rishon LeZion e non di Tel Aviv. Simone avrebbe potuto allenare pure l’Armani. Ma Gelsomino Repesa avrebbe dovuto perdere lo scudetto: un’impresa francamente impossibile. Anche se lo Yoghi croato ci ha per la verità provato in tutti i modi, ma non c’è proprio riuscito. Resta comunque il fatto che in Italia nessuno ha vinto sei scudetti e cinque Supercoppe di fila come il mio Nazareno. Neanche Ettore il Messi(n)a. Che ho visto bello carico in sella alla nazionale più forte di questo secolo. E non d’Europa come invece pensava Giannino Petrucci. Che aveva un grande cittì per le mani e gli ha voluto per gelosia creare terra bruciata intorno prima d’affossarlo. E ora ne ha un altro, magari anche più bravo, che avrà però vita molto più facile in un preolimpico che si gioca in casa, a Torino, contro squadre che non valgono granché come la demotivata Croazia di Aza Petrovic senza Tomic o la nuova Grecia senza Spanoulis, Zisis e Printezis. Anche se Bojan Bogdanovic, Ukic e Simon dovessero fare i bambini coi baffi. Ma non potete nemmeno farci credere che Gesù è morto di raffreddore. Quello che invece non devono assolutamente prendere Gallinari, Belinelli e Datome. Che ci mancò proprio nelle ultime partite dello scorso Europeo. Per il resto il mio compaisà può portare chi vuole: Poeta o Cinciarini, Della Valle o Aradori, Cervi o Cusin o anche entrambi. Certo è che ha dovuto ricredersi su Tonut. E questa per me è già stata una gran bella soddisfazione. Così come Ettore s’è innamorato di Abass. E non è il primo, né il solo. Molte sono le cose che avrei ancora da dire. Tanto che di sicuro me ne dimenticherò più di qualcuna. Per esempio adesso mi vorrebbero anche far credere che Simone Fontecchio è stato acquistato dall’Armata di Armani per poi girarlo in prestito gratuito, o quasi, alla Reyer o addirittura a Pesaro. Quando? Magari a Natale. Sotto l’albero. Accanto al presepe, il bue e l’asinello. O già prima se Alessandro Gentile dovesse entro fine mese cambiare idea e restare a Milano. La verità è un’altra ed è che So’ Simone, come si presentava Giorgio Panariello in Bagnomaria, scappato dalla colonia delle suore e innamorato di Manuela Arcuri, ora guadagna il triplo di quel che prendeva alla Virtus Bologna per la felicità sua e dei suoi agenti. Che sono Andrea Forti e Vittorio Gallinari. Amici miei. O almeno lo erano. Ma ve lo vedete voi in EuroLega? Sì, seduto in fondo alla panchina accanto a Magro. E in campionato? Sì, se non è l’ombra di Gentile. Il quale s’aspettava che il Barcellona gli facesse come nella scorsa estate ponti d’oro e invece i blaugrana di Xavi Pascual hanno adesso ben altro a cui pensare: per esempio stasera alla terza partita di finale a Madrid con il Real, dopo aver perso la seconda in casa, che volo subito a guardare su Sportitalia. Con Mitraglietta Gandini e il buon Orate Frates. Rinviando a domani altri discorsi. Come quello di Milano alla caccia di Jayson Granger, il playmaker uruguagio però sotto contratto all’Efes di Istanbul, o di Matteo Boniciolli che dice le parolacce in diretta televisiva scandalizzando il nostro piccolo mondo. Di parrocchiette e guerre di cortile. Che non sa dire bravo o brava a nessuno. Neanche alla Fortitudo che sta rendendo a Brescia difficile il ritorno in serie A. Pur con un solo americano (Daniel) e un Italiano vero. Di nome Nazareno. Come So’ Simone Pianigiani.