Mi ero anche stancato di parlare al vento e più ancora d’essere accostato alla figlia degenere di Priamo per la quale Apollo aveva perso la testa e le aveva dato in dono esagerate doti profetiche. E per questo me ne ero andato qualche giorno al mare di Grado lasciando che la Gazzetta pure scrivesse: “Azzurri in volo verso le Olimpiadi” dopo che gli azzurri avevano spezzato le reni al Messico. Ma Cassandra rifiutò di concedersi a quel dio, pure così bello, che, più nero del Ciccioblack dei nostri giorni, le sputò allora in faccia e la condannò a non essere mai creduta nonostante anche lo scemo del villaggio troiano avrebbe capito che nel cavallo di legno si nascondeva l’inganno di Ulisse e dei perfidi greci. In fondo che Giannino Petrucci avrebbe portato terribili sventure al basket italiano lo vado prevedendo da almeno un paio d’anni, ma nessuno mi ha mai dato retta e anzi, molto spesso, mi hanno anche insultato accusandomi d’essere persino più bastardo di Cassandra. Ma adesso come la mettiamo per esempio con Mamma Rosa? La quale oggi ha titolato: “Italia, è un disastro: Giochi proibiti, Croazia a Rio”. Accompagnando l’annuncio di una disgrazia, che per la verità neanch’io avevo avuto l’ardire d’annunciare, nonostante l’avessi annusata (eccome) nell’aria, con un angosciato coccodrillo del conte Umberto Zapelloni Mazzanti Viendalmare. Lo stesso che lo scorso settembre aveva parlato di fallimento della nazionale di Simone Pianigiani perché agli Europei di Lilla aveva perso senza Gigi Datome ai supplementari con la Lituania. Al punto da scandalizzarsi per il quinto posto ottenuto davanti proprio alla Croazia (nona), oltre che alla Russia e la Germania, da noi eliminate. E magari dimenticandosi di una vittoria sulla grande Spagna di Don Gel Scariolo oltre i cento punti (105-98) che ancora oggi è ricordata come una delle partite più belle giocate dagli azzurri nella loro storia. Nessuno mi toglie dalla testa, men che meno adesso, che il suggerimento al conte Zapelloni fosse arrivato dal Palazzo. Il presidente federale difatti aveva già da tempo deciso di far fuori Pianigiani. Forse perché non l’aveva scelto lui come commissario tecnico, ma Dino Meneghin. O forse perché semplicemente Simone è di Siena e mangia solo con me il pollo con le mani. Fatto sta che, uno alla volta, se li è comprati tutti i giornalisti del reame. Dicendo a ciascuno che era il più in gamba e distribuendo ad ognuno coccole, premi, onorificenze e veline in cambio di un coro di consensi esagitati per il ritorno di Ettore il Messi(n)a alla guida della nazionale di Gallinari e Belinelli. Ora sia chiara una cosa prima che vi venga qualche dubbio a (s)proposito: sarò anche Cassandra o, se preferite, il Don Chisciotte più matto di questa terra e nemico dichiarato di tutti i mulini ai quali Giannino dà vento, ma posso straordinariamente anche essere d’accordo con il vice direttore della Gazzetta quando ancora oggi scrive che il miglior allenatore italiano è sempre e comunque il mio compaesano al quale Tonino Zorzi diede un calcio sul sedere e lo mandò a Padova alla scuola di mastro Vittorio Tracuzzi per imparare il mestiere che l’ha reso ricco e famoso anche oltre oceano. E che continua a fare molto bene. Però non penso che sia tanto più bravo del figlio della contrada della Lupa che ha vinto l’ultimo Palio. Semmai entrambi sanno dare il massimo quando possono gestire una squadra tutti i giorni e non solo un mese all’anno. Come del resto il Conte Antonio. Il quale proprio la settimana scorsa ha confessato d’aver fatto tesoro dei buoni rapporti che aveva avuto con Pianigiani ai tempi in cui tutti e due erano a Siena. E l’ha detto in conferenza-stampa, ma Sky, che pure durante gli Europei di calcio contava a Conte persino i peli che non aveva solo in testa, si è ben guardato dal riprendere con enfasi il giusto riconoscimento fatto dal miglior tecnico del mondo del pallone all’allenatore di ben sei scudetti vinti di fila, vi piaccia o non vi piaccia, con la Montepaschi. E questo perché Pianigiani è amico mio e non certo dell’invidioso Ciccioblack Tranquillo e dei suoi compagni di merende che dal primo momento gli hanno fatto una guerra senza motivo se non quello d’aver mal digerito le sistematiche bastonate prese dal loro idolo Gas Gas Trinchieri. In verità non posso neanche negare che mai avrei immaginato che il Messi(n)a con la nazionale migliore di ogni epoca secondo Petrucci, ormai più fuori di una grondaia, potesse perdere un duello di tale importanza con Aza Petrovic. Sulla spalla del quale ho anche pianto per la morte del caro fratello, però ugualmente adesso non mi potete venire a raccontare che è più bravo a insegnare pallacanestro che a giocare a carte perché evidentemente non lo conoscete. Piuttosto non mi meraviglia che dopo la Caporetto di ieri con la Croazia, dalla quale martedì ci aveva salvato Daniel Hackett, e non mi sbagliavo, nessuno abbia già chiesto le dimissioni di Petrucci che è il colpevole principale dell’Italia fuori dai Giochi di Rio ma anche dello sperpero di danari per organizzare il preolimpico di Torino o di una Lega che lui ha distrutto per restare legato al collare di Bau Bau Mann. Ve l’ho già detto: tutti i giornalisti sono sotto la sua cappella e non sarò certo io allora a consigliargli d’andarsene. Anche perché pensavo, ma non è il mio forte, che, se si fosse tolto stanotte dalle palle (dei canestri), sarebbe stato già tardi.