Rispetto le opinioni di tutti. Anche se non sono democratico e penso per esempio che gli ignoranti, i razzisti e gli imbecilli debbano fare una cosa soltanto: tacere. Anche per sempre. Una cara amica mi ha educatamente contestato scrivendomi che non è Federica Pellegrini la prima donna della storia dello sport italiano di tutti i tempi, ma semmai Valentina Vezzali che è l’azzurra più medagliata di sempre. Può anche darsi. E allora perché non Deborah Compagnoni, campionessa olimpica ad Albertville, Lillehammer e Nagano? Se bastasse solo contare gli ori vinti ai Giochi e ai Mondiali, è facile stabilire chi è o chi è stata la più grande. E in questo la meravigliosa fiorettista di Jesi non ha assolutamente rivali. La mia hit parade non può però non tenere anche conto del valore delle discipline nelle quali le nostre regine hanno primeggiato. E così è innegabile, senza togliere niente alla scherma e allo sci alpino, che il nuoto sia tra gli sport olimpici secondo solo all’atletica. Come il basket, tra gli sport di squadra dei cinque cerchi, è una pista davanti al calcio. Vi piaccia o non vi piaccia ammetterlo. In più Fede è veneziana del mio stesso segno: il leone. E quindi lasciatemi per una volta (ancora) essere di parte e, allo stesso tempo, non negare d’essere un gobbo. Maledetto anche, se vi piace, ma fiero d’esserlo dalla culla. Ho fatto ieri due conti: da quando sono nato la Juve ha vinto 26 scudetti. Non pochi. Ma è stata durissima. Ad esempio per essere del Toro cosa ci vuole? Basta odiare la Signora. Alla quale giornalisti anche importanti, da Giampaolo Ormezzano a Gigi Garanzini, dalla Gramella alla Granello, hanno sempre riservato attenzioni irripetibili. Per essere bianconero invece devi accettare a priori d’essere odiato da tutti. E startene anche zitto e buono. Altrimenti ti tirano fuori la Fiat, gli Agnelli, Moggi, Lapo e non è più finita. Per chi tifasse Gregorio Paltrinieri non avevo dubbi. Anche se il suo cuore è diviso tra la sua Juventus e ora il Carpi, neopromosso in serie A. Ma non poteva essere del Milan e men che meno dell’Inter. E per favore non chiamatelo Greg: è italianissimo pur allenandosi spesso in Australia. A Melbourne con Mack Horton. Un bell’italiano. Con l’apostrofo. Come direbbe quell’attrice. Ventuno anni tra un mese. Semmai chiamatelo Gregorio Magno ora che è diventato campione del mondo dei 1500 o, se preferite, delle 30 vasche a stile libero. E non 32 come ha scritto l’inviato della Gazzetta a Kazan, Riccardo Crivelli. Fossero state trentadue magari Paltrinieri avrebbe anche perso la corsa all’oro. Perché Jaeger, l’americano in rimonta, era ormai arrivato a toccargli le caviglie e il carpigiano, che va matto anche per il basket e i Knicks, l’ha ripetuto tre volte, prima di salire sul podio, che era morto morto morto negli ultimi cento. Per la verità ha anche detto d’aver fatto una brutta gara e d’essere stato destabilizzato da quella corsia alla sua sinistra vuota. “Ma dov’è finito Sun Yang? Mi domandavo prima della partenza. Ma come? Sono settimane che mi sto preparando per batterlo e quello neanche si presenta alla finale?”. Simpatico da matti. Spontaneo e un po’ bugiardo. Un attore nato. Bene o male infatti Gregorio ha sbriciolato il record europeo dei 1500 e con quel tempo avrebbe probabilmente lo stesso preceduto il cinese. Che non ha gareggiato chissà mai per quale ragione. Mettiamoci il cuore in pace: non la conosceremo mai. Soprattutto perché Sun Yang è stato già squalificato (tre mesi) per doping e una ricaduta, chiamiamola così, lo avrebbe definitivamente scomunicato. Oppure dobbiamo credere ad uno scompenso cardiaco dell’ultimo momento, come sostiene lui, o a una rissa in piscina scoppiata durante il riscaldamento con una nuotatrice brasiliana in difesa della quale sarebbero accorsi quindici connazionali con le spalle tutti ad armadio? Come no? E pure a due ante. E il campione olimpico se la sarebbe cavata anche senza un graffio? E nessuno ha visto niente? Sì, buonanotte.