Cosa ci vorrà mai? Basta un cicinin di fantasia e le fiabe del basket sono capace di raccontarvele anch’io. Dunque c’erano una volta a Portsmouth, nella contea di Rockingham, sulla costa atlantica, tre fratelli di colore così uguali, ma così uguali, che non riuscivi a distinguere Josh da James, detto Jesse, o da Jerry, amico di Tom. E viceversa. Difatti erano gemelli monozigoti, cioè nati dalla fecondazione di uno stesso ovulo e ovviamente da una stessa madre, la cattolicissima Rossella. La quale assolutamente non voleva che i suoi tre figli, lunghi e magri, ancora piccoli, andassero dopo il vespero a giocare al campetto del porto frequentato da brutti ceffi. E così, specie nei fine settimana, li spediva in campagna da nonno Sam, un pezzo d’uomo, grande e forte, che aveva fatto i soldi con le galline del New Hampshire, famose nel mondo per la produzione di uova dal guscio rossiccio più grosse di quelle di Cristoforo Colombo. Nonno Sam si godeva la pensione nella tenuta di campagna che si perdeva a vista d’occhio tra campi di frumento e granoturco. O, se preferite, di cocomeri e zucche. O, più poeticamente, di papaveri e girasoli. Josh, James e Jerry andavano molto volentieri a trovare il nonno che con quattro chiodi aveva fissato al tronco della vecchia quercia, che dava ombra a tutto il cortile e dimora a centinaia di uccellini, un canestro con retina alto non più di due metri da terra. Pure Nonno Sam, quando frequentava l’università del Kansas, giocava a pallacanestro e ha poi confidato ai suoi tre nipotini, seduti intorno a lui davanti al caminetto acceso, d’essere stato anche più forte di Wilt Chamberlain. Sul più bello però si ruppe i crociati d’entrambe le ginocchia, è un classico, e dovette rinunciare agli Harlem Globetrotters che nel 1958 l’avevano ingaggiato insieme a Chamberlain. Del quale conserva a tutt’oggi una foto in bella mostra sulla credenza della cucina. Di modo che nessuno potesse e possa dubitare di quel che andava e ancora va raccontando a tutti. E qui apro e chiudo in fretta parentesi: chissà perché, nelle favole di Buffa e Tranquillo, il caminetto non è mai spento nonostante quel che costa di questi tempi la legna. E perché la nonna dello zio del fratello di Michael Jordan prepara sempre la crostata di mele e mai di prugne o di ribes che sono altrettante buone? Mistero. Dunque Jerry, amico di Tom, Jesse James e Josh giocavano a basket nel cortile sotto la grande quercia e nonno Sam dalla veranda non li perdeva d’occhio fumando la pipa e dondolandosi sulla sedia che non poteva che essere a dondolo. Josh saltava come un grillo, James ce la metteva tutta, mentre Jerry avrebbe avuto del talento, ma era svogliato e indisponente. Ma ora mi domanderete: come faceva nonno Sam a distinguerli se i tre fratelli erano uguali come gocce d’acqua? Semplicemente Jerry vestiva una maglietta rossa, Josh una azzurra e James una verde. Che qualche volta anche si scambiavano tra loro per prendersi gioco del caro nonno. Che alla fine non ci capiva più un bel niente. Ma il gioco dei tre gemelli Owens da Portsmouth, diventati grandi e alti due metri e sei centimetri, è durato sino all’altro giorno. Quando Carletto Recalcati, che è il nonno di tutti gli allenatori italiani, ha cominciato come me ad avere qualche sospetto ed ha scoperto l’imbroglio. Perché Josh, cresciuto nei Stanford Cardinals, non poteva essere lo stesso che l’anno scorso a Trento aveva fatto faville. Difatti Josh, non volendone sapere d’andare a giocare nella squadra del sindaco di Venezia, è scappato in un maso non lontano da Madonna di Campiglio e alla Reyer di Brugnaro ha spedito suo fratello Jessi Owens che nel salto in lungo sarà anche un fenomeno, ma non nell’alto se a Bologna contro la Virtus in tutta la partita ha catturato un solo rimbalzo quasi per sbaglio. E allora cosa ha fatto? Ha fatto arrivare dagli States il terzo gemello, Jerry, irriconoscibile – come ha scritto l’amico Stefano Babato sul Gazzettino – rispetto allo Josh della passata stagione. Il quale domenica a mezzogiorno è sembrato svogliato e indolente come da piccolo e ha commesso in un amen quattro falli, uno più stupido dell’altro, manco a farli apposta perché gli arbitri glieli fischiassero e lui potesse andare a dormire sulla panca. Morale della favola: il gioco è bello finché dura poco. Difatti oggi Josh Owens con le orecchie basse si è presentato a Re Carlo dopo avergli confessato d’essersi nascosto per tre mesi in una malga del Trentino. E così domani debutterà in oro-granata contro Nancy sotto gli occhi di Jerry e Jessi smascherati. E sarà tutta un’altra musica: questo è poco ma sicuro. Lo assicura nonno Sam.