Non ci si può più lamentare se poi i giornali perdono copie

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L’incipit di oggi è un post scriptum. Cioè un ossimoro. Ieri mi ero dimenticato d’inserire nella specie sempre più rara dei fuoriclasse ancora esistenti nel mondo del giornalismo sportivo nazionale, e per questo razza protetta dal WWF, anche Gianluca Di Marzio, 45 anni, figlio del mitico Gianni (80) che ha allenato il Napoli in serie A e il Genoa in serie B. Ottenendo tre promozioni dalla B alla A: la prima nel 1976 con il Catanzaro, la seconda con il Catania nell’83 dopo gli spareggi di Roma contro il Como e la Cremonese e infine nel 1998 da dirigente (direttore sportivo) con il Venezia di Maurizio Zamparini e Walter Alfredo Novellino detto Monzon. Quando Gianluca muoveva i primi passi in una televisione privata di Verona (Telenuovo) e faceva le telecronache proprio delle partite della squadra lagunare di Luppi, Iachini e Schwoch. Poi nel 2004 il gran salto a Sky. Come vedete, chiuso nella mia stanza con la finestra sulla piazza e la gente in coda davanti ad Alì (supermarket), ho avuto ultimamente tutto il tempo che volevo per tornare agli studi (in farmacia) abbandonati nel ’76 e così adesso, credo, d’essere abbastanza aggiornato anche nel calcio. Oltre che nella pallacanestro. Di cui vi parlerò più tardi. Se farete i bravi e intanto vi lavate le mani. Come consigliano Prezzemolo Amadeus e da venti secoli Ponzio Pilato che ne sono certo: almeno lui non avrebbe mai preso il virus. Forse perché alla stessa età di Gianluca Di Marzio, trent’anni, mese più mese meno, anch’io da Mestre (e dal Diario di Venezia) mi sono trasferito a Milano per finire il praticantato al Giorno in via Fava. Prendendo il posto, solo fisicamente, per carità di Dio, non sono vanesio come Aurelio De Laurentiis, di Gioann Brera fu Carlo che era passato al Giornale di Cilindro Montanelli subito dopo che il Milan del Barone Liedholm aveva vinto la stella. Dividevo l’ufficio al quinto piano con Franco Grigoletti, Mario Fossati e Gian Maria Gazzaniga. Altri tempi. E avevo una camera, con vista sul campo di calcio e d’allenamento del quartiere, al residence Leonardo da Vinci di Bruzzano che confinava con quella della piccola e timida Milva, poco più che ventenne, pure lei veneta di Nogarole Rocca, provincia di Verona, che all’epoca flirtava con Alberigo Evani, l’ex terzino rossonero di Righetto Sacchi che oggi, diventato il vice di Meches Mancini in nazionale, chissà perché non vuole più che simpaticamente lo chiami Bubu. Anche Milva, crescendo e prosperando, preferì cambiare nome in Eva Grimaldi. Di cui ho seguito l’evolversi della brillantissima carriera: Drive In, un film (Intervista) di Federico Fellini e un altro (Tolgo il disturbo) di Dino Risi, la copertina di Playboy, cinema e teatro, il Bagaglino, una lunga e tormentata storia con Gabriel Garko, Ballando con le stelle, sposata e divorziata, numerose fiction sulle reti del gruppo Fininvest, L’isola dei famosi (terza classificata) e Tale e quale show, civilmente legata dallo scorso maggio a Imma Battaglia, leader del movimento di liberazione omosessuale in Italia (LGBT). Di sicuro, stando ormai da due settimane tappato in casa, sto diventando un gran bel bighellone che però, alla fin fine, non si perde e ritrova sempre il filo del discorso. Dicevo all’inizio che Gianluca Di Marzio è un fuoriclasse e lo confermo. Indiscusso Signore del mercato si è costruito intorno una tale ampia rete di conoscenze e d’informatori che è quasi impossibile che gli sfugga il trasferimento di un giocatore da un club ad un altro o solo la voce di una trattativa in corso. Non sbaglia insomma un colpo e se la notizia di Ronaldo alla Juve l’è venuta a sapere un secondo dopo l’annuncio di Andrea Agnelli e Fabio Paratici probabilmente ce l’aveva da mo’ sulla punta della lingua, ma era troppo grossa spararla senza che anche quel volpino di suo padre Gianni non gli dicesse “inventatene un’altra”. Anch’io per il Giorno e per qualche estate mi sono perso ossessivamente dietro al mercato di giugno-luglio e mi diverte ancora pensare quante balle mi dovevo inventare per stare al passo di Davide Messina che la mattina, facendosi la barba all’Hilton, chiedeva al suo barbiere di suggerirgli qualche acquisto o vendita o giro di calciatori che avrebbe gradito leggere il giorno dopo sulla Gazzetta. E lo scriveva. In verità centrai in pieno i clamorosi passaggi di Ilario Castagner e di Fulvio Collovati dal Milan all’Inter e pure quello inatteso di Massimo Bonini dal Cesena alla Juventus, ma solo perché, ora lo posso confessare, avevo una talpa a Milanello che mi è costata un mare di cene, mentre lo scoop bianconero fu un regalo che mi fece Giampiero Boniperti al quale riuscivo particolarmente simpatico. Dal 2004 con l’arrivo di Gianluca a Milano è cambiato invece tutto: ora infatti è la stessa Mamma Rosa che aspetta che Calciomercato-L’Originale, il programma del bravo Alessandro Bonan con più seguito su Sky Sport, vada in onda alle 23 per sbaraccare ogni volta la prima pagina e fare un nuovo titolo indicato dalle ultime news di Di Marzio. E se il giornale non può tirar così tardi? Pazienza: vorrà dire che si prende il buco e lo tapperà ventiquattr’ore dopo. Se invece al suo direttore proprio non importa un fico secco di fare un buon giornale succede che Gianni Mura muoia sabato alle 8 del mattino e il Gazzettino di domenica gli dedichi una manchette di sette righe buttate giù in tutta fretta, come testimonia la foto che vi ho qui sopra riproposto mentre mi cadevano le braccia e tra me e me pensavo che nessuno d’ora in avanti potrà mai più lamentarsi e domandarmi perché il Gazzettino e il Giorno perdano lettori, autorevolezza e copie a rotta di collo. E adesso? Sono passate da poco le 23 e quindi, dal momento che di certo non si fermano le rotative se non per una “bomba” di Gianluca o una “cazzata” di Matteo (quale? Renzi o Salvini fa lo stesso) posso tranquillamente scrivere quel che voglio di basket senza correre il minimo rischio che mi copino prima di domani. Quando magari si faranno belli con la mia notizia. Bravi. Però, se vi becco, saranno poi cavoli vostri. E’ stata rinviata a mercoledì la video conferenza delle diciassette società di serie A che era stata programmata per domani. Il motivo? Semplice: la triade ArmaniVirtusReyer ancora impegnata nelle coppe europee vuole vedere cosa deciderà domani Jordi Bertomeu in merito all’EuroLega e all’EuroCup, delle quali è padre e padrone, per regolarsi di conseguenza. Nel senso che, se il presidente catalano dovesse irresponsabilmente ancora temporeggiare, come prevedo, anche la Lega di Umberto Gandini la prenderà molto alla larga e di nuovo rinvierà qualsiasi decisione in merito alla ripresa del campionato che utopisticamente potrebbe ricominciare nella seconda domenica di maggio e ovviamente a porte chiuse. Sperando davvero che la pandemia in Italia abbia sabato raggiunto il picco. Nel caso invece Bertomeu dovesse disporre, come non credo, la definitiva cancellazione d’entrambe le rassegne europee, posso tranquillamente scommettere che le tre ricche italiane andranno incontro alle richieste dei club dei peones, ai quali si è aggiunto ieri Mauro Ferrari, ad della Germani Brescia, che da settimane implorano la chiusura immediata della stagione come si è deciso oggi anche in Grecia o come ha chiesto la serie B a Petrucci ottenendo la sua approvazione. Anche perché pare che per una volta Giannino mi abbia dato retta capendo che, se sono stati rinviati gli Europei di calcio e la stessa cosa accadrà per le Olimpiadi di Tokyo dopo i ritiri odierni di Canada, Australia, Gran Bretagna e Norvegia, perché noi, che siamo la nazione più colpita sulla terra dal coronavirus, vorremmo finire di giocare il nostro campionato di palla nel cestino come se niente fosse successo? D’accordo, il Banco di Sardara perderebbe di ricevere gli ultimi contributi dalla regione Sardegna. E l’Armani e la Virtus non potrebbero strappare lo scudetto alla Reyer. Ma almeno non ci faremmo ridere dietro e compatire dal resto del mondo. Penso anzi che dovrebbe subito intervenire a piè pari sulla triste faccenda il ministro Vincenzo Spadafora tagliando la testa al toro e dicendo “basta con questo tiramolla: non si gioca. Punto. E arrivederci alla prossima stagione”. Solo che sarebbe molto facile imporlo con un decreto lampo alla Lega della pallacanestro senza sponsor e un po’ meno alla Lega di Sky, Tim e compagnia bella.