Non ci sono regali di Natale sotto l’albero se non quello che Sacripantibus ha fatto alla Pasta Reggia, ma domani mangerà anche lui il panettone perché il presidente della Sidigas non ha la stessa passione per il basket di Stefano Sardara e poi non si licenzia nessuno alla vigilia di Natale. Eccezion fatta per quei ventotto poveri operai dei cantieri navali dell’Arsenale di Venezia. E non c’è una squadra sola al comando della serie A perché l’Emporio Armani del Gelsomino dai mille alibi di ferro è stato capace di perdere persino a Pesaro. Come c’era riuscita pure l’Umana dieci giorni prima. E’ una campionato di ciapa no: ve lo vado invano ripetendo da settimane. Assieme al mio pappagallo tutto verde con l’occhio giallo. Come cantava Sergio Endrigo. Difatti, se io ho ormai perso la voce, lui è diventato rauco. La tredicesima è arrivata ieri anche a Sassari e, imprevista, pure a Varese in una giornata in cui Vitali è tornato a fare il Superbone. Di modo che Trento e Pistoia hanno potuto raggiungere Milano, Reggio Emilia e Cremona in testa alla classifica. Delle quali tre non so chi abbia giocato peggio. Probabilmente l’Armata di Repesa che è ormai diventata una sorta di reliquia: guai a chi lo tocca. A parte Sandro Gamba, bravo come sempre nelle sue trenta righe del post partita a tamburo battente e col bisturi tagliente. Che ha chiuso scrivendo: “La Vuelle sta a galla per miracolo. La cosa migliore che ha è il figlio di Daye. Ma l’Armani ha perso da Christon e Lacey. Senza personalità e identità. Resto allibito”. Il match di Pesaro non l’ho visto. Quindi posso aggiungere ben poco. Se non che il prossimo che mi sussurra ancora all’orecchio che “l’EA7 gioca meglio senza Alessandro Gentile tra le scatole” gli strappo la lingua e gliela annodo. Ho visto però in televisione Avellino-Caserta e Sassari-Reggio Emilia di cui adesso vi racconto in breve. Ho pensato all’intervallo lungo d’aver individuato nella Pasta Reggia la squadra che con grande (mio) dispiacere sarebbe potuta retrocedere quest’anno. La Sidigas baldanzosamente era infatti avanti di 21 punti e quasi del doppio (44-23). E invece alla fine ha vinto Caserta e pure di otto lunghezze. Cosa è successo nel secondo tempo è presto detto: la partita l’ha persa Sacripantibus che, innamorato perso di Marques Green, l’ha tenuto in campo 15 minuti su 20 e il playmignon di un metro e 65 gli ha dato prova di grande riconoscenza spadellando cinque triple una più sgangherata dell’altra e non soltanto: ha pure perso tre palle, ha finto di difendere su Daniele Cinciarini (mvp dell’incontro) e soprattutto ha con i suoi fastidiosi palleggi definitivamente guastato il parquet di Avellino che ora ha più buche di quelle che trovi nelle strade della capitale. Son contento per Sandro Dell’Agnello, il mio Tigre, che il suo motore ha messo in una squadra che magari anche si riuscirà a salvare, ma adesso ditemi: chi retrocederà in questo benedetto campionato del ciapa no più appassionante nella coda che nell’amorale ammucchiata per lo scudetto? Torino (ultima) non di sicuro. E neanche credo Capo d’Orlando (penultima). E allora? Magari se ne riparla domani. Anche se è Natale. E ci faremo gli auguri. O a Santo Stefano quando Sky ci offrirà alle 20.45 Cremona-Milano che per nessuna ragione si può perdere. Anche con il panettone e l’indigeribile pizza-reunion di Buffa-Tranquillo ancora sullo stomaco. Guarderò anche quella facendomi forza: statene certi, lo giuro. Mentre per la rovinosa caduta della Grissin Bon a Sassari credo che Max Chef Menetti non ne debba fare un dramma. Uno perché il Banco di Sardara non poteva non avere prima o poi un sussulto d’orgoglio. Due perchè non era, e non è, una squadra tutta da buttare checché ne pensasse MaraMeo Sacchetti. Tre perché quando segna a raffica Logan non c’è trippa per gatti. Quattro perché Sassari ha finalmente capito che senza Sardara il basket rischia di morire in tutta la Sardegna e si è rituffata tra le braccia del presidente dello scudetto. Che invece la Grissin Bon non possa andare molto lontano se Kaukenas per una partita che gioca ne salta quattro o Polonara fa flanella una volta ogni tre, questo a Reggio Emilia lo sanno anche i topini che ballano sul parmigiano e s’ubriacano di Lambrusco. Facendosene un baffo dei brutti gatti neri.