Una hirundo non facit ver. Anche se il 20 marzo non è poi così lontano. E tra tre settimane e mezza è Pasqua. No, cari Di Maio e Salvini, non parlo in ostrogoto, ma ho semplicemente tradotto dal greco al latino un proverbio di Aristotele. Che non è il bomber di Oronzo Canà (Lino Banfi). E semmai Aristoteles. Ma il filosofo della Tracia che nella sua celeberrima opera Etica Nicomachea spiega che una buona azione una tantum non fa un uomo buono. Nico che? Sì, buonanotte. Una rondine non fa primavera. E nemmeno una schiacciante vittoria sul Banco di Sardara. Tanto più che, come ha simpaticamente scritto l’amato (ex) cittì Sandro Gamba su Repubblica, “contro i sardi mi sarei potuto mettere in braghe persino io”. A 85 anni. Però il 116-93 di domenica al Forum non può nemmeno passare come una stella cadente nella notte di San Lorenzo. Ho visto finalmente l’Armani di Simone Pianigiani divertirsi e sorridere. E questo per me significa molto. Anche se non parlo ancora di controtendenza o di svolta perché magari tra due giorni a Mosca, in EuroLega con il Khimki, le scarpette rosse di nuovo ne prendono più di cento e perdono di trenta. E poi gli ArLecchini di Mamma Rosa mi sbeffeggiano dietro. In fondo il basket è un gioco. Anche molto bello. E allora basta con quelle facce da funerale o quegli sguardi persi nel vuoto. Lo dico a Dada-umpa Pascolo: cheese, ti prego. Ma anche al mio Nazareno che è diventato persino più pallido del Livido Proli. D’accordo, arrivo a capirlo: i giornalisti di Milano erano andati domenica al Forum con le granate in tasca e le mitragliette sotto al banco del recinto-stampa. E non aspettavano altro che strappare la sicura dalla spoletta o sparare a raffica alla prima cosa che all’Armani fosse andata storta. Contro lui che chiamano Piangina o, meglio, Piangigiani. E gli cantano alle spalle: “Su piangi un po’, eh eh, su piangi un po’, eh eh, o Piangigiani piangi un po’, oh oh”. E c’era in effetti ben poco da ridere neanche dopo un iniziale 14-1 facile facile, però nel gelo assoluto, e un 32-23 alla fine del primo periodo senza applausi. Ed infatti erano bastate tre triple di Tavernari e due di Hatcher e un parziale di 2-12 per sentire, nel palazzo degli spiriti di Assago, alzarsi i primi fischi convinti e sino a quel momento imprigionati a stento. E stava già montando la contestazione con una nuova panolada, che era piaciuta un sacco ai media giovedì con l’Efes, quando all’improvviso Andrea Cinciarini ha deciso di svestire i panni dei depressi e di sorridere alla pallacanestro. Che è gioia e non tormento. E Jerrells gli è andato dietro. E poi anche Goudelock e Gudaitis. Uno più felice dell’altro. Per questo ho pubblicato la foto del Cincia che balla e si spancia con Curtis in mezzo al parquet. E Milano è in festa con loro quasi non aspettasse altro. Perché non è vero che va al Forum per urlare al presidente che non è capace di comprare o di vendere come gli ha scritto Oriani o come vorrebbe la torre di Pisa che pende dalla parte della Banda Osiris e spinge Gas Gas Trinchieri al timone e Muto Gherardini al comando della nave crociera del gruppo Armani. Ma va al Forum per ritrovare l’entusiasmo per una squadra che l’ha tradita troppe volte, soprattutto in EuroLega, ma che vedrete se mi sbaglio: vincerà lo scudetto non appena il mio Nazareno non avrà fatto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma piuttosto avrà tagliato i rami secchi e rigettato in mare i pesci fuor d’acqua. Sono di giorno in giorno del resto sempre più convinto che, al di là delle fatiche d’Ercole nelle coppe, ai tempi dei playoff trionfino le quattro o cinque semplici regole della casa del sidro: 1. pochi ma buoni; 2. al massimo si attacca e ci si difende in otto-nove; 3. dodici star sono troppe perché finisci per scontentarle tutte; 4. gioca con il sorriso sulle labbra e non con la morte nel cuore; 5. non badate ai giornalisti se ne siete capaci. Senti chi parla? Perché tu chi sei? Scegliete pure: un pennivendolo da strapazzo o un Cappellaio Matto. Ero un Don Chisciotte, ma mi sarei anche stufato di combattere i mulini a vento di Sky e di Mamma Rosa che tanto si fanno sempre più del male da soli. Però, se Simone me lo chiedesse, glielo direi che prima di tagliare Kalnietis ci penserei due volte e piuttosto darei un calcio sul sedere a Jordan Theodore che 1. è apatico; 2. fa i buchi sul parquet tanto palleggia; 3. non ho mai conosciuto un play più egoista di lui; 4. non passa mai la palla ai compagni se non raramente al mini-Mamba; 5. non dialoga con Gudaitis e non innesca mai Tarczewski che sono invece signori pivot. Infine Oriani e Pisa vanno pazzi per lui. E questo sarebbe un buonissimo motivo per cui Proli lo dovrebbe cacciar via non tra una settimana, ma domani. Imbarcandolo sul primo volo del mattino per la Macedonia o per gli States.