Se riuscissi a leggere i miei appunti, quelli che prendo al volo sul block notes a quadretti, sarei a cavallo. Scrivo invece peggio di una gallina isterica o di un medico della mutua sbronzo. In compenso ho una memoria d’elefante e dunque mi spiace per tutti i cani che ogni giorno mi abbaiano e per i corvi che mi girano intorno, ma non mi dimentico ancora (quasi) nulla di quel che è accaduto nella (mia) vecchia fattoria “ia ia o”. Per esempio mi ricordo benissimo di Flavio Tranquillo che in una tiepida giornata di fine maggio, mentre ero seduto sulla riva del fiume aspettando che passasse chi so io, mi ha sfidato seriamente a duello con una lettera che non poteva essere farina solo del suo sacco visto che era scritta troppo bene. Come mi assicura uno dei miei dieci avvocati di famiglia che ha letto anche l’ultimo suo libro: Altro tiro, altro giro, altro regalo (16 euro). E non gli è piaciuto. Non stento a crederlo, ma non sono qui ora per sparare sulla croce rossa: sarebbe troppo facile e di cattivo gusto. Soprattutto dopo che la Bandissima si è completamente sfasciata quest’estate sul palcoscenico dell’isola dei Conigli e Virginio Bernardi ha perso persino il controllo della Reggia. Se è vero, ed è notizia di ieri, che a Caserta si è installato il Markowski, che non è certo un cavallo della sua scuderia, mentre continua a trottare l’Atripaldi che col gioco delle tre tavolette (me ne vado, forse no, resto) può imbarcar cucchi (stupidi), ma non ancora il sottoscritto e il (mio) concittadino Lele Molin che non è caduto nella trappola e almeno non ha dato le dimissioni salvando lo stipendio sino al 30 giugno. A Flavio Tranquillo avevo anche subito risposto: accetto il duello. E mi ero scelto pure i testimoni: il Paron Zorzi e il Livido Proli. Ma sono passati cinque mesi e mezzo e lui non si è più fatto vivo. Neanche attraverso i suoi legali. Forse ha paura e lo capisco: col fioretto non son male, venendo dall’illustre scuola mestrina del maestro Di Rosa, ma pure di sciabola mi so difendere da solo. E poi ho sempre l’arma della satira che lui non sa neanche dove stia di casa. E’ notizia invece di oggi che Nelson, non l’ammiraglio Horatio ma l’ala-pivot Spencer, ha raggiunto a Venezia i suoi ex compagni senesi Ress, Viggiano e Ortner. Certo è che Gigetto Brugnaro avrebbe fatto molto prima a comprare la scorsa estate tutto il Montepaschi in liquidazione e così, oltre a risparmiare qualche soldino, se non altro nell’ingaggio di Cameron Moore, rispedito in patria senza patente, non avrebbe probabilmente perso neanche con l’Armani. La quale non se ne sta però con le mani in mano. Anzi, se stasera in EuroLega batterà, come è assai probabile, i campioni di Polonia che non so neanche come si chiamino, mi pare Turow ma mi potrei sempre sbagliare, sono sicuro che domani, o al massimo sabato, ufficializzerà l’acquisto di un’altra stella di Siena che è rimasta nel cuore della città del Palio. Ovvero sia, tenetevi forte: Bo McCalebb. Che nelle due ultime stagioni ha giocato tra alterne fortune nel Fenerbahce, prima con Pianigiani e poi con Obradovic. Insomma Natale è ancora lontano, ma Luca Banchi ha già abbandonato la strada nuova per la vecchia ed è tornato a Canossa, cioè nella sicura Siena, dove ha lavorato per sette anni di fila vincendo sempre tutto. Un calcio allora subito a Trenton Meacham che non più tardi di ieri mi ero domandato cosa l’avesse comprato a fare. Un retino per i voli pindarici e le farfalle in aria. Come MarShon Brooks, uomo avvisato mezzo salvato. E i piedi di nuovo sulla terra. Tanto a Venezia, come a Milano, c’è Pantalone, seduto in prima fila, che paga. E l’importante è sempre e solo essere esagerati. Quanto a Bo McCalebb, neanche trent’anni, naturalizzato macedone e quindi comunitario, non vi dovete domandare se può giocare insieme a Ragland perché lui sarà presto il playmaker titolare e l’ex canturino la sua riserva. In più per l’Europa, e in futuro anche per i playoff, c’è sempre Hackett. Vi dovreste piuttosto chiedere come mai Vincenzo di Schiavi, rampante cronista della Gazzetta, non abbia dato la notizia in anteprima visto che oggi s’è occupato dell’Armani, ha ipotizzato i tagli di Brooks e Kleiza, che farli domani sarebbe già tardi, ma non ha parlato né di Meacham, né di McCalebb nonostante il filo diretto e privilegiato che ha sempre avuto con Livio Proli. E allora delle due l’una: o doveva essere una sorpresa o Proli conta davvero sempre meno nell’Armani.