Messina-Scariolo, lo scoop della Gazzetta dopo 30 anni

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Potete raccontarne finché volete, di cotte o di crude, su Mamma Rosa sposata da cinque anni e mezzo a Urbano Cairo e ancora innamorata, a quanto pare, d’un uomo che ha cinque dita di pelo sullo stomaco, in più è granata come la Gramella, al secolo Massimo Gramellini, ed è pure parecchio brutto e goffo. E potete anche dirne peste e corna per come tratta gli sport minori cominciando dal nostro basket al quale bussa spesso e volentieri alla porta ma solo per chiedergli qualche soldino. Difatti la Lega della A2 glieli ha negati e lei al lunedì – fateci caso – al massimo le pubblica i risultati, ma mai e poi mai le classifiche. Così che mi sono dovuto informare con chi di dovere per scoprire che nel girone verde sono in testa Cantù e Udine allenate da due garanzie, Marco Sodini e Matteo Boniciolli, mentre in quello rosso comanda Scafati che ha un presidente, Nello Longobardi, che produce 40 milioni di barattoli di pelati di pomodoro all’anno. Non so se mi spiego. Però non potete certamente accusare la Gazzetta che, se non l’avete ancora capito, è la cara-bella-sorridente-e-deliziosa Mamma Rosa, di non avere una grande originalità e una straordinaria fantasia nella scelta degli articoli da sbattere in pagina. Domani infatti torna il campionato di serie A con l’unica partita, Armani-Segafredo, che davvero avrebbe meritato d’essere vista a qualsiasi ora del giorno e della notte, persino alle 16 di un pomeriggio lavorativo di metà settimana. Cosa si sono allora inventati quei geni milanesi di via Rizzoli, ex Solferino, che ne sanno sempre una più del diavolo? Un clamoroso faccia a faccia (vis-a-vis in francese) tra Ettore Messina e Sergio Scariolo che sono definiti i super coach delle scarpette rosse e delle vu nere. Trent’anni e undici mesi dopo l’ultimo duello che ovviamente ha vinto (115-101) il Messi(n)a. Che se invece l’avesse perso non so se avrebbe gradito che il bravo Andrea Tosi lo avesse oggi ricordato. Due pagine (nella foto, ndr) che ho subito chiuso in cassaforte con i guanti di cachemire senza nemmeno averle lette affinché i miei nipoti tra altri sei lustri se le possano gustare caste-pure-e-intonse. E ne possano far tesoro. In verità né Don Gel né il novello Erode hanno aperto bocca e detto mezza parola sulla sfida di domani. Né penso che rilasceranno alcuna intervista ad altre testate prima del match che la Rai – bontà sua – trasmetterà in diretta sul secondo canale come invece avrebbero fatto Valerio Bianchini e Dan Peterson quarant’anni fa. Forse perché conoscevano bene le regole del gioco e della comunicazione. Forse perché all’epoca molto diversi erano i rapporti con la stampa e nessuno si sognava di telefonare al direttore per lamentarsi del giornalista cattivo o maldestro come fanno oggi spesso dalla sede dell’Olimpia. Forse perché Ettore viveva ancora nella mia Mestre e allenava nel settore giovanile della Superga di Alibabà Celada (e non nella Reyer di Paron Zorzi) e i genitori di Sergio magari volevano che il figlio insegnasse come loro matematica al liceo. Tanto più che questo benedetto Armani-Segafredo conta stavolta come il due di spade con briscola di coppe o, meglio, di danari. Perché se da una parte non giocheranno Shields, Mitoglou e Datome, dall’altra mancheranno Hervey, Cordinier e Mannion oltre a Tessitori che è anche meglio di Tarczewski che doveva andare via assieme a Hall, ma mai e poi mai al Bayern di GasGas Trinchieri. E un giorno vi spiegherò anche la ragione se non l’avete già (facilmente) intuita. Piuttosto Cantù rischia di perdere la sua star, Robert Johnson, perché è un no vax che non scherza come David Moss a Brescia e questo sarebbe un colpo davvero basso per la società di Roberto Allievi che all’americano di Richmond, indiscusso mvp dell’A2, ha concesso comunque altri due giorni per decidere di vaccinarsi o meno. Mentre anche oggi in video-conferenza di nuovo Luca Baraldi, l’unico che non ha approvato l’ultimo bilancio della Lega, ha fatto la voce grossa ribadendo che Massimo Zanetti-Segafredo non è più disposto a buttar via i propri soldi dalla finestra come fa qualcun altro in un sistema che sta andando a rotoli o, per parlarci chiaro, decisamente a puttane. Ma non trova alleati. A parte Christian Pavani, presidente della Fortitudo. E questo faccio fatica a capirlo anch’io dal momento che i problemi di sopravvivenza di quasi tutti i club di serie A sono palesi e molto distanti dal bengodi che invece ancora si vive nella mangiatoia di Giorgio Armani.