Cartellino rosso e un mese intero di squalifica. Senza sconti. Sino al primo d’agosto. Il motivo? Uno e nessuno. Disinteresse, schifo, apatia, tristezza, nausea. Fate un po’ voi. Di sicuro, senza (falsa) modestia, questa pallacanestro da tre soldi non mi merita. Le raccontavo con presuntuosa ironia storielle curiose e inedite affinché non si sentisse più ridicola di quanto invece effettivamente è e non se ne accorge. Ho cercato di farmela pure piacere correndo anche il rischio d’essere preso per l’ultimo dei moicani rapati a zero e poveri illusi. Ho sempre rispettato le regole del suo misero gioco: mi raccomando, questa non la scrivere e, se proprio devi, non dire che te l’ho detta io. Perle ai porci. Carezze al vento. Acqua (neanche) fresca. Avevo smesso di vestire i panni di Don Chisciotte riponendo la lancia e dimenticando Ronzinante nella stalla. E così ho fatto la fine di Sancho Panza, più stupido del somaro in sella allo scudiero di Miguel de Cervantes. L’ironia sotto ai tacchi, le gomme a terra, le frecce spuntate. Ma adesso basta: l’ho deciso il 30 giugno scorso, giusto un mese fa, dopo il magnifico scudetto della Reyer e sono stato di parola. Come sempre. Deludenti quasi tutti. Mediocri, pavidi e ipocriti. Palloni gonfiati. Pinocchi. A proposito, ho letto da qualche parte che sabato e domenica prossima è in programma a Le Piastre, piccolo e gentile borgo a una dozzina di chilometri da Pistoia, il 41esimo campionato italiano di chi la spara più grossa. Al quale dovrebbe partecipare, dopo agguerrita selezione interna, almeno un rappresentante di ciascuna delle sedici società di serie A. Nessuno infatti me la raccontava più giusta e quindi mi sembrano davvero altissime le possibilità che almeno stavolta il nostro basket possa finalmente imporsi all’attenzione del Paese dei balocchi oltre al montante destro che il buon Gallinari ha piazzato al volto dell’odioso Kok: un autentico pugno da ko. Anche se vincere il primo premio al torneo dei bugiardi, e forse pure il secondo e il terzo, non può di certo essere un vanto. A Le Piastre c’è un cartello che indica la strada per il lungomare: ancora cento metri e troverai persino un porticciolo per le barche a vela e gli yacht. Ovviamente niente di più falso: il paesino sul Reno s’arrampica nel cuore dell’Appennino toscano e presto un treno ad alta velocità l’unirà alla città di Collodi, che in verità si chiamava Carlo Lorenzini, ma questo lo sanno in pochi. Ovviamente a Le Piastre non possono più mettere piedi quelli del calcio che negli anni passati hanno fatto incetta di Bugiardini d’oro e qui adesso sono visti peggio di come Macron e Salvini guardano i clandestini. A meno che qualcuno di loro stavolta non sia eccezionalmente sincero e sul serio ci spieghi dove Fassone ha trovato tutti quei soldi da spendere per il Milan o la vera ragione per cui Marotta in fretta e furia si è sbarazzato di Bonucci. Tornando alla pallacanestro, domani scade il mese di squalifica che si è strameritata e tornerò a scrivere dei suoi burattini. Senza i quali tra i piedi, lo giuro, sono tuttavia riuscito a sopravvivere lo stesso. Nel frattempo cominciate a domandarvi perché Messina e Sacripanti vivono da separati in casa. Nella casa di Petrucci. O perché Djordjevic ha chiesto la luna per allenare la nazionale di Giannino. O perché gli azzurrini di Creta, anche con la ci minuscola, e di Fred Buscaglia sono arrivati solo tredicesimi agli Europei under 20. O perché Aradori e i Gentile sono finiti alla Virtus. O perché Della Valle non va neanche a Torino. Avete tutta l’estate per scoprirlo. Magari col mio piccolo aiuto.