11 febbraio, martedì Di solito non scrivo il 16+1 del mese soprattutto se cade di venerdì: gli aficionados al mio sito satirico lo sanno molto ma molto bene. Così come il secondo martedì di ogni mese per ragioni parecchio più serie. Quando cioè di mattina presto, prima dell’alba come oggi, vado al Giustinianeo, il caro vecchio ospedale di Padova, per le analisi del sangue, la visita medica del primario d’ematologia oncologica, che dopo cinque anni è ormai diventato un amico fraterno, e le terapie del caso che da un po’ di tempo a questa parte, visto che non ricordo d’essere stato meglio nell’ultimo decennio, si limitano a qualche pastiglietta di contorno alla puntura di sostanze chemioterapiche sulla pancia. Tutto qui. Dopo di che, anche nel tardo pomeriggio, è d’uopo, come racconterebbe l’ampolloso Luigi Garlando ai suoi lettori non più grandi di sette-otto anni, mi sparo un lungo riposino che sarebbe sbagliato chiamare pennichella. Stavolta invece ho dovuto proprio fare uno strappo alla regola e così adesso mi sono seduto davanti al piccì per dare un grosso buco alla prima firma della Gazzetta dello sport che vende sempre meno, checché (con l’accento – mi raccomando – sull’e finale) ne dica il padrone Urbano Cairo come ha sottolineato il Fatto Quotidiano che pure sta in piedi per scommessa per i bassi contributi che gli passa ultimamente il regime della Meloni che prima deve sfamare i suoi quotidiani e poi stare a vedere cosa pensa di lei Marco Travaglio nei suoi corrosivi corsivi di prima pagina. Un vero peccato perché leggere soprattutto Andrea Scanzi è sempre per me un piacere. Come oggi su Matteo Renzi, la Diversamente Lince di Rignano, al quale sono bastati due interventi al Senato “per catturare i consensi di tanti boccaloni della carta stampata che non si ricordano più le sue bugie e i suoi rapporti con Bin Salman o di quel che ha fatto a Enrico Letta, Giuseppe Conte, Carlo Calenda, eccetera, eccetera”. Per non parlare al pidiesse…
Per non essere da meno anche il fedele Garlando, che non ha mai scritto mezza riga contro il grande Torino “che, pur perseguitato dagli arbitri e dalla Var, ha ben un punto più in classifica del Genoa” ha preteso e ottenuto da Cairo anche lui una rubrica in prima pagina, come Il Caffè di Massimo Gramellini sul Corriere della sera, alla quale ha dato nome La Sveglia. Che deve suonare soprattutto – credo – per lui che comunque, ancora morto di sonno, ha però cominciato la sua giornata in rosa sparando una sensazionale notizia: “Stasera parte il Festival di Sanremo”. Giuro che non lo sapevo. Ma sono nato fortunato e difatti ecco il motivo per il quale gli ho subito dovuto restituire pan per focaccia dopo aver involontariamente sentito nel pomeriggio Carlo Conti che si stava facendo una lampada nel box vicino al mio e dal cellulare diceva alla moglie Francesca Vaccaro, che mi piaceva molto di più quando non sapevo che fosse la sua gentile consorte, di non aspettarlo per cena perché alle 20.30 in punto condurrà dal palco dell’Ariston di Sanremo la prima serata del festival e probabilmente farà molto tardi con tutti quei cantanti, ben ventinove, che insieme a Gerry Scotti e Antonella Clerici dovrà ad uno ad uno presentare.
Che scoop: un vero colpo giornalistico in esclusiva! Mi do del bravo da solo. Del resto Flavio Vanetti mi chiamava da giovane Scoopea. E, ancora non bastasse, ho anche sentito Conti confessare alla sua compagna di vita, ex costumista in Rai e madre del loro unico figlio Matteo: “Giorgia può fare tutte le corna che vuole, ma sabato sarà lei a vincere Sanremo”. Anche questa sarà tutta da vedere. Non da me però. Perché dopo cena finirò di scrivere questo pezzullo che eccezionalmente posterò anche su Dazn per non fare rumore solo su [email protected] e poi ovviamente in registrata seguirò la Juve di Mottarello che gioca, se non sbaglio, in Champions contro il Psv Eindhowen e stavolta mi sa tanto che per una volta, soffrendo da non dire, pareggerà: 1-1 o o-0? Ma prima dovrò aver finito di preparare con la Tigre la valigia per Torino. Che raggiungerò domattina con il Frecciarossa delle 7.49 e dove mi fermerò sino a lunedì. Sei giorni di vacanza dopo cinque anni me li potrò permettere o no? Seguendo dal vivo le final eight di pallacanestro che ho inventato io. Non mi credete? Lo immaginavo. Eppure nella primavera del 1991 ebbi il colpo di genio d’inventarmi le final four che per la verità già si giocavano in Jugoslavia e che poi si sarebbero disputate un anno dopo a Forlì e sarebbero state vinte a sorpresa, com’è tradizione della Coppa Italia, dalla Scavolini Pesaro di Albertone Bucci. La quale in finale riuscì a prevalere alla Benetton Treviso, allenata da Pero Skansi, di Tony Kukoc (24 punti) e Vinnie Del Negro (18), Stefano Rusconi (15 + 12 rimbalzi) e Massimo Iacopini (13), Nino Pellacani (8) e Alberto Vianini (14), il figlio del notaio di Mestre che aveva l’ufficio a tre passi, non più, da casa mia. Mi aveva sfidato l’allora presidente della Lega, l’Avvocatone Gigi Porelli, durante un pranzo al Diana di Bologna: “Pure tu parli, parli, cianci e critichi, ma non mi fai mai una proposta seria”. Difatti da domani si giocherà ben la 33esima edizione della Coppa Italia con la stessa formula di quel marzo lontano. Ad eliminazione diretta tra le prime otto squadre (che sino al 2000 sono state quattro) del girone d’andata di A1. Ma stavolta non ci saranno sorprese di sorta: la conquisterà la favoritissima Armani Milano di Ettore Messi(n)a. Poche chiacchiere.
Ancora devo decidere se portarmi dietro il piccì. Non credo. In fondo le ferie sono ferie per tutti. Anche per me. Nel qual caso ci risentiamo tra una settimana e quindi non potevo, sincerità per sincerità per tre e quattordici, non darvi questa notizia in anteprima che di sicuro riprenderà domani Sportando o come cavolo si chiama: Sciacallando forse? Se però stavolta non cita la fonte, giuro che me la pagherà in un modo o nell’altro. A fine anno andrà in pensione uno dei pochi e affettuosi amici che sono rimasti impigliati nei canestri di casa nostra: Maurizio Bezzecchi. Col quale non mi pare d’aver mai litigato nonostante il mio carattere non sia proprio farina da far ostie: collerico e permaloso come quello di Ettore. Se non anche di più.
Sono in fondo contento per lui: in pensione si sta da dio, credimi, soprattutto a Reggio Emilia, città tranquilla e di buon basket, che ha per sindaco il medico Marco Massari, figlio del partigiano Leo Bulin, e per presidente della pallacanestro Veronica Bartoli che personalmente non conosco, ma della quale mi parlano (quasi) tutti bene. E non è facile. Maurizio è dall’inizio di questo secolo “communications director at Lega Basket”. Per dirla in inglese come piacerebbe a Alessandro Mamoli , alias Ale Mammoletta Mamoli (nella foto, ndr) che prenderà proprio il posto di Bezzecchi come capo ufficio dal prossimo primo gennaio. Sempre che nel frattempo non cambi idea. Come gli consiglio. Dal momento che non può cancellare in due e due quattro il suo passato di (mediocre) giocatore da ragazzo dell’Olimpia di Mike D’Antoni, di tifoso dell’Armani del Messi(n)a e d’associato alla Banda Osiris di Flavio Tranquillo e d’Andrea Bassani da più di vent’anni. A meno che dall’oggi al domani non giri le spalle a Ciccioblack e alla Iena ridens come va confidenzialmente raccontando in giro da un bel pezzo, ma nessuno lo bada. Anche se rinunciare alle telecronache su Sky, pur come vice di Tranquillo (a vita), gli deve costare lo stesso parecchio. A meno che Umberto Gandini non lo riempia di soldi e la sua Lega non pianga da domani più miseria.