Pensare non è il mio pane. Ma ci provo lo stesso. Pensavo che Mamma Rosa avesse battuto tutti i record del mondo dedicando l’ennesima copertina all’Intertriste: “Rafinha, mi manda Messi”. E Picone (Giancarlo Giannini) che fine ha fatto? Si è cosparso di benzina e si è dato fuoco. Ci credete? Io neanche per sogno. Ma poi sono arrivato a pagina 38 della Gazzetta e mi sono dovuto ricredere all’istante. Più straordinario ancora è infatti che Mamma Rosa abbia ripreso una mia news, vecchia di tre giorni, e passi, è un suo vizietto, facendola siglare nientepopodimeno che da tre giornalisti: f.b.-s.p.-g.m. che non ho sul serio la più pallida idea di chi possano essere. Tre parole in croce a testa: “Varese ha prolungato l’accordo con Caja sino al 2020”. Punto accapo. Però, se domani Papà Urbano (Cairo) chiede il divorzio, voglio proprio vedere chi gli può dar torto? Già il Corriere della sera gli costa un occhio della testa con due inviati che intervistano la stessa persona sia questa il Professor Boscia Tanjevic o Messer Ferdinando Minucci o Gian Piero Gasperini, il puntiglioso allenatore dell’Atalanta. Uno fa le domande e l’altro scrive. O viceversa. Come non succede nemmeno nelle barzellette dei carabinieri o nella Beneamata di Lucianino Spalletti. Ma Mamma Rosa stavolta ha davvero esagerato valicando tutti i confini possibili e immaginabili dello spreco. Sprecona, a dirla tutta, è stata anche Sky che per una partita della nazionale che Geri De Rosa avrebbe potuto benissimo commentare dal tubo e da casa, e senz’altro meglio di Flavio Tranquillo, ha spedito a Treviso l’esercito di telecronisti, opinionisti e sottopancia della Banda Osiris. E comunque i dati d’ascolto sono stati persino più ridicoli e inconsistenti del solito. Adesso vi racconteranno che è stata tutta colpa del vento gelido che disorientava le parabole e che non ho ancora ben capito se fosse Bora o Buran. Credo bora con la bi maiuscola. Mentre il Buran arriverà domani e sarà un freddo bestia. Fatto sta, che Buran o Bora, Italia-Olanda 80-62 l’ho vista a spizzichi e bocconi perché il segnale di Sky andava e veniva. E, se non era uno schermo totalmente blu, erano rutti e singhiozzi di Arlecchini maleducati. Quindi il mio giudizio sulla prestazione degli azzurri di MaraMeo Sacchetti contro i tristi arancioni non potrebbe che essere approssimativo e relativamente attendibile. E mi dovrei dunque fidare di quello di Mamma Rosa? Neanche per idea se il migliore, a sentire Vincenzo Di Schiavi, è stato l’arruffone Christian Burns (2/9 in totale al tiro) e non Amedeo Della Valle, top-scorer con 22 punti. Ma allora me lo dica che ce l’ha con il mio Ricciolino persino più di Ettore Messina che, solo per farmi un dispetto, l’ha bocciato due volte di fila? Una volta a fine giugno nel 2016 e un’altra agli Europei dello scorso settembre. Anche se alla fin fine la zappa sui piedi se l’è data l’ex cittì. E poi la smetta, la Gazzetta, di chiamare la nostra nazionale di basket “giovane operaia”: il sindacato delle mondine, che si piegano in due sulle risaie otto ore al giorno per mille euro scarsi al mese, la potrebbe per esempio davvero querelare e stravincere la causa a mani basse. Tanto paga Papà Urbano. Ma sino a quando? E per quanto tempo ancora dovrò sopportare Ciccioblack che ad ogni finale di primo tempo urla dopo che “il ferro del canestro ha sputato la palla” e un azzurro ci ha provato da metà campo: “Alza una preghiera al cielo che gli dei del basket non raccolgono”? L’ho detto in settimana anche a Giannino Petrucci con il quale sono stato a pranzo gustando un delizioso soaso (rombo liscio) ai ferri da Guido e Toni nelle campagne trevigiane: adesso basta con questa esclusiva di Sky, altrimenti facciamo la stessa fine di quelli del rugby che si sono inventati il terzo tempo perché perdono sempre nei primi due. E abbiamo riso di gusto. Un Riso amaro per la verità. Almeno il mio. Come il film drammatico del 1949 con Silvana Mangano che “ha due tette da spavento” come mi ricorda ogni volta il Paron Zorzi. Al quale so di fare cosa gradita pubblicandogli la foto sul mio blog della bella mondina nelle risaie del vercellese: un autentico sex symbol dell’epoca. E chi non beve (e sorride) con noi, peste lo colpa: Amedeo Nazzari (1950).