Ci ha provato di nuovo, tentandole proprio tutte, ma stavolta gli è andata male. Mi spiace perché, a detta delle gazzette che fanno lingua in bocca con la Milano di Armani, sarebbe anche il miglior arbitro d’Europa. Che dico? Dell’universo. Almeno a sentire pure Luca Di Bella che per la verità non so neanche da quale ufficio della Rai o del catasto salti fuori, ma che per tre giorni e tre notti di Coppa Italia ha sputato sentenze a raffica. Nemmeno ne masticasse di basket dalla nascita. Peggio della Confraternita dell’Osiris, radunata sabato a pranzo da Virginio Bernardi. Al punto che sono arrivato a rimpiangere l’influenzatissimo Demmi Dembinsky o come cavolo si scrive. Insomma avete capito. Ma prima di parlare di Citofonare La Monica, devo confessare ai miei aficionados, pochi ma buoni, d’aver trascurato un po’ l’evento dopo l’uscita di scena di Venezia il primo giorno con Brindisi e l’improponibile sfida tra Sassari e Cremona che mi ha fatto venire il latte alle ginocchia. Venerdì sera ho così visto la mia Juventus arrancare di nuovo con l’Atalanta e ho paura per domani con il Borussia. E sabato non ho potuto rinunciare di fare un salto al Menti per festeggiare la quinta vittoria di fila del Vicenza che io continuo a chiamare affettuosamente Lanerossi. Insomma ho preferito per una volta nel fine settimana il calcio al basket. E non me ne sono pentito. Anche perché a cena la Tigre mi aveva preparato un magnifico coniglio con la pevarada (e la polenta) che ho disossato con gli amici. Uno dei quali, più canaglia degli altri, mi ha anche raccontato d’aver visto Banks girare nel pomeriggio per Avellino con un bellissimo completo firmato Giorgio Armani. Maledetta linguaccia. E poi dicono di me. Anche se pure io, lo devo ammettere, faccio ancora fatica a capire come la guardia della Sidigas abbia potuto palleggiarsi sul piede quella palla che sul 58 pari a pochi secondi dalla fine ha regalato ad una Milano tremebonda che al massimo avrebbe potuto sperare nell’overtime. Con Alessandro Gentile che lo marcava ad un metro e mezzo e tutto la squadra di Luca Banchi che già se la faceva addosso. Quanto alla pevarada, se non sapete cosa sia, non immaginate neanche cosa vi siete persi nella vita. E comunque non mi sono perso niente della Coppa Italia. Perché ho non uno, ma due My Sky che mi costano magari ogni due mesi l’occhio della testa, ma che mi consentono di registrarmi contemporaneamente anche quattro partite che poi mi posso rivedere quando voglio. Difatti non mi è sfuggita nel deserto del palasport di Desio la presenza del Giannino Petrucci che con la mano sulla bocca parlava ad un orecchio di Nando Marino. Il quale al pontino Di Bella, che mi dicono venga dall’atletica, ha raccontato che le cose nella nostra pallacanestro vanno che sono una meraviglia. Come no? Difatti, se vuole, possiamo anche cantare insieme “il più grande spettacolo dopo il Big Bang”, ma poi non lamentiamoci se ci ridono anche dietro. Sabato il presidente federale si è poi invece seduto al fianco di Zappelloni Mazzanti Viendalmare che, se non lo conoscete, è il vicedirettore della Gazzetta che, prima d’occuparsi di Montezemolo e della Ferrari, scriveva anche di basket sul Giornale di Cilindro Montanelli. Ma qui il livello si sta alzando troppo ed è quindi forse il caso, nel mio delirio cestistico, di tornare sul parquet e di parlare dell’Olimpia che è riuscita a perdere anche questa Coppa Italia. Con la spavalda Sassari che gli è stata davanti dal primo all’ultimo dei duemila e quattrocento secondi di una finale che è stata qualcosa di meglio di uno straordinario tiro al piccione soltanto per merito della squadra di Meo Sacchetti che avrà anche sparato una bomba (34) quasi ogni minuto, ma che almeno ha superato i 100 punti pur cominciando a far festa già sul 70-87. E quindi l’Armani deve ora solo andarsi a nascondere. Non fosse altro perché il suo secondo quintetto, o almeno quello lasciato ieri in panchina da Luca Banchi all’inizio, e cioè formato da Ragland, Meacham, Gentile, Kleiza e James, costa poco meno di tre milioni di euro d’ingaggi (puliti) senza contare i premi, Cerella e Gigli. Non so se mi spiego. Per me, e non solo per me, l’errore principale sta a monte. E cioè quello di non partire con Alessandro Gentile nello starting five. Conoscendolo infatti il giovane capitano dell’Olimpia ti pianta subito un muso che tocca per terra e che non abbandona se non in doccia. A meno che non stesse male, ma non è così: ce lo danno infatti più sano di un pesce. E comunque per Chiabo l’EA7 non ha giocato ieri male se gli ha dato sei (politico?) in pagella. E magari Citofonare La Monica ha arbitrato anche bene e a sfavore di Hackett e compagni. Ma se le ha tentate tutte nel primo tempo per rimettere in corsa i (suoi) campioni d’Italia? Ma di questo, se non vi spiace, me riparliamo domani. Oggi è il mio 45esimo anniversario di matrimonio. E mi lascerete almeno andare a comprare una dozzina di rose bianche alla Tigre prima che il fioraio chiuda? D’accordo, ma a un patto: senza (altre) spine.