Non avevo mai visto prima di ieri il padre di Rory McIlroy, ma giuro che me l’ero immaginato tale e quale all’uomo più felice di questo mondo, coi capelli bianchi e le guance rosse, che si stringeva al ventre, gonfio di birra, il figliolo che aveva appena stravinto il British Open e un secondo dopo si beccava un’affettuosa pacca sulla spalla da Sergio Garcia, il primo degli sconfitti con Rickie Flower, ma anche il migliore di tutti gli amici che il terribile ricciolino si è fatto sui fairway della terra e l’ultimo che avrebbe voluto battere dopo il fratello maggiore Graeme McDowell, l’altro magnifico Mac della verde Irlanda del Nord. Si chiama Gerry e neanche so che mestiere facesse prima di diventare allenatore e manager di Rory, né è importante conoscere il suo pensiero su Caroline Wozniacki, la bella campionessa di tennis che ha rischiato d’avere come nuora ad agosto. Quello che mi piace invece sottolineare è la fiducia che il padre ha avuto nel figlio quando dieci anni fa arrivò a scommettere su di lui 500 sterline, una cifra non da poco, almeno per le sue tasche, visto che dovette anche farseli prestare da tre compagni di merende. Si racconta che il bookmaker di Holywood si fosse messo a sorridere sotto i baffi quando McIlroy senior gli chiese quanto gli avrebbe quotato il giovane rampollo, allora quindicenne, se avesse vinto entro il 25esimo anno d’età la bellezza di tre Major che, nel golf, equivalgono ai tornei del grande Slam nel tennis. Te lo do 500 volte la posta, gli propose. E Gerry accettò. Ora non ci vuole la fantasia di Federico Buffa per descrivere la faccia da funerale che farà oggi il nostro allibratore quando il buon padre andrà a incassare i 252 mila euro della incredibile vincita visto che il figlio ieri, dopo l’Us Open del 2011 e il Pga Championship del 2012, nove mesi e mezzo prima di compiere ventisei anni ha vinto anche l’Open Championship sul links del Royal Liverpool nella stesso giorno in cui anche la sua ex promessa sposa è tornata al successo sul cemento di Istanbul battendo in finale la nostra Roberta Vinci. Adesso a Rory McIlroy manca solo di conquistare il Masters di Augusta, sì quello della famosa giacca verde, e poi avrà completato il grande slam come Tiger Woods di cui è l’erede naturale al trono e che pure veste Nike. Alla quale il Peter Pan nordirlandese è legato da un contratto da 100 milioni di dollari. Onde per cui il milione e 176 mila euro che Rory ha intascato come primo premio della 143esima edizione del British Open, che l’anno prossimo si disputerà nella culla del golf mondiale, a Saint Andrews, non è che un moscerino, o quasi, nell’occhio del giovane campione coi riccioli che si ribellano sotto il berretto bianco (con la virgola nera) e gli si attorcigliano sulla nuca. Che però non ha la faccia da sberle del capriccioso putto del ricco furbetto del quartiere che vola un metro alto da terra solo perché, magari imbrogliando, ha vinto il netto di terza categoria nel suo circolo. Anche questo ci hanno insegnato nel fine settimana i McIlroy. E cioè che pure nel golf non sono i figli di papà che emergono grazie ai soldi di famiglia, ma i figli di un padre come il buon Gerry che dieci anni fa scommise sul valore del suo primogenito che prometteva bene, è indubbio, ma che non sarebbe mai diventato il numero 1 al mondo, o il 2 com’è tornato ad essere oggi, se non avesse avuto soprattutto un carattere ostinato e nessun grillo per la testa abbinati ad un indiscutibile enorme talento.
Foto ripresa da foxsport.com