15 gennaio, mercoledì Non mi credete, e non faccio nemmeno fatica ad immaginarlo, se vi dico che non ho ancora visto il recupero di ieri sera a Bergamo e che nessuno oggi, che è ormai l’ora di cena, e la jota è quasi pronta in tavola, si è sognato di comunicarmi il risultato finale di Atalanta-Juventus se gli ho chiesto per favore di non dirmelo e vuole restare mio amico. Eppure non è che sia stato tutto il giorno seduto sul sofà con le mani in mano guardando il soffitto o aspettando che qualcuno mi raccontasse la storia del re. Che, per l’appunto era seduto sul sofà quando chiese alla sua serva: Raccontami una storia. E quella cominciò: C’era una volta un re, seduto sul sofà, che…”. In verità non ho trovato il tempo in mattinata neanche d’accendere la televisione. Per veder poi cosa? Men che meno la rete ammiraglia della Rai visto che non m’interessa minimamente sapere cosa mangerà a pranzo Giorgia Meloni. Né contare le bugie, sempre con le gambe corte, che racconterà dalle quattordici (circa) a notte fonda dopo che i centinaia di capi di Stato che ha incontrato durante il pomeriggio e le migliaia d’interviste che ha rilasciato anche al telegiornale di Tele Reporter di Rho.
Dove ha iniziato a lavorare, parlando – pensa un po’- di basket, l’Antonell(in)a Clerici che io avevo già chiamato la cuginetta di Barbie e non sapeva cucinare neanche due uova in camicia al povero Beppe Motta che tornava a casa, stanco e affamato, dalla partita con la maglia di Desio. E per questo li sentivi litigare sino al Duomo di Milano. Insomma scoccherà anche l’una quando finalmente la leader del partito, che porta ancora nel cuore la fiamma tricolore di tristissima memoria e non se ne vergogna, si concederà d’andare a nanna con chi le pare. Diceva Striscia la notizia poco tempo fa, ma anche Dagospia, ancora con l’ex Andrea Giambruno, padre di sua figlia Ginevra e recentemente piantato in asso pure dalla bella quarantunenne Federica Bianco della Lega di Salvini, ma era una bufala. Del resto quasi tutti lo sanno con chi s’accompagna ora la Meloni da un bel pezzo. In primis Roberto Chinzani dell’Uno che non la molla mai un secondo. Ma nessuno lo confessa o lo scrive. Giorgia non vuole: perderebbe troppi voti. E chi trova il coraggio oggi come oggi di disubbidirle correndo il rischio di beccarsi tra capo e collo pure una querela per diffamazione? Io no di certo, anche se il nome dell’amante lo conosco, ma non ve lo dico. Neanche se mi date l’olio di ricino.
Anzi. Stamane ho fatto un mare di cose dopo la sveglia quotidiana delle 7.30. Quando puntuale Stefano mi lascia puntuale i quotidiani su una sedia dentro il portone di casa. Che io scendo a prendere a occhi chiusi per non leggere men che meno i titoli di prima pagina. Dove, nove volte su dieci, ti svelano cosa ha combinato la Juve. Specie la Gazzetta e il Gazzettino che non sanno mai pensare ai cavoli loro. Anche se non è difficile indovinarlo avendo i bianconeri pareggiato in questa stagione dodici partite, vincendone solo sette ma non perdendo mai, anche se questa potrebbe essere benissimo la prima volta. Poi sono andato in banca e ho pagato tutto quel che dovevo pagare: tra assicurazioni e tasse automobilistiche, luce, acqua (riesco a bere solo quella!) e gas, multe varie e vecchie pendenze, Sky e Daz(o)n sempre più caro e balbuziente, mi sono in pratica mangiato tutta la pensione di dicembre che non è neanche male contando i soli venticinque anni di posto fisso nei quali ho lavorato forse un po’ più di Checco Zalone, ma non è questo che mi ha fatto incazzare quanto i 4 euro e mezzo che la Bpm mi ha trattenuto anche per un piccolo contributo all’associazione di Padova che sostiene i progetti di ricerca alle malattie oncologiche del sangue come le leucemie e i mielomi. Soltanto perché non so maneggiare il computer come vorrebbe la banca che intanto sta licenziando a rotta di collo come pure qui non vi racconta nessuno. Del prezzo della colazione, che mi sono successivamente concesso in piazza Ferretto, e non a San Marco, e della frutta e verdura che ho comprato al mercato di campagna vi parlerò invece un’altra volta. Magari la settimana prossima. Forse.
Scrivi, mi raccomando, anche tutti i giorni, dal momento che solo tu scrivi le verità nel calcio e soprattutto nella pallacanestro. E’ molto vero ed è quello che sto tentando di fare nei miei pensierini quotidiani scopiazzando nella sostanza e non nei temi l’ultimo libro di Marcella Serrano da Santiago del Cile, “A volo d’angelo”, che vi consiglio d’acquistare assieme a “Onesto” dell’emergente Francesco Vidotto che è tornato tra le sue montagne del Cadore alle quali “soltanto sa raccontare quello che ha nel cuore”. Ma se lunedì mi sono permesso di chiedere: “Secondo voi ha senso che P(r)ozzecco, col quale ora sono finalmente in pace, convochi in nazionale Davide Casarin, il figlio del vice presidente federale vicario in carica, e non Amedeo Della Valle, figlio del grande Gatto con gli Stivali del professor Dido Guerrieri?” E nessuno mi ha risposto in due giorni. A parte un solo amico di Facebok che mi ha scritto: “No, non ha alcun senso”. E gli altri che sono quasi tremila? Hanno per caso pensato che la mia fosse una domanda retorica? Voglio crederlo. Altrimenti sarei tentato di mettere subito un punto senza accapo e di non buttar giù più un rigo sulla Juve che avevo cominciato a vedere intorno alla cinque di pomeriggio come testimonia il mio nuovo e immenso Panasonic. Ma vado avanti perché non sono un pisquano, però vi mando tutti (o quasi) in mona e intanto mi prendo un paio di giorni di riposo per vedere finalmente tutto quello che mi sono registrato (vedi anche foto, ndr), da Sinner al Conte di Montecristo, meditando anche di togliermi dal social network di Zuckerberg che ha teso la mano a Trump e a Musk è culo e camicia con loro. E di continuare a scrivere soltanto saltuariamente sul mio sito claudiopea.it. Il che mi basta e avanza. E mi costa pure parecchio. In tutti, ma proprio tutti i sensi.
Dunque, di nuovo, non mi crederete, pazienza, ma mi ero dimenticato d’andare dal dentista e, quando sono rincasato ho trovato il mio piccì, che avevo lasciato acceso, completamente a terra di batteria. Sono allora corso da Emmelle Computer di via Bissuola, di cui vi posso dare anche il numero di telefono se volete avere una nuova conferma che i miei non sono racconti di fantasia, Il quale mi ha venduto un accumulatore di corrente, penso così si chiami, da 39 euro (filo elettrico compreso) e mi ha consigliato di acquistare un nuovo pc. Allegria. Nel frattempo la favolosa jota della Tigre, che altro non è che una minestra triestina di fagioli con “capuzi garbi” della famiglia dei cavoli (non a meranda) che mia moglie ha imparato a fare pure meglio di sua madre di Parenzo (quando l’Istria era ancora italiana), mi chiamava a tavola invitante e caldissima. E stupenda.
Insomma per farla breve, ma molto breve, ho cominciato a scrivere che erano ormai le nove o, meglio le ventuno, e qualcosa. Stufo morto, voltando le spalle, come si merita, a Maurizio Compagnoni che iniziava a commentare in registrata il recupero su Sky di martedì sera a Bergamo. Tifando sfacciatamente per l’Atalanta e soffrendo terribilmente quando la Juve è passata addirittura in vantaggio con merito e con un gol di Pierre Kalulu all’inizio della ripresa. Un paio di minuti dopo che lo stesso francese aveva colpito il palo e la palla non ha oltrepassato di mezzo centimetro la riga di porta sempre perché Carnesecchi, il migliore dei nerazzurri e forse il numero uno tra i portieri del campionato, smanacciasse il pallone fuori dall’area piccola passando sotto a cento gambe bianconere. Ma questo Compagnoni s’è dimenticato di ricordarlo e ha dovuto rammentarglielo il buon Luca Marchegiani.
Vuoi vedere che mi ero sbagliato pensando che la squadra di Motta(rello), alias Panna Montata (a Bologna), per fortuna squalificato e in tribuna con il suo asino Vlahovic, avrebbe beccato la prima sconfitta di questo campionato? Entusiasta mi sono allora accomodato come un re sul sofà per seguire la partita stranamente effervescente e piacevole. Non come Barcellona-Real Madrid 5-2 di SuperCoppa spagnola, ma quasi. Magari esagerando. L’imbattibile Carletto Ancelotti battuto come in campionato (0-5) da tale Flick (o Flock?) che per la verità di sei finali disputate anche con il Bayern Monaco non ne ha mai perso una. Eppure avrei dovuto ricordarmelo che John Elkan è il presidente più perdente dell’ultimo quarto di secolo con le Rosse di Maranello e che nella Juve ha vinto per sbaglio la Coppa Italia, fatalità contro il cantastorie Gasperini, ammettendo lui stesso a denti stretti solo per merito esclusivo di Acciuga Allegri. Ed infatti, come al solito, la mia ex Signora degli A(g)nelli, si è chiusa (male) nella sua area e ha incassato stupidamente il pari da Retegui che a sentire l’informatissimo telecronista di Sky non avrebbe dovuto nemmeno giocare. Il quale ha fatto fesso di testa Nicolò Savona che compirà anche 22 anni, e non 18, il prossimo San Giuseppe, ma che per il momento in difesa è molto più scarso di Daniele Rugani che Crstiano Giuntoli non ha visto l’ora di mandare via in prestito gratuito all’Ajax. Buonanotte, suonatori. E arrivederci a sabato. Anche perché io di sicuro di venerdì 16+1 io non scrivo neanche se con una pistola alla tempia l’Intertriste non vincesse questo scudetto in favore del Napoli del mio caro Conte Antonio.