La cena del Gelsomino che il Cedevita offre ogni mese

 

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Non lo scopro oggi che è più facile scrivere dei vinti che dei vincitori. Specie se gli sconfitti sono l’armata di Armani. Della quale oltre tutto ho sempre un sacco di cose da raccontare pescando ad occhi bendati dal cassetto delle storie curiose. Come quella della cena del Gelsomino che il Cedevita organizza ogni primo lunedì del mese nel miglior ristorante di Zagabria. Ma chi paga? Repesa. E per quante persone? Anche cento alla volta. Tra giocatori, dirigenti, amici e le loro mogli, fidanzate o amanti. Non ci credo. Fa a meno. Chiedilo allora al fidatissimo Sergio Tavcar se non è vero che l’Olimpia ha dovuto scucire di buyout 200 mila euro, ma c’è chi dice persino il doppio, per liberare il mio Gelsomino piangente dal club croato al quale era legato da altri due anni di contratto e il Cedevita non sapeva più quale faccia fare per comunicargli che non aveva più i soldi per continuare profumatamente a pagarlo. E comunque a me, come a voi, pare sul serio allucinante pensare che una società che costa uno sproposito le prenda da Venezia, e ci può anche stare, ma non due volte su tre nel giro di nemmeno una settimana. Dopo che, strada facendo, Livi(d)o Proli ha rafforzato con Sanders, Kalnietis e Batista una squadra che già era stata giudicata da scudetto ad inizio di stagione. E pure da playoff di Eurolega. Raccontamene un’altra, che mi vien da ridere. Ieri sera, entrando nel Taliercio pieno come un uovo e carico di comprensibili timori reverenziali nei confronti dell’Armani di Giorgio, ho buttato l’occhio sul tabellone luminoso e mi sono subito accorto che nella lista delle dodici scarpette rosse mancava Rakim Sanders, uno dei migliori in questi playoff e il migliore in assoluto (mvp) di quello passato con la maglia dei campioni d’Italia del Banco di Sardara. Sarà infortunato, ho pensato. E invece era stato escluso da Repesa per sua scelta e sostituito da Jenkins, inserito pure nel primo quintetto al posto di Alex Gentile. Pazzesco. Basta questo aggettivo, e non ne servono altri, per spiegare anche alla bella signora in prima fila, con le poppe a pera e la tie short oro granata, che l’EA7 contro la Reyer può anche rinunciare a Batista, che tanto c’è McLean, o a Lafayette, che tanto c’è Kalnietis, ma per nessuna ragione al mondo al The Dream di Pawtucket. Però anche tu ci avevi raccontato che Milano avrebbe vinto la serie con Venezia per 4-1: potrebbe obiettare l’amico che non sbaglia mai un pronostico per il semplice motivo che non ne ha mai fatto uno in vita sua. E’ vero, però nemmeno io potevo immaginare che Gelsomino piangente si desse ancora la zappa sui piedi. E comunque mica cambio parere: è per me sempre la squadra di Giorgio Armani la favorita per vincere lo scudetto che l’anno scorso hanno perso Banchi, Hackett e Melli o, meglio, questo vi hanno lasciato credere, mentre ora magari vi è venuto il sospetto che le cose non siano proprio andate in questo modo, ma lasciamo stare. Che è meglio. Piuttosto mi piacerebbe che un giorno o l’altro qualcuno della Gazzetta, bontà sua, anche mi spiegasse chi ha costruito questa squadra fatta con i piedi. Please: nomi e cognomi. Perché altrimenti non vale e non saprò a metà giugno a chi fare i complimenti per uno scudetto in arrivo che Vincenzo Di Schiavi era già pronto a celebrare ieri sera e sul quale deve ancora puntare se è vero, come è vero, e l’ha scritto proprio lui, e mi fido, che Proli ha allungato a Repesa il contratto biennale di un’altra stagione. Cioè sino a giugno 2018. In effetti conoscete un altro nello strano mondo della pallacanestro italiana che abbia il coraggio di lasciare fuori Sanders per far giocare Jenkins? Io neanche se lo cerco con il lanternino. A domani. Per oggi credo che possa bastare. E comunque all’Arlecchino di tutti i colori, ma prevalentemente in rosa, voglio ancora dire una cosa. Ha esagerato con i quattro in pagella a Jenkins, Simon, Batista, Cerella, Lafayette, Repesa e soprattutto ad Alessandro Gentile perché giorno verrà che glieli rinfacceranno cucendosi la bocca con ago e filo tricolore. Difatti a Livi(d)o Proli io do un bel dieci lo stesso. Così faccio soltanto arrabbiare tutti i tifosi della curva e i giornalisti di Milano che chissà perché non possono vedere il presidente dell’Armani. Incompetenti e incontentabili.