Chi le ha sparate più grosse al mercato delle bufale? Per il trentesimo anno consecutivo ha stravinto la Gazzetta dello sport. Anche se Di Marzio junior sta crescendo e magari a gennaio supererà Carlo Laudisa che però, come erede di David Messina, ha sinora lasciato molto a desiderare. David Messina da Palermo, laureato in legge, sapeva inventare un walzer di portieri che soltanto lui poteva creare con la sua fervida fantasia. E non importa se poi Pizzaballa, l’introvabile figurina Panini, dall’Atalanta, neopromossa in serie A, non passò nell’estate del 1977 alla Juve del Trap, campione d’Italia, perché non c’era ragione che Giancarlo Alessandrelli, il vice di Dino Zoff, finisse in Sardegna al Cagliari di Toneatto-Tiddia caduto in serie B. Anche se successivamente Alessandrelli, quattro stagioni in bianconero, una sola presenza e tre gol incassati nell’ultima mezzora di un Juventus-Avellino 3-3 da guiness dei primati, aprì una boutique in Costa Smeralda, dove ha fatto poi fortuna, e riuscì a vendere un costume da bagno a fiori a me, e uno pure al povero Titta Pasinetti, che costava l’occhio della testa. Ma disse che ci aveva fatto bene. Meno male. Il Cagliari aveva tra i pali Roberto Corti. Al quale erano interessate, sempre secondo Messina, anche la Fiorentina di Carletto Mazzone e il Napoli di Gianni Di Marzio che poi invece si scambiarono Gedeone Carmignani e Massimo Mattolini. Ci avete capito qualcosa? Anch’io poco, ma intanto la Gazzetta vendeva il doppio delle copie di oggi e il direttore d’allora, Gino Palumbo, il più geniale e rivoluzionario dei direttori di quotidiani sportivi, stravedeva per quel cronista siciliano coi capelli così bianchi che, se non erano tinti, sembravano finti. Tutte le mattine David andava del resto dal barbiere dell’Hilton di Milano, sede pure del mercato calciatori, anche solo per farseli pettinare e da lui aveva gli spunti magari per inventarsi nel pomeriggio in redazione un bel giro anche di terzini sinistri come Cabrini e Maldera. Pure Gianluca Di Marzio è laureato in legge, ma in quegli anni d’oro era ancora all’asilo e al massimo già giocava come ora alle figurine. Quindi un suo maestro non può essere stato Davide Messina. Semmai Carlo Laudisa che domenica 17 agosto, non sapendo cosa inventarsi per un bel titolo in prima pagina, se ne usciva sulla Gazzetta con questa signora bufala: la Juve bussa per Falcao. Come no? E io busso alla porta di Belen. Il bello è che la Juve lo ha lasciato fare perché, come ho scritto immediatamente il giorno dopo, le faceva comodo non smentire. Anzi le andava bene che i suoi tifosi più arrabbiati si fumassero quell’oppio per grulli e si bevessero una notizia che non stava né in cielo né in terra. Sarebbe bastato rifletterci un secondo: come può passare per la testa ad Andrea Agnelli solo di sondare il Monaco quando aveva già ritenuto eccessiva per le sue tasche la richiesta di venti milioni del Verona per Iturbe e se Falcao guadagnava e guadagnerà nel Manchester United quanto Buffon, Vidal e Pogba tutti e tre messi insieme? Non bastasse, il bello del bello di questo magnifico specchietto per le allodole è che quasi tutti, tranne per la verità Fratel Corrierone, sono andati poi dietro alla patetica invenzione di Laudisa che per altre due settimane ha continuato a cavalcare la colossale bufala. Da Sky del grande Di Marzio al Fatto Quotidiano. Al quale, da lettore, mi permetto di dare un consiglio: faceva bene una volta a non scrivere di calcio. Dalla Repubblica di granatina Gamba al giornale addirittura della famiglia Agnelli. Ma il mio amico Max Nerozzi, che della Juve conosce anche i brufoli sotto la maglia, era in vacanza e per questo, quando lui non c’è, i topini della Stampa ballano e raccolgono anche le bugie della Gazzetta con il naso lungo.