Juve troppo di cuore: al Toro doveva dargliene il doppio

pjanic

Poco sicuro che manterrete il segreto, al quale prima di sera avrete già fatto fare il giro del mondo, vi confesso che sono molto arrabbiato con la mia Signora perché al Toro avrebbe potuto e dovuto dargliene almeno il doppio. Cioè almeno otto. E così, nero come Papà Urbano Cairo e furioso più di MasSinisa Mihajlovic, prendo al volo il primo treno che becco in stazione, scappo dalla mia bella emiliana che mi aspetta a braccia aperte e per due giorni non cercatemi: non mi farò comunque trovare. Nemmeno se mi chiama la Joya, dieci gol nelle prime sei di campionato, undici in tutto l’anno scorso. Anche se non ce l’ho in particolare con lui, ma con Benatia, Bernardeschi, Manduzikic e Douglas Costa che si sono fatti parare da Sirigu, che ha più culo di Cenerentola, quattro tiri a due passi dalla porta. Quelli che scrivono bene, vi parlerebbero di una domenica uggiosa. Più semplicemente vi dico che piove e non piove. E il cielo è triste. Come lo Zio Aurelio De Laurentis che mai avrebbe pensato, braccino corto qual è, di dover pagare Sky per la sfacciata pubblicità che fa al suo Napoli. Il quale neanche a Ferrara con la piccola Spal ha incantato, venendone a capo con l’algerino Ghoulam solo a sette minuti dalla fine, ma Billi Costacurta l’ha rassicurato: gioca il miglior calcio d’Italia e facilmente vincerà lo scudetto. Come ne sarei straconvinto pure io se avessi preso un colpo in testa e non avessi visto ieri sera il derby dell’Allianz Stadium. Oddio Oddenino, come dicono i giocatori bianconeri quando vedono il giornalista granata della Stampa. Eppure persino lui, mangiandosi il fegato, anche più della Zia Bergomi che, sferruzzando a maglia con Fabio Caressa, perde i punti ogni qual volta segna la Juve, ha dovuto dare 7 e mezzo a Pjanic, pure per me il migliore in campo, a Dybala e a Acciuga Allegri. E chissà cosa deve essergli costato? Come minimo una decine di sedute dallo psicologo per evitare di cadere in profonda depressione. “Fabio, Fabio, Fabio”. Dimmi Beppe. “Mi scappa la pipì”. E valla a fare: c’è un bagno in fondo al corridoio a destra. “Fabio, Fabio, Fabio, ma c’è la coda”. E allora fattela addosso, caro Beppe: non so cosa altro dirti. Intanto la Var o, meglio, Doveri ha tolto un rigore che Valeri (sbagliando) aveva assegnato alla Sampdoria. Ora non so come andrà a finire, ma questo grande Milan mica l’ho visto per tutto il primo tempo. Checchè ne dica Riccardo Trevisani che non ho ancora ben capito per quale squadra tifi. Di certo non per la Juve, ma credo per la Roma. Come Vanessa Leonardi, Pierluigi Pardo, Paolo Assogna e lo stesso Caressa, che non è un calesse e neanche bello. Mentre dalla parte della Lazio sono Stefano De Grandis, Massimo Marianella e Ilaria D’Amico, sempre che nel frattempo Gigi Buffon non le abbia fatto cambiare idea. Scappo altrimenti perdo il treno. E per favore non insistete a chiedermi la stazione d’arrivo dopo aver cambiato a Bologna: non vi dirò mai dove mi aspetta la mia bella. Forse a Forlì? Acqua. Mi è bastato vedere ieri Milano-Trento, partita sul serio alquanto bruttina. A parte Andrew Goudelock che però quelli di Eurosport, da Niccolò Trigari a Carlton Myers, il Celentano nero, devono smetterla di chiamare il mini Bamba perché l’americano di Simone Pianigiani è un demonio e non un rimbambito. Già meglio l’altra semifinale della SuperCoppa di basket, ma per merito quasi esclusivo dei campioni d’Italia della Reyer e d’Andrea De Nicolao che ha rovesciato come un calzino il duello con il Banco di Sassari.