Se persino Papetti, il trombone e non il trombettista, ha ammesso nella rubrica delle lettere, che si scrive e alle quali risponde, che “il ragazzo americano nella caserma dell’Arma non doveva essere bendato”, posso anche occuparmi d’altro in questo ultimo giorno di luglio e rinunciare a domandare al direttore più sostenitore del salvinisismo che c’è in Italia cosa ne pensi piuttosto di Federico, il sedicenne figlio di Matteo, a cavalcioni sulla moto d’acqua della polizia guidata da uno zelante agente sul mare di fronte alla battigia di Milano Marittima. Che non dovete chiedere all’altro vicepremier dove si trova perché sono sicuro che Gigetto Di Maio vi direbbe in Lombardia e magari ai confini con la Svizzera. Sinceramente mi sembra però che stavolta Repubblica abbia esagerato a sparare nel cuore della prima pagina la foto del poliziotto in divisa balneare che scarrozza Salvini Jr al largo tra le onde appena increspate dell’Adriatico. Semmai ci sarebbe da discutere sui due agenti di scorta (in costume) che hanno intimato al giornalista Valerio Lo Muzio di smetterla di riprendere la scena sostenendo con arroganza che non si possono filmare le moto della polizia in nome di chissà mai quale privacy. Ora non è da me difendere il Dittatore, che è il titolo del libro che Giampaolo Pansa ha scritto sull’erede di Umberto Bossi, ma che uno non possa nemmeno trascorrere qualche ora di vacanza con il figlio in spiaggia senza essere spiato dal mondo intero mi sembra un cincinin esagerato. Anche perché si dà troppa importanza ad un personaggio che non è in fondo il principe erede al regno di Savoia e che in verità non si nasconde nemmeno quando va al gabinetto, si sbottona i pantaloni, fa la pipì e, già che c’è, si spara pure un bel selfie. Ancora lo capirei se Salvini camminasse sull’acqua come nella foto qui sopra o come Gesù sul Lago di Tiberiade al confine con la Galilea, ma che senso ha immortalarlo nella pineta di Cervia mentre s’insudicia di ketchup o di senape la felpa dell’Arma divorando un gigantesco hot dog coi crauti? Sono ancora incerto se comprare il Dittatore di Pansa che quello sfascista di Vittorio Feltri ha stroncato in un secondo: “Una ribollita alla varechina, un libro più lapidatorio che lapidario, condito con citazioni di se stesso per allungare il brodo”. Ho già una pila di libri da leggere ad agosto tra i quali, per restare nello sport, La giusta parte di Alessandro Bonan, Generazione Peter Sagan di Giacomo Pellizzari, Gioco come sono di Luigi Datome con Francesco Carotti, Storia reazionaria del calcio di Massimo Fini e Giancarlo Padovan oltre al libercolo di Dan Peterson, edito da Cairo, guarda caso, che ha un titolo più polposo del succo, e La Partita di Pietro Trellini che ho cominciato a sfogliare e mi è pure andato di traverso. Soprattutto quando il giovane scrittore romano del ’70 mi dedica mezza paginetta della sua sbrodolata di 597 pagine su Italia-Brasile 1982 che il Trellini dubito abbia visto in televisione. Dal momento che in prima media era stato rimandato in tre materie, tra le quali ovviamente l’italiano, e i genitori lo avevano rinchiuso in cantina. Si è inventato tutto lui e allora perché non dovrei farlo anch’io che quella partita del Sarrià l’ho vista seduto tra Gianni Brera e Gian Maria Gazzaniga che neanche si salutavano? Dello scambio Lukaku-Dybala vi dico invece subito che sono contrario al centouno per cento come del resto la stragrande maggioranza dei gobbi sul piede di guerra con Fabio Paratici che ha scambiato questo calcio-mercato per una resa dei conti con il suo ex amico Beppe Marotta. Ma di questo e altro se ne riparla senz’altro con più calma domani. Quando la Joya arriverà a Torino e sarà alla Continassa per allenarsi per la prima volta con Marx Sarri che lo vorrebbe trattenere. Né lui vuole lasciare la Juve. Mentre Paratici è volato oltre Manica per trattare con il Manchester United che odora l’affare. Robe da matti. In un mondo che non sai più da quale parte giri.