Ho preso tanto di quel freddo, pioggia e vento allo stadio di Sant’Elena che solo una deliziosa tazza di brodo bollente di cappone, che la Tigre mi ha preparato a mezzanotte e dintorni con tanto amore, mi ha rimesso per fortuna in sesto ridandomi un po’ di calore. Ma comunque sono stato poi tutta la domenica mattina a letto sotto il piumino a domandarmi chi me l’avesse fatto fare d’essere andato sabato sera al Penzo. Con quel tempo da lupi. Che allontanavo con l’ombrello. A vedere poi l’Inter. Che di tutti i club del mondo è quello che indiscutibilmente mi è più odioso. Anche se questi cinesi non sono antipatici e arroganti come i Moratti e i Mazzola o gli Oriali e i Materazzi. E Xavier Zanetti sarà per me sempre un signore. Al pomeriggio invece mi sono perso in poltrona davanti alla televisione con un potente raffreddore, il plaid sulle ginocchia e una montagna di partite da vedere registrate su Sky o in diretta su Dazn. Che, apro e chiudo in fretta parentesi, mi ricorda un sacco le emittenti private alle prime armi del secolo scorso che erano ammirevoli soprattutto per la buona volontà che ci mettevano nel fare approssimativamente le cose. Mi sono rivisto anche Venezia-Inter per capire se le sensazioni che avevo avuto a caldo, si fa per dire, erano state giuste. Come lo 0-1 del giudeo Calhanoglu, un forte rasoterra quattro cinque metri fuori dall’area, che l’antijuventino per eccellenza Maurizio Compagnoni, sposato alla vispa Vanessa Leonardi, ha ovviamente definito un “grandissimo gol”. A me invece è sembrato un tiraccio disperato contro la muraglia lagunare che Sergio Germàn Romero avrebbe potuto comodamente parare sul suo palo se la palla non gli fosse schizzata davanti sull’erba inzuppata d’acqua e lui non si fosse tuffato in netto ritardo. Come per la verità mi ha subito confermato Luca Marchegiani che, se non sbaglio, prima dell’opinionista faceva di mestiere il portiere. E non di notte, né di notes. Piuttosto Handanovic è stato molto bravo ad alzare qualche minuto più tardi un siluro di Aramu sopra la traversa che altrimenti avrebbe gonfiato la rete sotto l’incrocio dei pali. Sia chiaro, la Beneamata del fratellino esagitato di Pippo Inzaghi avrebbe vinto lo stesso a Sant’Elena perché il Venezia è una squadra volonterosa, che fa molta tenerezza, allenata parecchio bene da Paolo Zanetti, però è così fragile e incompleta in ogni reparto che non poteva tener testa per novanta minuti (più recuperi) ai cafoni d’Italia e farà comunque una fatica boia a salvarsi nonostante la classifica (5 punti più del Genoa di Shevchenko terzultimo) oggi lo smentisca. Il che sarebbe un vero peccato. Perché il presidente Duncan Niederauer non è Joe Tacopina e ha fatto quest’estate quel che poteva trasformando quel rudere del Penzo in un salottino e una squadra senza arte né parte in un gruppo plurietnico che oggi è un amore e che, bene o male, ha già messo sotto Fiorentina, Roma e Bologna. Per merito soprattutto di Mattia Collauto e Paolo Poggi che sono due ragazzi d’oro, amici per la pelle: uno nato alla Giudecca, l’altro proprio a Sant’Elena. Ai quali deve aver fatto molto male sentire la curva intertriste cantare a più riprese “Alta marea portali via”. Perché con l’Aqua granda non si scherza ed è solo da stupidi fare gli spiritosi sulla tragedia che ha colpito Venezia anche due anni fa. Nel cuore della notte del 12 novembre. Sommersa da ben 187 centimetri d’acqua alta che ha allagato i piani terra abitati, i servizi commerciali anche del centro storico, il Palazzo Ducale, la Fenice, le chiese, San Marco, i musei, le biblioteche. Le sirene che non finivano più di suonare disperate e il sindaco Luigi Brugnaro (nella foto) che non sapeva più a quale santo votarsi. Cori d’imbecilli che magari non sanno nemmeno nuotare. Però galleggiano. Come gli stronzi. Intanto Lorenzo Sonego butta via il primo match con Borna Gojo (6-7 6-2 2-6) nei quarti di Coppa Davis a Torino: Croazia-Italia 1-0. E adesso tocca a Jannik Sinner contro Marin Cilic e al doppio Fognini-Bolelli contro Mektic-Pavic, campioni olimpici a Tokyo. Non siamo più favoriti come aveva pronosticato oggi Paolo Bertolucci sulla Gazzetta: “Non dobbiamo avere nessuna paura della Croazia”. Ma stattene zitto!