E Petrucci bocciò Dalmasson e promosse Capobianco…

dal masson

E’ parecchio strano che il disperato Giannino non l’abbia ancora detto a suo fratello Caino, di nome Mario e di cognome Canfora. Al quale racconta tutto ogni mattina all’alba dopo aver letto i giornali di regime, che ovviamente lo incensano, e ancor prima d’andare in chiesa a confessare i peccatucci di gola come la crostata di mele o anche di more alla quale non rinuncia a pranzo per nessuna ragione al mondo. La news federale l’ho in canna da almeno un mese, ma mi era sembrata così meschina che non volevo crederci e difatti l’ho subito gettata nel cestino tappandomi il naso con l’indice e il pollice. Però ne avevo anche parlato con l’Orso Eleni che lunedì l’ha scritta sull’Indiscreto che non è un blog pettegolo come il mio o, meglio, come sostiene Pereira Petrucci, ma di critica griffata dei costumi italici nello sport. Insegnando a Mamma Rosa e all’Anonimo Veneziano che è nell’etica del corretto giornalismo e delle cose citare senza vergogna la fonte della notizia e non farla prepotentemente propria. “Un falco pellegrino mi porta il messaggio temuto: salteranno un paio di teste d’allenatori”. Quelle di Eugenio Dalmasson (nella foto, ndr) e Gregor Fucka. “E così ci viene il dubbio che Robin Hood Tanjevic sia il vero obiettivo della faida”. Insomma siamo già in due a pensarla uguale e provi adesso Giannino, provato dai capricci di MaraMeo, a smentirci se ne ha il coraggio: Oscar e io ne saremmo comunque felici. Non è stata sinora un’estate tranquilla per il nostro basket. E la colpa non è da addebitare tanto alla nazionale raffazzonata che ha cominciato ad abbassare la cresta con la Croazia a Trieste e ha finito col sciogliersi in Olanda sotto un sole per la verità nemmeno troppo cocente. Quanto a Sacchetti che ha iniziato a vedere ombre e nemici dovunque individuando in Boscia l’improbabile e assurdo sfasciacarrozze del suo fragile regno e nel Gallo che gioca a golf, e non canta in azzurro, l’unico problema per il futuro traballante di commissario tecnico. Sin dal primo giorno Sacchetti non ha mai voluto Tanjevic tra i piedi invece d’avvalersi del suo preziosi suggerimenti. E difatti al massimo hanno fumato qualche toscanello insieme. Tanjevic aveva espresso il desiderio d’allenare la defunta Sperimentale affiancando Enzino Esposito e invece Sacchetti l’ha voluta tutta gelosamente per sé al punto da rovinarsi persino le vacanze. Tanjevic aveva proposto Dalmasson e Fucka al vertice dell’under 20 e 14. Ed entrambi sono stati silurati da Petrucci ancor prima che il tecnico della promozione di Trieste in serie A partisse per gli Europei di Chemnitz, in Germania, e che Gregorio Magno cominciasse o quasi il suo lavoro di reclutamento tra i giovani. Tre indizi fanno una prova, ma se avete ancora qualche dubbio in merito, dovrete pazientare al massimo qualche ora per leggere sulla Gazzetta ufficiale a firma di C10H16O, alias Mario Canfora in formula grezza, che il mite Eugenio Dalmasson è stato sostituito da Andrea Capobianco alla guida dell’under 20 azzurra. E non perché il mio bravo compaesano è arrivato ottavo agli Europei di categoria con una squadra piena di entusiasmo ma che potenzialmente non avrebbe potuto far molto meglio nemmeno se l’avesse allenata il Padreterno, ma perché questo era stato deciso a Palazzo lo stesso giorno in cui, e parlo del 20 giugno, il compaesano di C10H16O e responsabile del settore giovanile nazionale oppose il gran rifiuto a Proli nonostante il figlio di Mamma Rosa, nonché caro fratello di Giannino, avesse già dato per scontato il passaggio di Capobianco all’Armani quale assistente di Simone Pianigiani che invero avrebbe voluto sostituire Massimo Cancellieri con Luca Dalmonte. Ora Sacchetti farebbe bene a chiarire subito – ha scritto Maestro Eleni – che lui non ha mai chiesto la testa degli uomini proposti da Tanjevic. Giusto. Ma allora chi ha fatto fuori Fucka e per quale ragione? Forse perché non buttava le braccia al collo del presidente federale quando lo incrociava in corridoio? Inventatevene un’altra di migliore. Per favore. Che tanto non vi bado. E accusatemi pure d’essere un nostalgico, come ha detto di me Petrucci a Canfora in un recente passato, perché è vero: io non mi ritrovo più, come del  resto Giannino, checché ne dica, in questa pallacanestro di iene e avvoltoi, talpe e faine, galli e scimmiette. Nello zoo di Pinocchio e Napoleone. E nell’inferno dei gelosi e degli ingrati. Ma di questo se ne riparla magari domani o dopo. Se ne avrò ancora voglia. E intanto parto per la montagna. Sperando almeno d’incontrare Tomas Ress. Il capitano. Mio capitano. Dei tempi d’oro.