I miei pensierini del 13 gennaio: l’albero di Natale e Frassica

L’idea di scrivere quotidianamente, o quasi, sul blog claudiopea.it la prima cosa che mi attraversa la zucca me l’ha data Marcela Serrano che per ignoranza tipicamente veneta, vostra ma anche mia, ovviamente non conosciamo. Marcela Serrano, quarta di cinque sorelle di Santiago del Cile, figlie della romanziera Elisa Perez Walker e del saggista Horacio Serrano, ha appena un paio d’anni meno del vostro scriba al quale piacerebbe tanto solo poter scimmiottare il sommo Gianni Clerici per cantare le lodi di Jannik Sinner, il campione che ha sostituito la Joya Dybala e Andrea Barzagli nel mio cuore di juventino tradito da John Elkann. Ma non è di tennis che vi voglio oggi parlare, né di pallacanestro, come ho fatto ieri, per il semplice fatto che non ho visto il debutto di Jannik stanotte negli Australian Open intorno alle 4 contro Nicolas Jarry (mi pare, ma non posso verificare: altrimenti scopro il risultato che non voglio assolutamente sapere). Ovvero del mio occhio destro che “guai a chi me lo tocca”. Come ha strillato Martina Navratilova, il mio occhio sinistro o, meglio, mancino, polemicamente precisando: “Invece di cercare chi imbroglia, ci si occupa di massaggi e pillole”. Porca Wada, questo l’aggiungo io. Per non dire “porco cane!”. Né conosco mezzo risultato dell’ultima giornata dell’andata in A1, ma solo lo straordinario accoppiamento nei quarti delle final eight di Coppa Italia tra Armani Olimpia Milano e Segafredo Virtus Bologna. Perché Rocco mi ha chiesto: “Nonno andiamo tra un mese a Torino?” e non mi ci è voluto molto per capire cosa volesse andare a vedere all’Inalpi Arena dal momento che, come me, non tifa per la Reyer. Tranquilli, seguirò comunque tutto dopo cena in registrata e tra ventiquattr’ore vi saprò dire tutto senza peli sulla lingua.

Marcela Serrano è una delle voci più importanti di tutta l’America Latina che ho scoperto cominciando a leggere sotto Natale “A volo d’uccello” che è composto da tre quaderni, ognuno dei quali raccoglie un anno (dal 2020 al 2022) d’osservazioni e riflessioni sulla vita quotidiana. Cominciando così: “1° gennaio, mercoledì. Bianco risveglio dell’anno. Leggera l’aria del primo mattino, poco peso, pochi doveri, poche previsioni, gentile sarà nel suo passare, senza fretta, senza impegni. Ho già fatto tutto. Dalla mia finestra, le gardenie fiorite, bianche bianchissime contro il verde, dei rami, non erano più di due o tre ad aspettarmi. Dalla stessa finestra, all’improvviso, senza alcun preannuncio, sei oche sempre bianche…”. E continuando il “2 gennaio, giovedì. Marcel si sveglia e mi dà il buongiorno. Sa che non ho ancora voglia d’alzarmi. Continua a dormire, nonna, ricordati che vuoi essere la Bella Addormentata, mi dice, ed esce dalla stanza…”.

A modo mio io invece comincio dal 13 gennaio. Il 13 è il numero fortunato nel quale sono nati mio fratello Beppi e il mio Napoleone dell’era moderna, il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. Il primo a dicembre, nel giorno di Santa Lucia, “la notte più corta che ci sia”. L’altro a settembre, ventiquattr’ore dopo del mio amico Nino. Al quale è lecito ingrassare affermando che è più giovane di me di 30 giorni esatti. Essendo io del 13 agosto, leone, un segno mega-top quest’anno come ha rivelato Paolo Fox, la volpe inglese di Mara Venier. “Specie a luglio quando cioè il sole entra nel segno zodiacale del Leone”. Non ci credo, ma stiamo a vedere. Credo caso mai più a Nino Frassica che a Capodanno, sempre ospite della concittadina venuta alla luce nell’ospedale a un tiro di schioppo da casa mia, mi ha predetto: “Ami una ragazza che non sai se ti ricambia? Chiedile: amoruccio, andiamo stasera a berci una cedrata? E lei vi risponderà subito: piuttosto mi butto in un vulcano!”.

13 gennaio, lunedì. Luna piena. Stamattina, abbastanza presto, approfittando probabilmente che ero ancora a letto e pigro d’alzarmi con quel vento freddo dietro la finestra che sentivo, la Tigre ha disfatto l’albero di Natale (nella foto, ndr) che ho, o meglio, avevo. Che è finto, ma è come fosse vero. Tocca con la punta il soffitto del soggiorno, è più bello di quello del Quirinale, con oltre 4.500 piccole luci, non esagero, e oltre duecento palline tutte di vetro, e tutte rigorosamente bianche, tutte o quasi comprate in Scandinavia e Danimarca, nei paesi di Babbo Natale. Insomma m’è costato una fortuna e pure per questo l’avrei tenuto illuminato la sera sin quasi a Pasqua che arriverà molto alta. Il 20 aprile. Che mi piacerebbe passare sulle colline senesi. Tra  la Val d’Orcia e quella del Chianti. Dove il 9 marzo ci correrà la Gran Corsa impolverata delle Strade Bianche. Sul percorso dell’Eroica. Una meraviglia tra le meraviglie.

Stamattina, purtroppo, si è spento, come il mio albero di Natale tutto bianco, Oliviero Toscani che soffriva da un paio d’anni di una malattia rara: l’amiloidosi. Lo stimavo molto. Molto più di Luciano Benetton che è diventato famoso più per il prete in nero di Toscani che baciava la suora in bianco più che per i suoi pullover di tutti i colori. Intelligenti e trasgressive erano le fotografie di Toscani. Perfettamente incorniciate nel pomeriggio da TaorminaNews24 (punto com), il sito siciliano di Emanuele Cammaroto che è fatto molto bene e vi consiglio d’andare a scoprire prima o poi. Anche stanotte stessa. Mentre vi auguro la buonanotte. A domani ed i miei pensierini del 14 gennaio, martedì. Che saranno molto più brevi di quelli di oggi. Come docet Marcela Serrano, la mia musa, i cui racconti giornalieri non sono mai più lunghi di una cartella (una cinquantina di righe). Nel suo quaderno fitto d’appunti. Come il mio. Dove, guarda caso, avevo scritto la stessa frase di Jorge Luis Borges: “Dalla sommità dei miei anni ho notato che la la bellezza, come la felicità, è frequente. Non passa un giorno che siamo, per un istante, in paradiso”. Come io sotto l’albero di Natale. Anche se il Venezia di Eusebio Di Francesco, che gioca meglio della Juve di Panna Montata Mottarello, allegramente tornerà in serie B tra gli applausi della sua gente. Proprio lo spero. Anche se l’Inter che ho visto a Sant’Elena non si è meritata tutto il freddo che ho preso in tribuna laterale. Anche se non rinuncerò mai nel mio piccolo alla satira, che è il mio pane e non della Serrano. E difatti vi lascio domandandovi: “Secondo voi ha senso che P(r)ozzecco, col quale ho fatto pace e ne son contento, convochi in nazionale Davide Casarin e non Amedeo Della Valle?”. Attendo risposte. Da tutti.