Hagins e McGee, una notte in discoteca dopo la sconfitta

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Vi dico la verità. Come sempre. O quasi. Avrei voluto farla finita con questo blog da strapazzo che vorrebbe solo far sorridere la gente del basket e a qualcuno anche piace. Tranne che ovviamente alla Tigre e ai suoi rampolli che poi sono i miei gioielli. Lascia perdere, cosa ci guadagni? Mi domandano tre volte al giorno quando non sono otto. Assolutamente nulla: rispondo. Anzi, se è vero che ho dovuto persino vendere la giacchetta come Geppetto per mantenerlo e comprare, già che c’ero, anche un abbecedario per quel burattino di Mamma Rosa e Papà Urbano che non sa neanche copiare i miei scarabocchi su Logan. Che vanno di traverso soprattutto a chi pensa che, dietro a questo paravento d’ironia da tre soldi, siano nascosti chissà mai quali secondi fini. E all’improvviso mi sono sentito un cane bastonato. Neanche la terra mi venisse a mancare sotto ai piedi. Difatti nell’ultimo week-end non ho scritto: non ne avevo proprio alcuna voglia. E, vagabondando più dei Nomadi, mi sono andato a rifugiare là dove mi ha portato il cuore. Ovvero nella casa in cui è nata la mia passione per la palla nel cestino con le radiocronache in diretta di basket dal Taliercio assieme al giovanissimo Alessandro Ongarato, oggi inviato di Mediaset. Esattamente quarant’anni fa. Il derby Mestre contro Venezia. Entrambe in A2. Roberto Zamarin contro il Paron. E mi sono di colpo rasserenato. Dopo un canestro d’imbarazzante bellezza di Cecilia Zandalasini che mi ha ricordato Mabel Bocchi. Probabilmente perché cercavo nell’amarcord solo un po’ di pace che riuscisse a spegnere il sacro fuoco dei miei esagerati tormenti. Ci avete capito qualcosa? No? Tanto meglio. O forse non c’è proprio niente da capire. Come raccontava Francesco De Gregori di Giovanna che quasi certamente lo tradiva ma non gliene importava un accidente. E adesso? Avanti a manetta. Ricominciando dalle aste. E precisando che non ho nemici. E, semmai, tanti amici che mi hanno tradito. Cercando d’essere ancora più comprensibile a tutti. Anche ai somari. Calpestando i confini che separano la satira dalla cronaca che sono troppo labili per i mie gusti. Dunque Mamma Rosa è la Gazzetta: ci voleva tanto a intuirlo? E Papà Urbano è Cairo, il suo editore. Così come Acchiughino è Pittis e il Paron è il caro Tonino Zorzi al quale voglio un bene dell’anima. Ieri Acciughino mi è proprio piaciuto quando ha sorriso di Putney che “a Raduljica non riesce neanche a girare intorno”. Raphiael Putney ha una testa da passerotto e le gambe che sono due stuzzicadenti, ma vola che è uno spettacolo e mi diverte più di tanti giganti grandi, grossi e pappamolli. Ecco, ridiamoci un po’ sopra non prendendoci troppo sul serio. Che sarà molto meglio. In fondo anche il basket è un gioco e, se Caserta perde, pazienza: almeno ci ha provato sino all’ultimo secondo e Gelsomino Repesa, come ci ha simpaticamente raccontato E.T. Fanelli, ad un certo “avrebbe voluto anche entrare in campo per mangiarsi i suoi giocatori” che a Edgar Sosa, il dominicano stanco, non riuscivano a mettere le manette ai polsi. Ma perché dominicano stanco? Perché dovrebbe essere stufo pure lui di sbagliare sempre l’ultima tripla. Volevo lasciarvi con la curiosità addosso di cosa ci facessi sabato e domenica al Taliercio, ma siccome in tanti mi hanno visto che fumavo il calumet della pace con Giannino Petrucci, e mi cospargevo ripetutamente il capo di cenere, non vi nascondo che mi sono visto le final four femminili di Coppa Italia e che mi sono anche divertito. Ma delle ragazze vi parlerò un’altra volta. Approfonditamente come si meritano: ve lo prometto. Intanto già vi dico che mi sono innamorato di Cecilia, ventenne pavese di gran talento che gioca per Schio e alla quale devo presto trovare un soprannome perché Zandalasini non me lo ricordo mai. Vi devo confessare invece che per festeggiare la domenica di Carnevale ho fatto le ore piccole in una discoteca di Vicenza di cui pure mi dimentico sempre il nome, ma in questo caso penso d’essere ampiamente giustificato perché potete benissimo chiederlo a Jamelle Hagins e Tyrus McGee se, quando sono uscito, non solo già albeggiava, ma ero alticcio al punto che ho dovuto chiamare un taxi per tornare con loro a Venezia. I due americani della Reyer erano davvero giù di corda: nel tardo pomeriggio a Cremona e non a Pesaro, come ha scritto il Gazzettino, avevano giocato una partita da far paura e hanno cercato di consolarsi a vicenda con un paio di birrette o, al massimo, tre: lo giuro. Ma vallo a spiegare a Ray Ban De Raffaele che pure altre volte erano andati in discoteca. Anche dopo una vittoria dell’Umana. Che domenica prossima affronterà sul serio la Consultinvest di Pierino Bucchi forse anche con entrambi i nuovi eccellenti acquisti, Julyan Ray Stone, buon cavallino di ritorno, e Esteban Damian Batista che, chissà mai perché, ha il dente avvelenato con l’Armani e in particolare con Repesa. Così, quando rientrerà in squadra anche Stefano Tonut, magari Hagins e McGee potranno vedersi le partite della Reyer anche tranquillamente seduti in tribuna. E senza dover pagare una multa salata.