Francamente speravo meglio. Anzi, molto meglio. Trecentododicimila telespettatori di media su Raidue sono in fondo pochini. E lo share? Due punto sei. In parole povere, e se sono fare ancora bene i conti, su dodici milioni d’italiani che domenica prima di cena erano davanti ai televisori appena uno su quaranta ha seguito la diretta della finale scudetto numero 5 tra Venezia e Trento. E non ditemi che la sfida non è stata avvincente come nelle altre quattro partite se l’ha vinta la Reyer a sette secondi dalla sirena con una tripla irresistibile di Michael Bramos, l’oro granata che tra tutti predilige mio nipote Rocco. Come del resto il nonno. Che però ha pure un debole per Tomas Ress, capitano mio capitano, e per Stefano Tonut, il cerbiatto di Trieste. In verità in centomila, uno più uno meno, hanno visto su Sky vincere la squadra di Ray Ban De Raffaele. Anche se sarebbe più corretto dire che la partita l’ha persa Dustin Hogue che dalla lunetta ha sbagliato quattro liberi di fila. O ve ne siete già dimenticati? Non credo. E comunque Fred Buscaglia no di certo. Ecco, a voler essere proprio sinceri, per una volta Paola Ellisse, con due elle e due esse, e Paperoga Crespi, che non mi saluta più, forse perché ho smesso di chiamarlo Ezechiele Lupo, hanno limitato i danni nell’impari duello tra la tivù a pagamento e quella di Stato, ma il 412 mila di totale resta ugualmente un dato abbastanza avvilente e imbarazzante per una pallacanestro italiana che, quando tornerà con i piedi per terra e la smetterà di darsi un sacco di arie, s’accorgerà forse troppo tardi d’essere a brandelli e d’aver ormai toccato (quasi) il fondo. Soprattutto se raffrontato al cinque milioni e mezzo di teleutenti che sempre domenica, soltanto mezz’ora dopo la quinta finale tricolore di basket, sono rimasti incollati davanti a Raiuno per seguire Danimarca-Italia 0-2 dell’Europeo under 21 del pallone. Sì, ho scritto under 21 e non mi sono sbagliato. Però non voglio adesso rovinare la festa ai trentini e men che meno ai miei fratelli di sangue: stasera si gioca alla 21.15 e magari in prima serata gli ascolti-scudetto avranno una forte impennata. Come mi auguro. Sia chiaro. Se infatti anche rimanessimo solo in tre a vedere ancora questo sport, mio nipote, Ciccioblack Tranquillo e io, continuerò comunque a ripetere a tutti di ritenermi un uomo fortunato perché mi sono innamorato della pallacanestro a dodici anni, quando giocavo nel Basket Mestre, e da allora non l’ho più tradita. Come disse l’avvocato Gianni Agnelli di Tom Buscetta: “L’unica cosa di cui non dovrà mai pentirsi nella vita è di tifare Juventus”. E dunque cambio in fretta argomento. Anche perché da un mio sondaggio il 90 per cento degli intervistati sono convinti che all’alba la Reyer si sveglierà campione d’Italia. Così come mi risulta che almeno otto italiani su dieci e due arbitri su tre simpatizzano per Trento. E la ragione non dovete chiederla a me, e nemmeno a Acciughino Pittis, deriso dal sindaco, ma allo stesso Napoleone Brugnaro. Se vi vorrà rispondere. Piuttosto vivamente spero che Giannino Petrucci non abbia letto l’attacco di Sasha Djordjevic alla Fiba che nella prossima stagione non permetterà alle nazionali di utilizzare le star impegnate nella Nba e nell’EuroLega. “In questo modo si cerca di cambiare la gerarchia del basket europeo nel quale soprattutto Serbia, Spagna e Francia saranno fortemente penalizzate”. Giustissimo. Però non vorrei che Sasha, probabile candidato alla successione di Ettore Messina, si sia già giocato questa chance perché avrebbe dovuto sapere che Giannino è molto legato, mani e piedi, al guinzaglio di Patrick Bau-Bau Mann, il potentissimo segretario generale della Fiba. Al quale non saranno di certo piaciute le dichiarazioni dell’ex cittì della nazionale serba che per una volta è stato eccezionalmente poco furbo. Poco male comunque. Anzi. Così magari il nostro amatissimo presidente federale si potrebbe anche convincere che la miglior soluzione dopo gli Europei di settembre è solo una: Boscia Tanjevic. Che appartiene alla categoria dei fuoriclasse che non tradiscono mai. Fidatevi. Mentre mi hanno entusiasmato ancora meno le ultime uscite di Ettore Messina. Che un salto a Trento e a Venezia per le finali dei playoff lo poteva anche fare visto che Bologna non è in capo al mondo, i trentini ospitano ogni estate l’Italia a Folgaria e lui ha mosso i primi passi d’allenatore alla Reyer di Paron Zorzi. O mi sbaglio? Non penso. Come non credo che mi sbaglierò di molto se adesso snocciolo i nomi dei dodici azzurri che porterà con sè a Tel Aviv e poi a Istanbul: Hackett, Luca Vitali, Filloy, i tre playmaker, più Belinelli, Tonut, Aradori, Flaccadori, Datome, il Gallo, Pascolo, Melli e Cusin. Sempre che nessuno di questi, toccando ferro, si faccia male e che Hackett e Pascolo stiano in piedi. La discussione è aperta, ma, se permettete, ne riparliamo un’altra volta. Noblesse oblige.