Le nuove maglie della Reyer, oltre ad essere orribili, portano decisamente sfortuna. Due partite, due sconfitte. Entrambe probabilmente evitabilissime. In SuperCoppa con Milano e nella prima di campionato con la Virtus. Poche storie: qui urge l’intervento a gamba tesa del mio Napoleone. Che, per tradizione di famiglia, non solo ama accentrare su di sé tutti i poteri, e per questo simpaticamente una volta lo chiamavo Fassotuttomi, ma anche e soprattutto è superstizioso da non dire. Del resto, come mi ricorda sempre Dan Peterson, appassionato di storia, il primo imperatore dei francesi, nonché re d’Italia dal 1805 al 1814, quando doveva scegliere un generale, s’informava prima di tutto se fosse fortunato. Che poi fosse pure bravo, meglio ancora. E difatti così pare abbia fatto anche Luigi Bonaparte Brugnaro quando l’estate scorsa prese Re Carlo di Milano come allenatore dei suoi corazzieri. Dicevo delle maglie. Brutte o non brutte, per me pessime, più da cartoni animati che da squadra di serie A di basket, adesso c’è solo da capire chi le ha volute disegnate in quel modo. Napoleone non credo: di solito ha buon gusto. E comunque lo sapremo a breve. Quando vedremo cadere qualche testa a palazzo ducale. Di certo questa sorta di pigiami damascati vanno subito cambiati. Perché persino i gatti neri si rifiuterebbero d’indossarli prima d’andare a letto. Anche se, a guardare bene le due partite perse di fila dall’Umana, il pigiama oro-granata non stava poi così tanto male addosso a Mike Green visto come l’ex di Varese e Cantù s’addormenta sul parquet e come, dietro a lui, tutta la Reyer sbadigliando prende sonno. Soprattutto nei minuti finali. Quando alla squadra di Recalcati e De Raffaele sembra soprattutto venir meno quell’animus pugnandi che invece era stato nello scorso campionato la risorsa in più di Ress e compagnia bella. Luigi Brugnaro era domenica a Bologna: ha mille cose da fare, e ancora più nodi da sciogliere, ma non mi sono mica dimenticato che durante la campagna elettorale mi aveva promesso un’intervista a quattr’occhi entro cento giorni dalla sua nomina a sindaco di Venezia. E cento giorni sono abbondantemente passati. Gli vorrei chiedere per esempio a chi è venuto in mente di prendere Green che è un giovanotto al quale non bastano due palloni per cominciare a divertirsi. Al Pesciolino rosso, che ha di recente confessato d’averlo inseguito per monti e per mari, o al Re Carlo che ha allungato il proprio contratto per altri due campionati? Perché va bene che Julyan Rolling Stone era l’anno passato il più anarchico e atipico dei playmaker, e difatti Phil Goss doveva sdoppiarsi per fare anche il suo lavoro, ma una palla ogni tanto vorrebbe poterla ancora palleggiare pure lui. Così come vorrebbe qualche volta riceverla Hrvoje Peric, vera forza trainante del gruppo sotto canestro sino a poco tempo fa. Insomma non devo ricordarvelo io che a basket forse si gioca con un solo pallone a spicchi d’arancio e non con quattro. Né si possono fare i cambi con il cronometro in mano per un massimo di una ventina di minuti a testa perché alla fine della festa hai scontentato tutti. Difatti persino l’ultimo arrivato, Michael Bramos, si è lamentato per aver giocato come Goss un minuto meno dell’evanescente Green e solo due più di Jackson, Owens, Ress e Viggiano stoppati al 19esimo. Mentre Peric con 20 è stato un vero e proprio orologio svizzero e Ortner non ne ha fatto un dramma per i suoi 16 minuti di gioco: malconcio com’è, è già molto se contro la Virtus è stato il migliore e l’unico che ha raggiunto la doppia cifra (12 punti). Ora è presto, troppo presto per dire che la Reyer di quest’anno è peggiore di quella dell’anno scorso. Soltanto un pazzo da legare può sostenere una sciocchezza del genere. Però se sino ad un paio di settimane fa la pensavo tale e quale al Carletto, e cioè che Venezia potesse contendere lo scudetto a Milano, adesso devo battere velocemente in ritirata e puntare più su Reggio Emilia e Sassari. Che pure non avrebbe vinto ieri ai supplementari con Cremona se il buon Pancotto avesse potuto contare su Luca Vitali. E comunque neanche a Napoleone, che non ama perdere nemmeno a scopa d’asso, deve essere piaciuta questa Reyer senza gioco e senza voglia. Con un altro punto di domanda: Josh Owens, un misero rimbalzo in tutta una partita disperatamente vissuta e sofferta all’ombra del grande Pittman. O non sarà mica che gli amici di Trento hanno mandato in laguna il fratello gemello del pivot che non sa nuotare e per questo si è nascosto in un rifugio tra le Alpi? Tranquilli: i sottopancia del sindaco stanno indagando. Mentre Green è già nel mirino di Recalcati e Stefano Tonut magari si è già pentito di non essere andato a Reggio Emilia. Dove avrebbe senz’altro giocato più di cinque minuti a gara. Ma l’ho detto e mi ripeto: sarebbe sbagliatissimo sparare sentenze e tirare conclusioni prima del 2 novembre, giorno dei morti. Altrimenti sarei uguale ai soliti idioti che avevano già accompagnato al camposanto la Juve di Allegri dopo appena due o tre partite perse.