L’altro giorno, ovvero sabato, avevo buttato giù i miei quarti di finale dei playoff: Milano-Varese, Venezia-Cantù, Brescia-Bologna e Avellino-Trento. E’ un gioco. Che oltre tutto dura poco. Da qui al 9 maggio. Altrimenti non vale. E, se magari qualcuno non è d’accordo, peggio per lui. Come si dice, fa solo una fatica doppia: incazzarsi di brutto e poi darsi una bella calmata. Domenica ho pensato, dopo aver visto l’Umana di Napoleone Brugnaro spietatamente sbancare il Banco di Sardara nella trasferta di Sassari, che i campioni d’Italia siano ormai capaci di tutto. Persino di rivincere lo scudetto? Perché no? Però quanto correte? Non stavo infatti parlando di questo, ma della sfida per il trono che Venezia e Milano si contenderanno nello scontro diretto dell’ultima giornata al Taliercio. Di modo che potrei anche aver già sbagliato pronostico perché, se Milano è quella senz’anima di Montichiari, dove si è fatta mangiare i risi in testa da una Leonessa senza gli unghioni di Dario Hunt e con Benjamin Ortner unico spilungone sotto canestro, credo che farà molta fatica ad affondare la Reyer nel secondo mercoledì del mese prossimo. Però è pure anche vero che lo sciagurato M’Baye si è dimenticato di fare il taglia-fuori sul tiro libero sbagliato dall’austriaco permettendo così il tap-in vincente a Landry. Così come è altrettanto pacifico che le scarpette rosse (con le spighette slacciate) avrebbero ancora potuto sistemare le cose se Cinciarini non si fosse fatto ingenuamente stoppare da Luca Vitali. Che una volta chiamavo Superbone e adesso invece è Garrone. Nonostante sia difficile al momento stabilire in questa Brescia di Grazia Graziella tante grazie Bragaglio se abbia più Cuore lui o il fratello Michele (nella foto, ndr) o Brian, il tatuatissimo figlio di MaraMeo Sacchetti. Né sono più convinto che Varese al termine della regolar season arriverà ottava, ma molto più probabilmente settima (o sesta?) e allora mi andrebbe bene lo stesso dal momento che nei quarti affronterebbe comunque l’EA7 di Simone Pianigiani. Al quale debbo dare ragione, e non per partito preso, che non si può convalidare un canestro segnato nello spazio di 79 centesimi, che non occorre ve lo dica sono meno di un secondo, dopo due passi e un palleggio, perché nessuno è più veloce della luce. Né mi dovete spiegare che il cronometro non poteva ripartire prima che Bryce Cotton nel nostro caso ricevesse il pallone da David Moss sulla rimessa dal fondo. Ma il debuttante play della Germani ha sempre dovuto anche togliersi di torno Dada Pascolo per sparare una catapulta da oltre metà campo che di tabella ha centrato il bersaglio. Ora senza questa fantastica tripla, il gran culo di Cotton, la complicità del tavolo e la tolleranza degli arbitri, il recidivo Sahin e gli spaesati Di Francesco e Nicolini, la partita di Montichiari non sarebbe scivolata all’overtime e l’Armani adesso avrebbe due punti più della Reyer. L’unico invece accoppiamento dei quarti che indovinerò di sicuro è quello tra Avellino e Trento. Ed infatti l’ho già messo in frigo. Perché la Sidigas ha ormai perso l’ultima speranza di superare Brescia e la Dolomiti di Fred Super Buscaglione ha scavato tra sé e le tre inseguitrici un solco largo quattro punti che né l’Openjobmetis o la Red October o la Segafredo penso possano colmare nelle ultime tre giornate. A meno che la squadra di Artiglio Caja, in testa e prima nel girone di ritorno con dieci successi e appena due sconfitte come Venezia e Milano, non la smetta più di stupire e vinca anche i due prossimi match in casa con Brindisi e Cremona e infine a Torino con la Fiat. Che nel posticipio di ieri sera è caduta a Reggio Emilia compromettendo una volta per tutte la sua corsa ai playoff. Dai quali stento a pensare che possa essere esclusa pure la Virtus che tuttavia si è terribilmente complicata la vita dopo che è finita nella ragnatela difensiva di Caja e il povero Ramagli ha finito per non capirci più nulla. Una volta è Okoye, un’altra è Avramovic, domenica è stato Larson la stella di Varese. Tyler Larson, con una sola esse, play-guardia di Las Vegas che è nato l’ultimo giorno del 1991 e giocava in Belgio, a Liegi. Da dove per una pipa di tabacco e per sostituire Antabia Waller l’ha pescato chissà come Claudio Coldebella. Poi il resto l’ha fatto Artiglio. Che poi non sarà neanche votato il miglior allenatore del 2018 perché pure PerDiana o PerdinciBacco, chiamatelo come più vi piace, è stato esageratamente bravo quest’anno a caricare a molla una squadra che non è di sicuro da terzo gradino del podio e ancora di più a sopportare Grazia Graziella tante grazie o mille grazie Bragaglio. Che non conosco, ma credo di non sbagliarmi se penso che ritenga di capirne di basket addirittura più di Napoleone Brugnaro e del Livi(d)o Proli. Che mi dicono si sia preso una cotta tremenda per lei. Sportivamente parlando: sia chiaro. E comunque magari se ne riparla nel tardo pomeriggio d’oggi.